Fiat: si parte per le ferie sperando nel «piano auto»

Fiat: si parte per le ferie sperando nel «piano auto» L'intervento del governo potrebbe evitare i licenziamenti Fiat: si parte per le ferie sperando nel «piano auto» Venerdì chiuderanno i grandi stabilimenti - Preoccupazioni alla Indesit e in altre industrie Ancora cinque giorni di lavoro e incominceranno le ferie: tanto sospirate quanto poco serene per la quantità di incognite e problemi irrisolti che lasciano dietro di sé e che si ritroveranno puntuali a settembre. Per 78 mila (su 114 mila) dipendenti Fiat del settore Auto, lo «stocco» è anticipato di un giorno e la ripresa ritardata di tre: godranno di quattro delle festività abolite e successivamente reintegrate nell'ultimo contratto nazionale di lavoro senza contare che subito dopo li aspettano altri 8 giorni di sosta forzata: cassa integrazione per i 4 lunedi e martedì di settembre. Entro sabato prossimo, comunque, praticamente tutta l'industria sarà ferma. Ci sarà un mese di tempo per riposarsi, ma anche per cercare di sciogliere alcuni dei nodi che potrebbero fare del prossimo autunno uno dei momenti più difficili dell'economia italiana del dopoguerra. Governo, sindacati e leaders dell'industria sanno di avere davanti un'estate di lavoro e a dare loro i maggiori grattacapi è proprio quel settore Auto i cui dipendenti hanno la «fortuna» di fare quasi una settimana di ferie in più degli altri. L'auto ha «tirato» l'economia italiana nel benessere, rischia oggi di trascinarla nella crisi. La Fiat sostiene di non poter reggere- la concorrenza straniera e la caduta del mercato dell'auto con l'attuale sovrabbondanza di personale: non fa cifre, ma annuncia come inevitabili pesanti tagli agli organici. Tenendo conto del vastissimo tessuto industriale che gravita intorno alla produzione auto, le conseguenze in termini di occupazione sarebbero drammatiche: si parla di tre posti di lavoro perduti nelle fabbriche collegate per ognuno della Fiat. E le prime avvisaglie in questo senso sono già venute dalla Pininfarina (la Firn parla di «effetto trascinante»). Il sindacato, mentre tenta di replicare offrendo cassa integrazione, blocco del turnover, mobilità interna ed esterna (tutti rimedi accettati dall'azienda, ma giudicati insufficienti) —invoca l'intervento del governo con un «piano auto». E, finalmente, il ministro dell'Industria si è mosso: ha annunciato la creazione di una commissione che dovrebbe concludere i lavori entro settembre e ha chiesto a corso Marconi di «astenersi dall'assumere iniziative che riguardano l'occupazione». La Fiat non ha ancora risposto, ma l'ipotesi più probabile è che finisca per accettare di partecipare ad un'azione comune, coordinata dal potere pubblico, in grado di evitare misure che potrebbero essere fatali al tessuto economico e sociale del Paese. La stessa Confindustria ha chiesto—non solo su questo argomento, ovviamente — un incontro col sindacato perché, come ha detto il suo presidente Merloni, «il terreno scotta sotto i piedi» e «di tempo non ce n'è più molto». La Firn, dal canto suo, ha già pronta una sua proposta — che presenterà in questi giorni al ministro dell'Industria Bisaglia — per «tirare l'auto fuori dalla crisi». Per molti, insomma, siamo alle •ferie lavorative». L'importante — ed ecco il ruolo fondamentale che può e deve giocare il governo—è che si esca da rigide contrapposizioni ideologiche. Merloni ha detto che «alla nazione costa molto meno qualche migliaio di licenziamenti, temperati dalla cassa integrazione, che la perdita dell'industria dell'auto». La Firn accusa il management Fiat di «non avere un disegno» e di saper ricorrere solo a rimedi congiunturali come l'altalena «straordinariocassa integrazione» con ricorso, in casi eccezionali, ai licenziamenti. «Come dire che sono solo sempre i lavoratori a pagare», sintetizza il segretario nazionale della Firn, Veronese. Ma se le posizioni continueranno a rimanere queste, non basterà un mese di «pausa lavorativa» per cavare un ragno dal buco. I problemi che però accompagnano i lavoratori — in particolare quelli torinesi — nelle loro ferie non si chiamano solo Fiat. Di gran lunga peggiore è la situazione della Indesit, soffocata fra debiti (che potrebbero da un giorno all'altro trasformarsi in richiesta di fallimento) e accumulo di stoccaggio; la sua sopravvivenza è ormai in balia delle banche. Né stanno facendo ferie serene (le hanno incominciate, come sempre, 15 giorni prima degli altri) i 450 lavoratori Olivetti in cassa integrazione a zero ore da dicembre senza prospettiva di rientro in fabbrica. Anche qui molta responsabilità viene attribuita al governo. Per scongiurare i licenziamenti annunciati dall'amministratore delegato De Benedetti nell'ottobre scorso, erano state promesse consistenti commesse pubbliche (oltre a ingenti finanziamenti), ma finora non si è visto nulla. Giorgio Deatefanis

Persone citate: Bisaglia, De Benedetti, Giorgio Deatefanis, Merloni, Pininfarina, Veronese