E il «boia» visse felice e contento di Carlo Moriondo

E il «boia» visse felice e contento IL «CASO REDER» E I CRIMINALI NAZISTI CHE SONO RIMASTI IN LIBERTA' E il «boia» visse felice e contento Il maggiore Reder, il boia di Marzabotto, per ora è in carcere e forse ne uscirà tra cinque anni. Al di là delle polemiche suscitate dalla decisione del tribunale di Bari, una considerazione amara, non dettata da spirito di'» vendetta, ma dall'obiettività della cronaca: dei capi tedeschi che governarono in Ita- ' lia, dal '43 in poi, cioè durante il periodo delle stragi quasi a livello di genocidio, nessun altro è in carcere. Di Kappler sappiamo che fuggi dall'ospedale di Roma, tre anni fa, forse nella valigia dell'atletica moglie, e che mori poco dopo. Ma tutti gli altri, quelli che il destino ha conservato in vita, sono liberi, rispettati, stanno chiudendo la loro esistenza forse senza neppure il rimorso di quanto hanno compiuto. Od hanno fatto perdere ogni traccia. Cosi il generale delle SS Karl Wolff, coinvolto nello sterminio di trecentomila ebrei in Polonia, supremo comandante in Italia, e quindi direttamente responsabile delle stragi attuate in quegli anni anche dalla Decima Mas di Borghese. Cosi pure il colonnello Walter Rauf f, a cui risale, come vergogna nei secoli, l'invenzione dei furgoni a gas da cui derivarono poi gli «impianti fissi» di Auschwitz e di tanti altri campi di concentramento. Sembra che oggi Rauff se ne viva tranquillamente in Cile, dopo aver chiesto invano una pensione al governo di Roma. Da lui dipendevano anche gli uomini che torturavano ed uccidevano nel sinistro albergo Nazionale di Torino come nei comandi antipartigiani di Genova, di Milano, di Bologna. Gli esecutori del massacro degli ebrei compiuto nel '44 sulle rive del Lago Maggiore, sono stati invece processati, condannati ai- l'ergastolo e prosciolti due ' anni dopo. In tutta l'Europa l'unico campo di sterminio organizzato al difuori dei territori del Grande Reich fu quello di San Sabba a Trieste, presieduto dal capitano delle SS Joseph Oberhauser. Attraverso quei camini passarono migliaia e migliaia di ebrei e di prigionieri politici. Oberhauser vive oggi a Monaco di Baviera, in pacifica pensione, dopo aver lavorato, non più come Kapo, ma come capo-cameriere. Un altro sterminatore di ebrei, Gottfried Meier, è stato condannato all'ergastolo dal tribunale militare di Torino, ma il governo austriaco non ne concesse mai l'estradizione: Meier mori nel '58 in un ospedale. Del maggiore Joachim Peiper, carnefice di Boves nel settembre '43 (ed assassino di prigionieri americani in Francia) si sono perse le tracce. Il capitano delle SS Theo Dannecker fu incaricato. nel tragico settembre 43, di rastrellare almeno ottomila ebrei in Italia: era un competente in materia, da Parigi aveva già convogliato vero i forni crematori di Dachau e di Auschwitz quatromila bambini ebrei. Ma in talia falli il compito: gli ebrei da lui rastrellati furono meno di tremila. Perciò Dennecker fu rimproverato dal suo diretto superiore, che era Eichmann, e sostiuito con il maggiore Freidrich Bosshammer, che si guadagnò elogi perché il numero degli ebrei deportati aggiunse in breve la cifra prefissata. Bosshammer è morto di malattia. Denneker è sparito, Peiper non è mai stato chiamato a ripondere delle sue nefandezze. Al di sopra di tutti questi nomi, due «grandi» del crimine organizzato: Hermann e Mengele. Dove si nasconde Martin Bormann, l'uomo-ombra emerso come delino di Hitler quando il Grande Reich, che doveva durare mille anni, stava sprofondando? Chi lo dice morto suicida durante gli ultimi giorni di Berlino; chi lo dice al sicuro in Venezuela o nel Paraguay, gremitosi di nazisti durante la presidenza Stroesser. Sulla testa di Bormann il governo di Bonn ha posto una taglia di 100 mila marchi: presumiamo. che non verrà mai pagata, e che comunque nessun governo sudamericano concederà mai l'estradizione. Lo stesso dobbiamo dire di Joseph Mengele, lo scienziato assassino, l'uomo che sorrideva alle bambine inviate ' al forno crematorio, l'ignobile individuo, disonore della razza umana, che inventò la frase: «Qui gli ebrei entrano per la porta ed escono per il camino». Si sa di Mengele che nel '59 ottenne la cittadinanza paraguayana; sembra che una volta abbia osato tornare in Germania; ora dovrebbe vivere in una fattoria trasformata in fortino nella foresta tra Paraguay e Brasile. Ha sulla testa una taglia di trenta milioni di lire: anche questa riteniamo che non verrà mai pagata. Poi ci sono i pesci piccoli, le rotelline del mostruoso ingranaggio stritolatore, la folla anonima delle SS che uccidevano, torturavano, bruciavano e sorridevano. Secondo i calcoli di Simon Wiesenthal, il cacciatore di criminali nazisti, nella sola Auschwitz agirono almeno seimila SS: si conosce il cognome di soli seicento di esse. «Le belve — commenta Wiesenthal — non avevano l'educata abitudine di presentarsi alle loro vittime». Il suo schedario di criminali di guerra comprende oggi ventiduemila nominativi: ancora piccola cosa rispetto ai 160 mila nomi esistenti presso il centro per la punizione dei crimini nazisti, a Ludwigsburg. «Gli assassini sono fra noi», dice Wiesenthal, continuando imperterrito la caccia sempre più difficile, in tutti gli angoli della terra, con una fredda ostinazione dettata dalla sete di giustizia che lo anima. Ma le possibilità che uno dei tanti che assassinarono in nome di Hitler cada nella sua rete si fanno sempre più scarse. Perché le ricerche continuano, allora? «Perché tutto quello di orribile che è avvenuto non avvenga più...» dice Wiesenthal. Ed anche perché, aggiungiamo, ognuno dei boia sopravvissuti viva almeno qualche momento di spasimo nel terrore di essere scoperto, quando bussano alla porta, quando squilla il campanello del telefono... Lo stesso terrore che provarono milioni di vittime quando udivano avvicinarsi il passo cadenzato delle pattuglie di SS, che ora si nascondono chissà dove, chissà sotto quale nome. Carlo Moriondo Settembre 1943: Peiper si apposta con le sue SS attorno a Boves