Poche culle in Italia

Poche culle in Italia In gennaio e febbraio, più morti che nati Poche culle in Italia lì declino demografico da noi continua, mentre si è fermato in Francia e Germania - Fra qualche anno le nuove generazioni non sostituiranno più quelle che si estinguono La notizia diramata nei giorni scorsi dall'Istat, che nei mesi di gennaio e di febbraio di quest'anno i morti hanno superato, nel complesso, i nati,' ha un altissimo significato sintomatico: l'Italia si avvia verso la crescita zero, che sarà raggiunta tra qualche anno, forse quattro o cinque. Ciò anche se, di per se stessa, la notizia non ha un valore assoluto, perché, nell'inverno, la mortalità è alta e, tra due cifre ormai molto vicine, è facile che, in circostanze speciali, quella dei morti superi quella dèi nati. Sta di fatto che in Italia i bambini che ora nascono saranno, tra poco, la metà di quelli che venivano al mondo pochi anni or sono. Il declino della nostra natalità continua, mentre si è fermato in Francia ed in Germania e si nota una lieve ripresa in Inghilterra. I bambini non ci saranno più, ma, intanto, moltiplichiamo il numero degli insegnanti che non avranno alunni. Tra non molto le nuove generazioni non sostituiranno quelle che si estinguono. Eppure sembra che non ci preoccupiamo per nulla del fatto che la popolazione italiana stia per imboccare la strada che teoricamente porta all'estinzione, mentre siamo già diventati un paese di immigrazione per i popoli del Terzo mondo e mentre gli Stati a noi vicini stanno mettendo in atto varie politiche per incrementare le nascite, a quanto pare con qualche successo. Di questi temi si è parlato a Roma in un convegno sui problemi demografici, sotto gli auspici dell'Accademia dei Lincei. Di particolare rilievo sono state la relazione, del prof. Bernardo Colombo (Padova) e quella del prof. Livi Bacci (Firenze).. Sono attuali, dopo la notizia dell'lstat. quelle discussioni. Le scuole saranno sovrabbondanti; occorrerà costruire, invece, cronicari ed ospedali per vecchi: la proporzione degli anziani sta velocemente aumentando ed il loro peso e la loro irttprpdutWvità graveranno in modo molto preoccupante: SU'coloro. che dovranno, creare i. mezzi di sussistenza, mentre noi per rendere quésto gravame ancor più insopportabile, stiamo seguendo il miraggio di abbassare l'età per il pensionamento, credendo di far posto ai giovani e rendendo improduttive persone che non lo sarebbero affatto; e ciò proprio a tutto danno di coloro che dovranno lavorare. ■ La pensione, dal punto di vista giuridico, non viene regalata al pensionato. E' stato lui stesso a pagarsela con il suo lavoro, per tutta la sua vita passata, con le trattenute lasciate in mano agli Enti che amministrano questo settóre, e che le avranno impiegate per accrescere il potenziale produttivo della nazione. Il pensionato ha, .perciò, il più sacrosanto diritto di riavere quanto ha dato, perché è suo. Ma la situazione, dal punto di vista economico, è ben diversa: chi ha cessato di produrre vive, in un certo momento, a spese di quelle nuove generazioni che, in quello stesso momento, costituiscono le forze di lavoro in attività. Chi produce mantiene, chi non produce e si trova, oggi, a provvedere economicamente, per un periodo di tempo molto più lungo che in passato, non solo a chi non produce più, ma anche a chi non produce ancora: al vecchio, che vivrà più a lungo (i novantenni sono proporzionalmente sedici volte più numerosi che all'inizio del secolo); al giovane che incomincia ad èssere autosufficiente o almeno ad aiutare la famiglia molto più tardi che in passato. Nell'economia secondaria e terziaria si è di aluto ai familiari e si è autosufficienti, ormai, solo oltre i vent'anni. Il peso per le generazioni produttive è dato, dunque, dall'ettendersi contemporaneo del numero di chi non crea più ricchezza sia all'Inizio sia alla fine della vita. Ma se le nuove generazioni non sostituiscono più le vecchie, come mai abbiamo circa un milione e settecentomila disoccupati? Li abbiamo perché, con l'inflazione dei titoli di studio ch'è in atto, in un Paese come il nostro fondamentalmente povero dal punto di vista economico, stiamo creando soltanto degli spostati, che non si adattano più a mestieri ritenuti da essi troppo umili, in relazione al fittizio «pezzo di carta» che hanno in mano. La massa dei disoccupati è costituita dai giovani e bisognerebbe far loro conoscere l'ammontare delle forze di lavoro di cui avremo bisogno, settore per settore. La gente .non sa che vi sono già troppi medici, troppi legu lei, troppi maestri, troppi insegnanti e professori destinati ad insegnare a bambini che non nasceranno più. Nessuno sa quali spaventosi squilibri etmv economici si manifestino in una popolazione con crescita zero. Per molto tempo essa si trova nella situazione di un albero il cui tronco si assottiglia paurosamente alla base, mentre i grossi rami alti diventano gravemente pesanti. Gli equilibri demografici si trasformano nel mondo intero. Le proporzioni tra i popoli mutano minacciosamente a danno dell'Europa, la cui intera popolazione, nel Duemila, sarà aumentata di quanto aumenteranno fino a quell'anno le sole isole Filippine. L'Italia guadagnerà, in questi vent'anni, meno di quattro milioni di abitanti, più per immigrazioni che per eccesso di nascite, mentre i paesi arabi'del Mediterraneo si incrementeranno di 60 milioni di persone e la maggio¬ ranza demografica, che oggi appartiene alle popolazioni delle rive europee di quel mare, passerà largamente ai popoli delle rive africane e del Medio Oriente. Con quali conseguenze? Sembra abbastanza evidente che questi problemi dell'equilibrio demografico che. muta in Italia, in Europa, sull'intera faccia della Terra debbano essere portati, a conoscenza delle masse, dei politici, degli stessi economisti, che spesso li dimenticano. Non basta esaminarli soltanto in interessanti convegni degli «addetti ai lavori», ma occorre discuterli attraverso i giornali e mediante l'uso di tutti i «mass media»; Conoscere per decidere, diceva Luigi Einaudi e, si potrebbe aggiungere, discutere per conoscere. Diego de Castro

Persone citate: Bernardo Colombo, Diego De Castro, Livi Bacci, Luigi Einaudi