Il rinascimento degli «indios» umiliati e offesi in Guatemala

Il rinascimento degli «indios» umiliati e offesi in Guatemala Dopo il massacro nell'ambasciata di Spagna Il rinascimento degli «indios» umiliati e offesi in Guatemala Sembra avverarsi la leggenda di Tecùn Umàn, re ucciso dagli spagnoli, che tornerà a liberare la sua gente - Quattro milioni di indigeni sfruttati dai «bianchi» NOSTRO«ERVIZIO PARTICOLARE CITTA' DEL GUATEMALA — Secondo una leggenda' popolare, il corpo di Tecùn Umàn, l'ultimo sovrano del regno di Utatlan, ucciso in duello dal conquistatore Peci™ de Alvarado il 20 febbraio 1524, non è mai stato ritrovato. Un giorno, Tecùn Umàn resusciterà e tornerà tra il suo popolo e questo sarà il segno della liberazione dagli indios. Ebbene, questi segni ci sono, e vengono osservati con terrore dalla minoranza di meticci (ladinos, 1140 per cento della popolazione) e di europei (il 5 per cento) che opprimono e sfruttano quasi quattro milioni di indios. •Il 31 gennaio 1980 è una data che resterà impressa nella coscienza nazionale» — dice un oppositore del regime militare ultraconservatore del presidente guatemalteco Romeo Lucas Garcia —. Quel giorno, 38 persone morirono nell'incendio dell'ambasciata spagnola a Città del Guatemala, dopo l'irruzione della polizia per sgomberare un gruppo di dimostranti che l'avevano occupata. L'unico sopravvissuto al massacro venne rapito dall'ospedale e assassinato da un commando di estrema destra. Il suo nome è stato dato ad uno dei fronti di guerriglia del Paese: Gregorio YujaXona. Gregorio è un nome cristiano, ma il patronimico è indio. Per il governo, quest'uomo e gli altri occupanti erano 'terroristi», tanto che si erano rifugiati nell'università San Carlos, quartier generale della «sovversione». Ma l'esame dell'elenco delle vittime fa riflettere: 18 su 39 avevano nomi indiani. Nella capitale erano conosciuti. Erano scesi in autunno dalla provincia del Quiché con le mogli e i figli, un centinaio di persone in tutto. Erano scesi da villaggi nascosti in capo al mondo, fra •le montagne (Nebaj, Chajul, Cotzal, Uspantàn) e per settimane avevano bussato a tutte le porte—al Congresso, ai ministeri, alla presidenza, ai giornali, alle chiese e all'università —per chiedere il ritiro dell'esercito che dà anni occupa i loro paesi. Il provvedimento era stato preso in seguito alle operazioni di guerriglia deìl'Egp, l'Esercito dei guerriglieri poveri. Lo spiegamento di forze governative, sempre più imponente, e la durata dell'occupazione dimostrano che i gruppi rivoluzionari riscuotono simpatie tra la popolazione, la quale sembra partecipare alla guerriglia. E' un fatto nuovo nel continente latino-americano, dove gli indios si sono sempre tenuti in di-' sparte dalle lotte politiche. La repressione è durissima: rapimenti, retate, controlli continui, assassinii. Oltre ai gruppi «terroristici», nelle campagne sono nati molti movimenti per la difesa degli interessi dei contadini indigeni, uno dei quali, il Comitato per l'unità dei contadini (Cuc) ha ormai una dimensione nazionale. Il Cuc si è unito al Comitato nazionale per l'unificazione sindacale (Cnus), che tenta di raccogliere tutte le organizzazioni dei lavoratori di tutte le tendenze della sinistra, ma è deciso a mantenere la sua autenticità india. Il Cuc è ancora poco conosciuto dagli osservatori della realtà guatemalteca: «E' composto da giovani indigeni che hanno studiato, spesso con borse di studio della Chiesa cristiana, e sono poi diventati marxisti» spiega un prete In un grosso villaggio del Quiché, un maestro ha organizzato per me un incontro con alcuni rappresentanti della «comunità indigena», il cui compito è proteggere l'integrità delle terre collettive dalla «voracità delle autorità municipali», ladinos naturalmente, che cercano di spogliare i contadini di queste «comuni» a proprio vantaggio, per i loro parenti o amici, o per costringere gli indios a ricomprarle. I miei interlocutori non sono membri del Cuc, ma dell'ala progressista della democrazia cristiana. Molti di loro sono stati catechisti, e tutti sono in ottime relazioni con il parroco: l'Influenza della Chiesa nella presa di coscienza dei dirigenti indigeni è una costante in Guatemala, Non sono rivoluzionari: vogliono soltanto difendere i «diritti degli indigeni» i cui antenati sonò stati rapinati dagli Spagnoli». Uno, Guillermo Chach, si dice «assolutamente legalista: vogliamo che la maggioranza governi questo Paese. La maggiorama, cioè noi, gli indigeni: Attualmente i leader indios sono perseguitati, incarcerati, assassinati: «Vogliamo essere rispettati. Ci trattano come animali, eppure siamo tutti figli di Dio». Ottocento dei circa 15 mila abitanti del «municipio» (capoluogo e villaggi adiacenti) scendono ogni anno, alla fine dell'estate, verso la costa del Pacifico per la raccolta del cotone e della canna da zucchero. Per molti, questa è l'unica fonte di denaro liquido, in un'economia ancora basata sull'autoconsumo e il baratto. E in questi grandi poderi molti, oltre alla malaria, prendono un'altra malattia: il senso delle rivendicazioni. Jean-Pierre Clerc Copyright Le Monde e per l'Italia La Stampa

Persone citate: Gregorio Yujaxona, Guillermo Chach, Lucas Garcia, Pierre Clerc

Luoghi citati: Citta' Del Guatemala, Città Del Guatemala, Guatemala, Italia, Spagna