Oro, soluzione d'obbligo

Oro, soluzione d'obbligo Cerchiamo di comprendere perché il suo prezzo continua a salire Oro, soluzione d'obbligo Non sarà certo la politica monetaria a liberarci del problema petrolifero nei prossimi anni. Esso infatti non è tanto determinato dagli aumenti di prezzo, quanto dal consumo, per il momento sostanzialmente inelastico, i prezzi essendo la manifestazione dei termini reali del problema stesso. I guai attuali hanno la loro origine nel fatto che per anni abbiamo importato petrolio dando in cambio «bastonate», per usare il linguaggio dell'abate Galliani, pagandolo poco o nulla. Non dovrebbero mancare coloro che si ricordano che, fra il '45 ed il '50, il «prezzo» del barile era di 60 cents. Questo prezzo, se cosi si vuol chiamare, ha portato a costruire là civiltà industriale attuale su premesse dunque errate, e anche di non poco. L'industria è stata sempre condizionata da come si è risolto il problema dell'energia — fosse legno, idroelettricità, carbone o petrolio —e dal suo costo. Per cui è lecito formulare il quesito (questione di misura a parte, però opinabile) se l'Opec, oltre che fare la «apparente» fortuna dei Paesi produttori non fa anche la nostra, perché ci porta finalmente a dubitare della saggezza dei «pianificatori» dal 1945 in poi, e ci obbliga a vedere il problema nella sua essenza e affrontarlo. Questa situazione di fatto è da tenersi presente sia per valutare l'accaduto che il futuro. L'orientamento generale oggi è che il nemico numero uno è l'inflazione. Ma non manca di umorismo che i governi sembrino partire in crociata, dimenticando che i maggiori fabbricanti di inflazione sono essi stessi, con la creazione del Welfare State. In quest'ordine di idee la tendenza, un po' ovunque, è di far della inflazione in primo luogo un problema monetario, dimenticando che l'inflazione oltre che essere un problema di per sé, è come ha detto con acutezza e molto' senso umoristico anglo-sassone Anthony Harris sul Financial Times — una cura piuttosto perversa di altri mali sottostanti. Da decenni, infatti, con la ripresa della corsa agli armamenti e la gara nel mondo intero nell'aumento delle spese improduttive, spesso gabellate _ per investimenti o sviluppo del settore' terziario, l'inflazione finalmente sta manifestando una lunga serie di errori tenuti finora, artatamente, sommersi. Controllata agli inizi, rifiutata con la politica dello struzzo di coprirsi gli occhi per non vedere il pericolo, gabellando questa cecità come una politica coraggiosa di sviluppo economico e sociale — e questo a livello mondiale — oggi la troviamo fuori dal nostro controllo, trionfante, resa drammatica dal problema petrolifero che cerchiamo di limitare chiamandolo crisi. A questo punto ecco sfasciarsi, col potente aiuto degli Stati Uniti, il siste¬ ma di Bretton Woods che pure aveva reso non pochi servigi, e tornare alla ribalta l'oro, Perché è ritornato di moda l'oro? In parte è già implicito in quanto detto sin qui. All'inizio quale espressione di uno scetticismo, che gli avvenimenti successivi hanno giustificato in pieno, sulle possibilità, date le premesse politiche, morali e religiose sulle quali la nostra società è fondata, di controllare l'inflazione e comunque di mantenere l'oro a un prezzo artificiale ridico!-. mente basso. Successivamente quale protesta contro il cattivo uso, e quindi abuso, da parte degli Stati del loro privilegio di batter moneta e taglieggiare con arroganza e spregio i possessori di moneta, inducendo banche — con regolamenti — e privati — anche con artifici fiscali —a finanziarli. Oggi l'oro è diventato una protesta contro l'abuso di potere da parte degli Stati, operanti in maniera del tutto analoga ai deprecati tiranni dal medioevo fino alla rivoluzione francese. Sul prezzo dell'oro giocano due fattori al rialzo: la convinzione diffusa che, pur non essendo una soluzione raffinata, oggi è forse la sola che può dare una credibilità al privilegio dello Stato di batter moneta alla quale si aggiunge il convincimento che a una guerra «fredda» ci siamo già, e guerreggiata ci si può arrivare. La guerra infatti l'abbiamo già fra noi da anni, con centinaia di migliaia di morti in Medio Oriente, in Africa, in Estremo Oriente, nell'America Latina. Per tornare a una convertibilità occorrerebbe un prezzo intorno agli 800 dollari l'oncia. Non deve tuttavia sorprendere che l'aumento dei tassi di interesse e la crisi incombente abbiano rallentato la corsa, e anzi ne abbiano portato il prezzo da oltre 800 a 500 dollari l'oncia per poi risalire a 600. Per valutarne il prezzo non è fuori posto ricordare l'andamento di qualche materia prima. Basta pensare che fra il '45 ed il '70 il rame passò da 11,8 a 58 cents la libbra, lo stagno da 52 a 174. Conclusione: a parte la Svizzera, che anche dopo l'abolizione della convertibilità ha continuato a comportarsi come se essa dovesse essere ripresa l'indomani, il cammino sarà ancora lungo. E quindi l'oro avrà le sue fluttuazioni, anche ampie. Ma sempre più appare che avessero ragione sul tema dell'oro Rueff e il suo grande allievo, il generate De Gaulle. Rueff è stato trattato per anni da vecchio visionario di altri tempi, ma i fatti gli hanno dato e gli stanno dando ragione. E' infatti il solo ad aver visto, bene, quel che si stava preparando e ad indicare decen' ni prima le misure da adottare, contro la facile jattanza dei suoi detrattori. Gli acquirenti di oro di questo sono convinti. Carlo Bombieri

Persone citate: Anthony Harris, Carlo Bombieri, De Gaulle, Galliani, Woods

Luoghi citati: Africa, America Latina, Estremo Oriente, Medio Oriente, Stati Uniti, Svizzera