Il sorriso di Garance di Guido Ceronetti

Il sorriso di Garance PARLA ARLETTY, L'INTERPRETE DEI FILM DI CARNE' Il sorriso di Garance La santità infuriava su Pari-] gi. il cardinale Marty superava in voli il giornalismo papimane con la definizione di Sportivo di Dio dato all'Ospite vaticano, mentre il sindaco comunista del Bourget lo paragonava piamente, come Pellegrino di Pace, a Nikita Kruscev: «E' il momento — ho pensato — di cercare un ateo di buona qualità». E ho trovato un'atea delizio- Fsa. che non mi ha regalato fritture all'olio santo atletico-religiose né spiritualismi di massa, ma ricordi appassionati e sentimenti generosi, una che fu celebre artista dello spettacolo e tra i più forti miti femminili che un'ombra abbia animato durante la breve parabola del cinema d'arte e di poesia: Arletty Quwifuid facilina, venil exalto è la modesta persuasione del papa, ma da quell'altezza è meglio non aspettarsi di veder piovere Gerusalemmi celesti. Saliamo da Arletty. all'interno di un brutto enorme.fungo di cemento della Parigi che non ha più volto. Niente viene dall'alto, nello sgarbugliatopaflare di questa vecchia signora "£he i suoi occhi1 nòrir.guid'ànò'' più, tutto invece dal centro, all'altezza del cuore. E che cosa sia giovinezza del cuore si può scoprirlo gettando qualche esca nel silenzio che avvolge il suo solitario ritiro. Subito accorrono a migliaia le ombre, appena si pronunci una data o un nome, o si evochi un luogo, un giornale, un avvenimento * * Arletty sorride, ma è dura. II suo celebre volto esprimeva una dottrina non complicata del piacere, insieme a una non dissimulata determinazione l'indipendenza ostinata. Mutato il voltò, il carattere, come i ricordi, è intatto Parliamo di Celine Se non si è celiniani. la porta di Arletty non si apre Pe> caso (meglio, per destino) io lo sono, e anche per questo non sono papimane, perché le verità mangiabili mi ripugnano Celine è stato un maestro di verità immangiabili e. per un destino ironico, anche un propagatore di luoghi comuni e di falsità immangiabili E' insieme uno dei grandi poeti della distruzione e un apostolo segreto della compassione universale. Impossibile perdonargli il rancore, le volgarità, le unghie sporche, impossibile non ammirarne, dentro l'inesauribile invenzione stilistica, la potenza di scolpire la condizione umana, la terri bile perfezione del genio satirico E pensando alla natura speciale, rarissima, del genio satirico, si può capire perché Celine sia. giustamente, uno scrittore maledetto. La Musa satirica è cankered. come la definì Pope ulcerosa, infetta, corrosa. Il grande satirico non è mai puro. Era forse puro. Swift, capo supremo della loggia ma ledetta? Mettiamo insieme, per Celine, l'Eredità e l'Ambiente, il seme antisemita, l'asfissia bottegaia la cellula geniale si sviluppa in quella coltura corrotta, il frutto ne porterà il segno Arletty lo conobbe nel Quaranta, Celine era al colmo della fama, dopo Voyage e Mori à crédit, purtroppo, era anche il notissimo autore di due pamphlet;, antisemiti di una violai za inaudita. — Non ha incitato al massacro. — lo difende Arlctty Ci sono più modi per in citare al massacro, se ne abbia o no l'intenzione. Arletty ha per Celine una devozione senza limiti, perché il suo temperamento è di grande, perfetta ammiratrice — Si può vivere senza ammirare? Senza entusiasmarsi per qualcuno? — L'ammirazione come ragione di vita è un sentimento profon do e bellissimo; Arletty ha ammirato tutta la vita ed è cosi viva ancora perché ancora vive ammirando. Di Celine gli piacque anche l'uomo, il medico solitario dei poveri, «il tipo celta, gli occhi di un grigio raro, la voce esitante»; io giudico essenzialmente lo scrittore, il clerc che, in un momento cruciale del mondo, ha tradito la Fausa dell'umanità. L'amico dei poveri e delle prostitute buono dei dispensari di sobborgo, fu anche l'amico eccessivo di se stesso, un avvocato cieco di se stesso, un ricercatóre senza misura del proprio successo, ubriacato dall'accoglienza mondiale del Voyage, libro colossale, libro unico, ma non uscito da una mano incorruttibile. Arletty e Celine: fu anche amicizia, direi quasi la lega, di due famosi pacifisti. Un eccesso di pacifismo è nocivo. La pace ad ogni costo non è buona, lo dico senza gioia; il trio lido umano è il regno «iella guerra e il diritto senza le armi non vivrebbe un'ora. Penso che li abbia uniti la devozione a un p>mciptó'''-sbagliato, se preso'-; per'un assoluto: in quel mo-r. mento i Tedéschi non si ppteva. proprio per amore dell'umanità e del diritto, considerarli amici. Fu appassionatissima di politica, e in modo così puro da non aver mai votato. (Un diamante. Io. invece, ho qualche macchia di scheda non bianca sul cuore). Andava alla Camera, a stenografare per proprio piacere i discorsi... Là c'erano i più grandi attori dell'epoca: Clemenceau, Briand. Malvy. Tardieu! Arletty ammirava soprattutto Briand, mentre non perdona a Clemenceau, dopo sessantatré anni, il suo Je fais la guerre... Ah ricorda tutto, tutti, anche l'Affare Panama, anche l'Affare dej Bonnet Rouge\ Ma non sapeva che Almereyda, l'anarchico del Bonnet Rouge. tanto odiato da Clemenceau. è il padre del tenero, dell'irresistibile poeta del.cinema Jean Vigo, l'autore dellVltalante, che andiamo ritualmente a rivedere nei cine clubs, insieme ai film di Arletty * * Aveva tredici anni, quando la banda Bonnot terrorizzava Parigi. Anche questo è per lei un ricordo di passione. — Era impossibile non appassionarsi a Bonnot. — I'Bonnot non erano dei banditi romantici: sono stati gli inventori del crimine per mezzo dell'automobile, hanno fatto scuola a mezzo mondo... Che magnifici precursori! Semintellettuali e integralmente autisti, uccidevano con perfetta freddezza, mesco landò modernamente politica e rapina. Qui emerge un'altra passione del tempo: i giovanis¬ simi di allora adoravano chiunque fosse abile alla guida dei métallos. si chiamassero Bonnot o Blériot, Delagrange o De Pinedo... L'Automobile Ruggente di Marinetti è «più bella della Vittoria di Samotracia» anche se al volante c'è l'assassino Bonnot. La sua vecchia fiamma petenista-antigollista. appena si sfiora l'argomento Vichy-Londra (Parigi brulica di rievocazioni, con novità e discussioni interessanti, perché siamo a quarantanni dal Quaranta, data di una memorabile disfatta dell'Europa, e alla vigilia probabile di una peggiore) guizza fuori come una lama dal serramanico. Per Arletty. eroina del Bianco-Nero. De Gaulle resta un uomo completamente nefasto, allora e dopo; il Maresciallo un salvatore provvidenziale, privo di ambizioni. Pétain come Celine: l'oggetto dell'ammirazione deve essere puro di ogni macchia... Arletty ignora le sfumature: non riuscirei mai a fargli ammettere che il Generale non è stato così nefasto, né il. Maresciallo così innocente. Tuttavia, oggi gli storici più salomonici hanno scoperto che è impossibile dare torto sia all'uno che all'altro. L'armistizio di Compiègne era inevitabile, quanto necessaria, in seguito, la resistenza. Aveva ragione il partito della pace, nel quale militavano belle e bruttissime facce; aveva ragione il partito della guerra, che portava la fatalità del futuro e la scintilla del diritto. Arletty ha incontrato, conosciuto, frequentato, sia che ammirasse o che detestasse, tutti. Non c'è quasi un nome, di quella grande epoca di trionfo e di caduta della Francia, al quale un suo ricordo non sia legato.. Perfino la Coulue. quella dei manifesti di Toulouse-Lautrec! Leon Paul Fargue, il poeta di Parigi! Lériche. il chirurgo del dolore! Nello spettacolo, teatro o cinema, tutti gli attori, tutti gli impresari e i registi. Al suo debutto in teatro, c'era anche quel curioso personaggio di Arthur Meyer, il Walter di Bel-Ami. bersaglio di tutti gli antisemiti, che doveva essere ormai vecchissimo. .Ma il grande elaboratore del suo talento fu Marcel Carnè, ancora tra i vivi, dopo una non brillante vecchiaia d'arte. Però si considera più figlia di Prévert, che di Carnè. L'idea del film, i dialoghi, la creazione puramente intellettuale, contano per Arletty più della regia. Per lei. Carnè è specialmente un abile esecutore di spartiti creati da Prévert. Poeta privo di genio, Prévert è stato effettivamente uno sceneggiatore di gran talento. Tuttavia, vedo molto più autore di Jonr se lève e Enfants du Paradis un Carne, che un Prévert. Si può fare, nella biologia critica, questa distinzione: lo sceneggiatore di un film ne è il padre, il regista ne è la madre; e per la biologia più moderna conta di più il lavoro uterino. Trouve, ò Chasseur, nous le voulons, I Quelques garances parfumées... Ecco qui, da un patafilologo. trovata l'origine rimbaldiana del più bel nome che abbia avuto un personaggio del cinema: Garance. Quel profumo fu versato dalla memoria di Prévert nella fiala preziosa che lo concentrò con impareggiabile grazia, Arletty. Ne fu l'interprete più naturale, tanto che avrebbe potuto cambiare, dopo quel film, il nome d'arte di Arletty in quello di Garance. Arletty è un nome di avanspettacolo: Garance un vapore luminoso nel cielo notturno del mistero teatrale. Non si potrà più evocare quel' tempo del teatro occidentale furiosamente popolare, dei saltimbanchi del Boulevard du Crime, della pantomima dei Debureau e delle folgori scespiriane di Frédérik Lemaftre. senza immaginarne l'origine e il ritorno in un punto ideale, che è il sorriso superiormente ironico, sottilmente incredulo anche negli esperti abbandoni passionali, sovranamente civile, di Garance negli Enfants di Carnè. Il film fu fatto nel 1943, una Parigi 1830 riinventata negli studii di Nizza, ma non fu presentato al pubblico che nel 'marzo 1945. La guerra era finita: il film di Carnè bisogna ripensarlo nel momento in cui apparve, per ritrovarlo come pausa di respiro dopo la barbarie, come lezione di civiltà, di scetticismo nobile, di compostezza e di equilibrio contrapposti alla smorfia, alle manette ideologiche, alla confusione. Come Garance. Arletty si è divertita a vivere la sua vita. Desiderava ammirare: ha avuto occasioni straordinarie per farlo e non le ha perdute. Si sono spenti i suoi occhi, non il sorriso: anzi la luce scivolando via dallo sguardo è come rimasta a sostegno impalpabile del sorriso. Il "riso di Arletty è come il canto del gallo: caccia viale te nebre, Grazie. . Guido Ceronetti Arletty al tempo degli «Enfants du paradis» di Marcel Carnè (1943)

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