Europa über alles di Vittorio Gorresio

Europa über alles Europa über alles (C'è ancora un cancelliere nel destino del vecchio continente, ma con un nuovo ruolo storico da verificare) Il grande fatto del giorno è il recupero della Germania in funzione internazionale, quale' partecipe a pieno titolo, se non promotrice, delle massime deliberazioni per l'assetto, la pace e la vita del mondo. Così è finito il tempo in cui delia Germania si insisteva a parlare come di un paese condannato alla condizione assurda di essere economicamente un gigante, ma politicamente un nano: ciò per effetto degli esiti della seconda guerra mondiale, incancellabili — si immaginava — per ancora molte generazioni a venire. Si sa del resto che c'erano stati progetti di ridurre la Germania ad una condizione economica agricòlo-pastorale, interdicendole non solo ogni possibilità di riarmo, ma anche di ricostruzione industriale. Era un'idea dissennata come son tutte le idee di punizioni drastiche, ed essa ebbe difatti brevissima durata, travolta subito dalle prime avvisaglie della guerra fredda, e cosi la Germania fu ammessa a ingigantirsi economicamente, perché doveva fungere da piattaforma di sostegno della politica degli occidentali. Avemmo allora il primo grande ponte aereo per salvare la metà di Berlino, e poi le processioni di tutti i nostri statisti ai piedi del muro, e l'incoraggiante professione di fede di John Kennedy: «Ich bin ein Berline?»,- sono un berlinese anch'io. E intanto, prima e dopo, si trascinavano interminabili conferenze a Ginevra, a livello di vertici, sul tema della impossibile riunificazione della Germania, previa la sua neutralizzazione: e in questo è in altri modi variamente diplomatici o propagandistici sono per nói trascorse decine d'anni. Le ricordiamo cóme inconcludenti, ma ne dobbiamo soprattutto registrare l'ambiguità. Per gli occidentali il grande problema era di come usare i buoni tedeschi allo scopo di farne gli eccellenti guardiani del mondo libero pur senza dare loro diritto intero di piena sovranità, o dignità, o partecipazione. Per i sovietici era molto più semplice: conservare la divisione fra le Germanie. «Noi ci teniamo i nostri tedeschi e voi i vostri. Non va bene così?», disse un giorno in un summit a Ginevra Kruscev ad Eisenhower. Era una specie di sinistro paradosso del genere di quello proposto a suo tempo da Jona than Swift («A modest propo sai».... eccetera) che adesso prevedeva di sfruttare o addi' rittura sacrificare i tedeschi di qua e di là dell'Oder-Neisse come bambini poveri swiftiani a beneficio dell'universale ordine pubblico. Era l'idea che si attribuisce a quei savi francesi, i quali vorrebbero una Germania capace di resistere all'Urss, ma non abbastanza forte da costituire una minaccia per la Francia. Tra paradossi e battute, la storia del rapporto dell'Occidente con la Germania dopo la fine della seconda guerra mondiale ha un suo sicuro significato. Francesi e americani hanno fra loro gareggiato a garantirsi un'improbabile soggezione permanente dei tedeschi: si ricordano i patti fra De Gaulle e Adenauer, il colpo di barra di Ehrard in direzione degli Stati Uniti, le incertezze di Kiesinger durante il breve suo cancellierato che fu di attesa e compromesso. E poi la svolta di Brandt. Fu un momento di grande fantasia. Con l'invenzione della Ostpolitik egli portò davvero l'immaginazione al potere, in Germania, rompendo gli schemi precedenti che avrebbero continuato a tenere il Paese nella condizione perpetua di gigante in economia e di nano in politica. La fotografia di Brandt inginocchiato là dove era esistito il ghetto di Varsavia non è soltanto il documento di una nobile espiazione, ma sta pure a indicare il corso da seguire nelle relazioni internazionali: trattare, trattare sempre, lasciare sempre aperte le vie della conciliazione. Sono criteri che per taluni equivalgono al cedimento, all'appeasement, alla sottomissione di tipo monacense, a una stri¬ ssrgspapdcasonctpdgmlcquccp sciante firilandizzazione del'Europa, termine con il quale si intende il rischio di diventare satelliti dell'Urss. Se c'è un pericolo di questo genere, è assai probabile che il solo rimedio efficace sia di provvedere una buona volta alla europeizzazione dell'Europa. E' innanzitutto necessario dare alla Germania il posto che le spetta — naturaliter — anche sul piano politico. Giscard d'Estaing di recente ha osservato: «C'è un'anomalia nella situazione mondiale, e cioè che l'Europa non vi esercita il peso che le compete», e al presidente francese non si può dare torto. Ma si deve comunque far seguire subito una seconda affermazione, e cioè che in Europa la Germania non aveva sino ad i potuto esercitare il peso che le competeva, ed anche questa era, tra le altre possibili, una anomalia capace di gravi conseguenze. Oggi ci sembra che il quadro sia più chiaro e più completo; grazie al pieno recupero della Germania l'Europa è adesso meno invertebrata e ci appaiono aperte, più lusinghiere, due prospettive: quella del dialogo Est-Ovest, e anche quella del dialogo Europa-America. Siamo a una svolta. La Germania mostra di volersi riscattare dalle colpe di altri tempi, quando essa intendeva il proprio ruolo come di egemonia sull'Europa e possibilmente sul resto del mondo. Ora sembra, applicarsi ad una migliore funzione, quella di integrarsi nel continente, al servizio dell'Europa, non più allo scopo di dominarla attraverso le stragi che Hitler, dopo averle teorizzate^ mise in pratica. A questa Germania rinsavita sia dunque dato il benvenuto nel concerto europeo non essendoci motivo per dubitare delle buone intenzioni del cancelliere Schmidt. Possa la sua collaborazione europea fugare i ricordi di una tragica stagione della storia che è stata indegna della civiltà. Vittorio Gorresio