A Tokyo aspettando il terremoto di Carlo Moriondo

A Tokyo aspettando il terremoto COME IL GIAPPONE CERCA DI PREVEDERE IN TEMPO LE SCOSSE SISMICHE A Tokyo aspettando il terremoto TOKYO — Ogni anno tre o quattromila terremoti scuotono il Giappone. In quest'ultima mezz'ora, mentre stiamo parlando con il direttore del Centro ricerche sismiche a Tokyo, gli apparecchi hanno registrato, tra vicine e lontane, tra deboli e meno deboli, una messa dozzina di scosse. Serenamente, con l'assoluta calma dello scienziato, il professore Ichikawa, direttore dell'istituto, dice: «Aspettiamo un terremoto molto forte entro tre o quattro anni. Forse anche quest'anno. L'importante sarà di riuscire a sapere del suo arrivo con un'ora, una mezz'ora dì anticipo. E' uno spazio limitatissimo di tempo, ma dovrebbe permetterci di salvare decine di migliaia di vite umane. Altrimenti...». Quell'«altrìmentU lascia angosciati. Tornano alla memoria le cifre spaventose di altri disastri, non inferiori a quelli causati dalle bombe atomiche: nel terremoto del '23 morirono 99 mila persone, seicentomila case furono distrutte. La catastrofe tellurica colpi un'area di 34 mila chilometri quadrati, piU di un decimo della superficie dell'Italia: cancellò Yokohama e devastò Tokyo. Ai crolli si aggiunse il fuoco: il sismo avvenne a mezzogiorno, quando i fornelli nelle casette di legno, dalle porte di carta, erano accesi e quindi le fiamme si propagarono con rapidità fulminea. Ora i fuochi sono scomparsi, le costruzioni sono più robuste, la gente ha imparato a cercare quelle che danno maggiori garanzie. Un annunzio economico sul Japan Times dice: «Affittansi appartamenti a Roppongi, edificio con piscine, riscaldamento centrale, sauna, assolutamente garantito contro i terremoti» (poi c'è la terrorizzante cifra dell'affitto, che va, secondo il numero delle camere, da settecentomila fino a quattro milioni di lire al mese). Nell'edilizia sono state introdotte nuove norme di costruzione, che permettono agli edifici più alti di oscillare, di flettersi senza spezzarsi: sono sorti alcuni grattacieli: è del '68 il primo che mai si sia visto in Giappone, di 26 piani; altri ve ne sono che toccano e superano ì centoventi metri. Ma alcune notizie restano preoccupanti e la lista delle vittime si allunga: con tale monotonia, che i giornali non vi danno più molto rilievo. Eppure i morti da terremoto nel '27 furono 2957, 350 nel '30, 3210 nel '33, e così avanti. Fino all'ultimo grande sismo, quello del '48, che noi in Europa ignorammo e che in Giappone causò 4500 morti. Cifre che lasciano nell'anima giapponese un inconscio sottofondo di incubo. Per qualche tempo il film più visto, commentato e rivisto è stato quello tratto dal romanzo a successo di Komatsu Sakyo: «Il Giappone sprofonda». Descrive una catastrofe oceanica, il Pacifico ribolle per l'esplodere di improvvisi vulcani, le ondate si riversano sulle isole del Sol Levante, e tutto annega nell'acqua da cui era sorto. Terrificante. I giapponesi facevano la coda dalle otto del mattino, ed uscivano dal cinema stravolti come se avessero assistito a qualcosa che può avvenire davvero da un momento all'altro. (Ricordiamo che è l'unico popolo che abbia subito la bomba atomica; ne è rimasto un terrore oscuro, una paura dell'avvenire che forse noi occidentali non conosciamo). «I terremoti che ci attendiamo — prosegue il prof. Ichikawa — non sono di origine vulcanica. Il gran padre Fujiyama è spento. I disastri possono venire da movimenti del fondo marino. L'America è in marcia... No, non mi fraintenda, non rievoco McArthur. Intendo in marcia geologica. La costa del Pacifico tende a spostarsi verso Ovest, si creano fratture e pressioni nel fondo dell'oceano. Quando gli strati sottoposti a tensioni enormi tenderanno a sovrapporsi, avremo il terremoto. Colpirà qui». Trofica una zona a Sud-Ovest di Tokyo, nell'area della prefettura di Tokai-do. La regione dove il sismo si scatenerà è conosciuta, in base a prospezioni scientifiche, non l'ora né il giorno. Ma gli ammonimenti ci sono e ben decifrabili. La terra trema un po' dovunque nel mondo e con frequenza particolare in Italia ed in California: da questa giungono le indteazioni dì allarme. Anche in America si fanno strada prevision^ che si spera siano soltanto fantascienza: la California trascinata al largo; Los Angeles, San Francisco, San Diego trasformate in isole. E tutto questo, dicono alcuni scienziati, mica tanto nel lontano futuro: prima della fine del secolo. La causa è quindi sepolta nelle acque del Pacifico. Per questo Tokyo, non potendo ottenere i necessari ragguagli (chiesti, ma rifiutati) da Pechino o da Mosca, si tiene in stretto contatto con Denver, nel Colorado. E le previ- sioni concordano: terremoto in vista, molto presto. Qualcuno dice: quest'anno. Il Giappone è pronto, per quanto è possibile, ed attende a pie fermo. Da tempo ha costituito un'organizzazione ramificata e dotata di grandi fondi: nel '70 sono stati spesi quasi tremila miliardi di lire per opere di rafforzamento di edifici, di ferrovie, di ponti e di strade; per il solo lavoro scientifico-tecnico di previsione sono andati 18 miliardi di lire. Saremmo curiosi di sapere quanto si dedica in Italia per analogo scopo. Una dozzina di navi-ascolto stazionano al largo, in pieno oceano, su certi punti-chiave: il loro compito è di accertare e comunicare immediatamente qualsiasi vibrazione del fondo marino. Centinaia di sismografi sono installati e controllati in ogni grande o medio centro del territorio; la teletrasmissione di dati al Centri, di Tokyo è automatica e continua: mentre parliamo, vediamo i pennini degli apparecchi sobbalzare, striare la carta con aguzze serpentine, che ci sembrano allarmanti, e poi tornare alla quiete, mentre il prof. Ichikawa ci tranquillizza: «Poco. Plimo glado Mélkali»; il nome dello scienziato italiano Mercalli, trasformato alla nipponica, con l'accento sulla «e», è popolare tra gli studiosi; la scala da lui escogitata, sebbene non seguita, è sempre tenuta presente. Ammettiamo che si possa sapere con un'ora, una mezz'ora di anticipo che il terremoto è in arrivo: che cosa si potrà fare? C'è un piano di sfollamento rapido, molto complesso, che è già stato messo in atto per prova questa primavera. La zona prescelta è stata ovviamente quella di Tokai, dove si scateneranno le scosse. Un milione e mezzo di persone sono state evacuate da un momento all'altro. Alle otto del mattino e fino al tramonto. Ognuna di esse, udendo le sirene ululare e le campane rintoccare, sapeva dove andare e che cosa fare, quali strade percorrere e quali evitare, che cosa portare con sé e che cosa non portare. Senza precipitazione, senza affollamenti, con quell'assoluta precisione che è dote caratteristica di questopopolo. Cosi, tutti gli abitanti di città giapponesi sanno come comportarsi in caso di terremoto. L'importante è «sol tanfo» saperlo con un certo anticipo. Basteranno i sismografi, le navi ancorate al largo, in ascolto, le informazioni da Denver? E'quanto si spera, ma non si trascurano intanto altri sistemi, che sembrano empirici ed invece possono avere aspetti autenticamente scientifici. Sembra che i cinesi siano riusciti, cinque anni fa, a contenere il numero delle vittime del terremoto che colpì Haicheng, evacuando la città dopo aver notato che certe cimici, tenute sotto osservazione in un laboratorio, davano segni di particolare irrequietezza. Può darsi che sentano certi ultrasuoni sca¬ tenati dai movimenti tellurici, con anticipo sui sismografi? Il comportamento delle cimici e degli scarafaggi è seguito anche in Giappone; particolari studi vengono dedicati ad un pesce di fiume, sensibile alle scosse; uno scienziato afferma che i movimenti delle nubi sull'oceano possono contenere rnes-, saggi premonitori. La matita del prof. Ichikawa scorre su una zona circondata da un vistoso segno rosso: «Il terremoto colpirà qui...». E l'occhio corre subito, preoccupato, ai pennini dei sismografi, che vibrano così sovente. Carlo Moriondo Tokyo. Un esperto controlla assiduamente gli apparecchi nei laboratori del Centro ricerche sismiche

Persone citate: Ichikawa, Mercalli