I gattopardi con gli stivali di Arrigo Levi

I gattopardi con gli stivali I gattopardi con gli stivali II Brasile dei militari sta cambiando - Il viaggio del Papa potrebbe accelerare le spinte alla democrazia ' DAL NÒSTRO INVIATO SPECIALE RIO DE JANEIRO — Per l'America Latina, gli Anni Ottanta potrebbero essere quelli del ritorno alla democrazia: ma questa svolta avverrà soltanto se avrà successa la abertura brasiliana. 1 Il regime militare brasiliano nasce nell'aprile 1964, con un colpo di Stato indolore, in risposta alla sfida populista e potenzialmente rivoluzionaria della presidenza Goulart: allora, la sinistra latino-americana aveva ancora, ovunque, un'impronta castrista. A sedici anni dalla presa del potere, vista con favore dai ceti medi (si parlò allora dell'esercito come del vero partito dei ceti medi), il sistema autoritario-burocratico brasiliano, che ha attraversato anche fasi duramente repressive, è oggi in fase di trasformazione profonda. L'idea deWabertura nacque già all'inizio degli Anni 70 col presidente Geisel; "con il presidente Figueiredo il progetto di apertura democratica ha fatto grandi passi avanti. Il Brasile d'oggi, rispetto a quello di ancora pochi anni fa, è irriconoscibile; è una società' politica viva e vitale, nella quale hanno ripreso il loro posto tutti gli esuli politici, ritornati1 in patria (anche il comunista Prestes, anche il goulartiano Brizola); una società dove giornali scrivono tutto quello che vogliono, senza riserve mentali o prudenze. I nuovi partiti, che si vanno formando e che sono attivissimi, si preparano a disputare nel 1982 eie ' zioni libere, che dovrebbero segnare il ritorno alla democrazia — sia pure una democrazia dove l'esecutivo avrà ancora grandi poteri. ! Uno studioso brasiliano, Helio Jaguaribe, mi parla del; '«cammino stretto del ritorno alla democrazia», con molte svolte difficili da superare, molti ostacoli imprevisti. E' in verità difficile, in città splendidamente vitali come Rio o come San Paolo, non essere contagiati dalla vibrante giovinezza di questo Paese, che anche nel quasi-ventennio del potere mi litare ha continuato ad avere uno sviluppo tumultuoso,, ha anzi vissuto il suo «miracolo» (il tasso annuo di crescita, tra il 1960 e il 1978, è stato del 7.5 per cento, il Brasile è diventato una vera grande potenza indù striale). Ma occorre prudenza nell'ottimismo. Il Brasile ha conservato intatte le sue virtù: la cordialità, il calore umano, la bellezza. Tuttavia, questo Brasile, del quale non si può continuare a, dire che ha un grande avvenire perché l'avvenire è già arrivato, è anche un Paese terribilmente diviso: «Il Paese più dualista e contraddittorio del mondo — dice Jaguaribe —. o forse diviso quanto è l'India, ma con in più un'unità culturale che l'India non ha, e che rende ancor meno tollerabili le abissali diversità di reddito». Questo Paese, di così profonde lacerazioni.' ha oltre tutto una straordinaria mobilità sociale: il Brasile arretrato invade continuamente con le sue masse quello ricco, e gli suscita dentro grandi spinte per lo sviluppo, ma anche grandissime tensioni sociali. Il dualismo non è soltanto tra il Nord-Est arido e affamato, e il Sud ricco e industrializzato: si rinnova all'interno di ogni regione, di ogni metropoli, con San Paolo ormai sui 12 milioni di abitanti, mentre Rio si avvicina agli stessi livelli: ognuna delle due splendide metropoli porta dentro il suo carico miserabile di favelas. Il regime autoritario-burocratico, dei militari e dei tecnocrati, non ha saputo curare questi mali, anche se ha saputo stimolare uno sviluppo esplosi vo: anzi, lo sviluppo ha accen tuato le differenze, all'interno dello stesso settore moderno tra operai e impiegati, e tra il settore moderno e quello arretrato. Le differenze di reddito sono immense, da Europa dell'Ottocento: ma questo non è l'Ottocento, e il Brasile è nel mezzo del vortice mondiale della modernizzazione. Il regi me militare, che ha le sue pru-. denze e saggezze gattopardesche, ha compreso di non poter, gestire una trasformazione sociale e politica che dovrà avere carattere genuinamente rivoluzionario — se si vuole evitare che scoppi una rivoluzione catastrofica, se si vuole cioè che le favelas non diventino altrettante Soweto, e Rio e San Paolo altrettante Teheran. Per evitare un futuro sudafricano, o un futuro sovietico, occorre fare una riforma democratica, ossia una riforma sociale radicale, che muti le strutture e i rapporti di forza. Lo hanno capito le classi me-, die, lo hanno capito i militari.' Ma si potrà, e si vorrà farla? O, ai primi segni d'innovazione vera, e delle tensioni emergenti, qualcuno si spaventerà, e tornerà a bloccare la via del ritorno alla democrazia? La consapevolezza del carattere drammatico delle scelte è largamente diffusa. I veicoli del cambiamento sono diversi: ma, nella povertà e inadeguatezza dei canali politici naturali, partiti e sindacati, un ruolo dominante è toccato alla Chiesa, che ha tratto dalla propria tradizione — o ha attinto al gran mercato della cultura prò-, grossista contemporanea — stimoli potenti di rinnovamento, dando con un'azione missionaria molto intensa alle masse urbane e contadine, per la prima volta, un lume di coscienza della loro identità e dei loro diritti. E' a questa scena che sta per affacciarsi Papa Giovanni Paolo II, mettendo piede in un Paese di grandi .speranze e di grandi contese, dove non è le¬ cito, e nemmeno possibile, essere indifferenti o neutrali, ed è difficile essere prudenti ed equilibrati. Va detto che la speranza di democrazia (anche se, per i militari, il disegno è certo, quello di una democrazia 'circoscritta e guidata) si tonda:j anche sull'assenza di alternative: gli altri miti del nostro tempo, rivoluzionari o totalitari,' sono falliti; le voci vive, come quella della Chiesa quando parla di «partecipazione» e di giustizia sociale, parlano in realtà di democrazia, di quella che è poi la vera ideologia rivoluzionaria del nostro tempo,' non soltanto nell'America Latina. Ma i dubbi, le paure, le incognite, sono molti; ci sono segni di frenate e di battute d'arresto. I riformatori, a cominciare dal presidente- Figueiredo, hanno bisogno di conforto e d'incoraggiamento, oltre che di stimolo. Il Brasile è cosciente della sua forza, ma anche della sua lontananza. Tutto ciò che l'avvicini alla fonte originaria dell'idea democratica., che è poi la nostra Europa, è di grande giovamento. Ancha una visita pastorale come questa del Papa non potrà dunque non avere nel Brasile, e oltre il Brasile, su tutta la vasta, tormentata scena latino-americana, significati politici ed influenze profonde. I democratici auspicano che ne discenda un consolidamento di quel processo di abertura in corso, dal quale tanto dipende, non soltanto per il Brasile ma per tutto il continente. Arrigo Levi (A pag. 5 - La partenza del Papa, di L. Fumo).

Persone citate: Brizola, Geisel, Giovanni Paolo Ii, Prestes, Soweto