I br processati a Napoli: «Viele fu ucciso perchè era una spia» di Francesco Santini
I br processati a Napoli: «Viele fu ucciso perchè era una spia» I terroristi hanno rivendicato l'omicidio delle Nuove I br processati a Napoli: «Viele fu ucciso perchè era una spia» La rivelazione fatta da Nicolotti: «Lo abbiamo scannato perché era al soldo dei \ carabinieri» - Nella gabbia violento corpo a corpo con i militari di scorta - Minacce alla de, a magistrati e giornalisti -1 killer di Amato ricusano i difensori DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE NAPOLI — Pasquale Viele. il detenuto delle Nuove strangolato con un laccio di nailon il 19 giugno a Torino, è stato «giustiziato» dalle Brigate rosse. L'annuncio s'è avuto ieri, a Napoli, nel clima arroventato dell'antico monastero di San Domenico Maggiore, alla seconda udienza del processo per l'omicidio dell'assessore democristiano Pino Amato. Subito dopo minacce per tutti, alla Corte e ai giornalisti che «poi, bastardi, piangete, quando ammazziano Tobagn. Ha cominciato Salvatore Colonna, unico napoletano del gruppo «Fabrizio Pelli» in questo primo processo per direttissima nella storia dei delitti di terrorismo. Avrebbe voluto leggere un documento per analizzare l'azione politica contro l'esponente democristiano e recusare i difensori di fiducia. Il presidente gliel'ha impedito. «E' un Tribunale militare'', gli ha suggerito il torinese Luca Nicolotti. Salvatore Colonna subito ha ripreso: «Scanneremo tutti i traditori, in carcere e fuori, come abbiamo fatto per Viele». Nell'aula di San Domenico,' attrezzata come un bunker e colma di tensione, il nome di Pasquale Viele ha fatto scattare i cronisti. «Viele, quello delle Nuove?», ha domandato il più vicino alla gabbia. A rispondere è insorto il brigatista piemontese. «Io sono Nicolotti! — ha esclamato — Rivendichiamo l'esecusione di Viele a Torino, perché spia dei carabinieri. Questa è la risposta che diamo a chi si vende e al capitano Pignero e alle sue offerte in cambio di delazione». Il cronista ha domandato: « Che ne sapete di Viele?-. Nicolotti gridando: «Sappiamo che i traditori vanno scannar1, viele era stato assoldato dai carabinieri quando era nel carcere di Cuneo». Il presidente intimava il silenzio e dava ordine di sgomberare. Nella gabbia, attorniati dalla scorta, gli imputati scalciavano. A terra, per prima, è finita Maria Teresa Romeo, la giovane moglie di Nicola Valentino autore ' della strage di Patrica. Poi è toccato a Nicolotti. Un carabiniere 10 ha afferrato per il collo. Resistendo al dolore che il militare gli procurava tirandogli la barba si è informato su chi avesse scritto «Sono un brigatista pentito». «Chi è il pentito, chi ha detto che sono un delatore? — gridava — Bastardi* ricordate Tobagi, poi non piangete: chi ha ipotizzto queste falsità?». Sul legno della gabbia tutto era amplificato e assordante. 11 corpo a corpo con i nove militari di scorta ha sollevato le grida del pubblico. A disperarsi, per prime, e a coinvolgere tutta l'aula, le sorelle di Colonna. «Assassini, àssassi- ni» gridava oltre le transenne il pubblico. I militari di scorta allontanavano gli imputati e molte erano le promesse di rappressaglia. Contro la Corte: «che non può processare la guerriglia»; contro i giornalisti: ,| «Pennivendoli dell'azione controrivoluzionaria»; e, inoltre, contro i carabinieri e il responsabile del «braccio speciale» di Poggioreale: «Un vero torturatore». Seghetti gridava: «Avete timore delle nostre parole. Anche la de ha avuto paura: non si è costituita parte civile contro di noi». Nella pausa, dagli atti allegati, è emersa, con maggior chiarezza, la posizione degli imputati nella miriade di processi che li vedono protagonisti. A Luca Nicolotti, il giudice di Genova imputa il rapinien- to Costa mentre sono undici gli omicidi addebitati a Bruno Seghetti: da Varisco a Bachelet, da piazza Nicosia a Tartaglione, sino all'ultimo di Pino Amato. Per il giudice Imposimato di Roma, un'informazione confidenziale, confermata dalle indagini, fa ritenere che Seghetti «riveste, almeno dalla metà del 78, la posizione di capo delle Bierre dellacapitale». Ma ieri il capo bierre della capitale non ha avuto un ruolo di primo piano. In un'udienza, andata avanti sei ore (compresa la camera di consiglio per respingere le richieste di nullità sulla «direttissima») il brigatista romano non s'è mostrato tra i più agguerriti. Pallido, lo sguardo a tratti assente, è stato ricondotto davanti alla Corte. Presidente: «Come vi chiamate?». Seghetti: «Lo sapete». Presidente: «Seghetti, il vostro nome è Bruno?». Seghetti «SI». Presidente: «Volete essere interrogato?». Seghetti: «Voglio leggere un documento a nome di tutti». Presidente: bile». «Non è possi- Con Maria Teresa Romeo, il presidente accetta la lettura. «Per me — dice — questa è una memoria, perché, qui, i comunicati non sono ammessi». Maria Teresa Romeo dà inizio alla lettura. Quattro pagine scritte con calligrafia molto minuta. Minacce per tutti: per la de, per i giornali, per il «rimbambito nazionale che abbaia e chiede giustizia», per gli esponenti democristiani nazionali e napoletani. «Pino Amato — legge la Romeo è il primo di una lista molto lunga i cui nomi sono scolpiti nella mente dei proletari» Per il resto, il documento «guerriglia al Sud» non porta novità se non la rinuncia alla difesa. L'udienza si è conclusa alle 16 con la nomina dei legali d'ufficio. Si riprende lunedi. Francesco Santini Napoli. Maria Teresa Romeo legge in aula il documento Br
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