Manodopera che scarseggia

Manodopera che scarseggia Polonia e Germania Federale di fronte ai rischi di un'occupazione esuberante e di importazioni in aumento vertiginoso Manodopera che scarseggia srae wmm (VARSAVIA) La Polonia appartiene a quel gruppo di Paesi con una crescita piuttosto moderata della popolazione: il tasso è circa la metà di quello mondiale. Tuttavia nella storia polacca del dopoguerra si registrò, all'inizio degli Anni Cinquanta, una vera esplosione demografica. Dopo la prima fase della ricostruzione nazionale dalle rovine della guerra venne il momento del recupero biologico dopo le enormi perdite umane subite nel conflitto. Il boom della natalità negli Anni Cinquanta fu chiaramente sentito dall'intera economia nazionale vent'anni dopo. Alla soglia degli Anni Settanta la Polonia incappò nel problema di trovare lavoro a 3,5 milioni di persone nel giro di cinque anni. Varie analisi indicarono che soltanto un milione e mezzo di giovani avrebbero potuto contare su posti di lavoro lasciati liberi dai pensionamenti. Si trattava di creare posti di lavoro per altri due milioni di persone, e questo richiedeva un grosso sforzo per i relativi investimenti. In un'economia a pianificazione centralizzata, come quella polacca, gli investimenti sono finanziati con il reddito nazionale, quindi un grosso aumento dei fondi per gli investimenti può provocare l'abbassamento del tenore di vita. Per controbilanciare questo fatto, la Polonia decise di ottenere crediti esteri. Ciò rese possibile l'aumento contemporaneo del tasso di crescita degli investimenti, dei salari e dei consumi, in altre parole 11 raggiungimento di obiettivi sociali apparentemente contraddittori. Il reddito prodotto dalle nuove industrie avrebbe assicurato la restituzione dei prestiti. Naturalmente era possibile anche un'altra strategia: mantenere un tasso di crescita moderato e sicuro, che avreb be portato alla sovraoccupa zlone negli stabilimenti già esistenti e non avrebbe completamente sfruttato la professionalità, dei lavoratori provocando una minore produttività. Statisticamente la piena occupazione — garantita dalla Costituzione polacca —sarebbe stata raggiunta a costo di gravi perdite sociali. I giovani che si affacciaro no sul mercato del lavoro all'inizio degli Anni Settanta erano più istruiti e preparati che le precedenti generazioni. Due milioni di essi avevano completato i licei e le scuole di avviamento professionale. Si trattava di sfruttare queste capacita creando posti di lavoro adatti alla qualifica e alle speranze di questi giovani La situazione politica e sociale di quei tempi, di fatto, non concedeva una scelta fra stagnazione e modelli dinamici di sviluppo. Nella prima metà degli Anni Settanta gli investimenti annui aumentarono del 250 per cento. Fu avviata la costruzione di alcune centinaia di nuovi stabilimenti industriali. Quasi subito se ne ebbe una ripercussione sul mercato del lavoro. Se nel 1971 per ogni uomo in cerca di lavoro c'erano in Polonia 9 posti fra cui scegliere, due anni dopo la scelta era fra 80 posti di lavoro, una situazione probabilmente senza precedenti in Hutto il mondo. Anche nel campo dell'occupazione femminile ci fu un consistente miglioramento: nel 1971 soltanto una donna su tre era in grado di trovare un impiego adatto, due o tre anni dopo i rapporti erano invertiti. La domanda di manodopera, spinta dal successo economico, fu cosi forte da superare l'offerta. Olà verso la fine del periodo 1971-75 parve chiaro non solo che l'economia nazionale aveva sfruttato completamente l'esplosione delle nascite degli Anni Cinquanta, ma anche che in tutti i campi produttivi c'erano vuoti che non erano stati previsti. Una spiegazione di questo paradosso può essere trovata nella rapida crescita economica, Ubera e non del tutto controllata, della Polonia all'inizio degli Anni Settanta. Era difficile prevedere tutte le conseguenze dell'accelerazione economica. Per creare il maggior numero possibile di posti di lavoro, la maggior parte degli investimenti erano stati destinati alla costruzione di nuovi stabilimenti, mentre il tasso di modernizzazione del restante potenziale produttivo era rimasto relativamente più modesto. Le vecchie fabbriche, la cui produzione era basata su tecnologie con ampio assorbimento di manodopera, tenevano occupati buona parte dei lavoratori necessari per il completamento dei nuovi investimenti. In ogni caso 1 nuovi stabilimenti non potevano dare lavoro soltanto alle nuove leve. Per questo motivo il boom degli investimenti creò tensioni sul mercato del lavoro. La più accentuata riguardava soprattutto i lavoratori del l'industria, oltre ai lavoratori non specializzati, necessari soprattutto nell'edilizia. Altre tempeste nel mercato del lavoro furono causate dallo sviluppo squilibrato dell'é conomia in termini di scelta del territorio e del tipo di azienda. Oli investimenti erano destinati soprattutto a regioni già industrializzate e ai rami dell'industria considerati particolarmente interessanti in quella nostra situazione: elettrica, meccanica mineraria, del rame. La concentrazione di nuovi programmi in talune regioni causò il rapido assorbimento delle riserve locali di manodopera, rendendo necessario lo spostamento di lavoratori da regioni talora distanti. Cosi si accentuò anche la mancanza di case. Il mercato del lavoro diventò il mercato del lavoratore. Questo, naturalmente, ebbe conseguenze psicologiche e sociali negative. La facilità di trovar lavoro, la gara fra i datori nell'assicurarsi nuovo personale, il loro timore di usare metodi severi con i lavoratori, tutto questo indebolì la disciplina. Un'espressione della preoccupazione causata da questo stato di cose fu visibile nella proposta, piuttosto assurda, di introdurre in Polonia una certa disoccupazione, in misura ridotta e controllata, come una sorta di rimedio disciplinare. Le discussioni su questa proposta dimostrarono unicamente che nel nostro Paese il concetto di disoccupazione era diventato puramente teorico e astratto. L'esperienza degli Anni Settanta servi anche come avviso: fece svanire la convinzione, radicatasi negli ultimi vent'anni, che il Paese disponesse di considerevoli riserve di manodopera. Sebbene la Polonia abbia attualmente uno dei più alti livelli d'occupazione (52 per cento), la mancanza di manodopera non è mal stata cosi grave. Olà verso la metà della scorsa decade apparve chiaro che il Paese doveva utilizzare le sue risorse di manodopera in modo più razionale e sensato. Fra il '76 e l'80 il numero dei giovani che hanno raggiunto età di lavoro è diminuito di 400 mila unità. Nei cinque anni successivi ci dovrebbe essere un calo di alcune altre centinaia di migliala. Nuove leggi in campo sociale, introdotte nella seconda metà degli Anni Settanta, hanno permesso a numerosi gruppi di lavoratori di andare prima in pensione; i permessi di maternità retribuiti e non retribuiti sono stati ampliati. La rapida crescita del salari ha anche consentito a molte donne di rinunciare alla loro attività. L'attuazione del principio della piena occupazione non è più sufficiente per garantire una regolare crescita economica. Cosi la politica per l'occupazione dei prossimi anni darà maggiore rilievo allo sfruttamento dei tempi di lavoro, a una maggiore automazione, a una più marcata efficienza ottenibile con la modernizzazione degli impianti, a una migliore programmazione delle specialità per soddisfare le esigenze dell'economia. Jerzy Baczynski gì Sogna trovare usia £olu2»on&

Persone citate: Jerzy Baczynski

Luoghi citati: Germania Federale, Polonia, Varsavia