Un Terzo Mondo unito potrà farsi intendere di Gerard Viratelle

Un Terzo Mondo unito potrà farsi intendere Dopo il fallimento di conferenze internazionali Un Terzo Mondo unito potrà farsi intendere £e 1tÌon<)e (PARIGI) La delusione provocata dal quasi fallimento d'importanti conferenze internazionali, co me la quinta della Unctad e la terza dell'Unido non può cancellare 11 fatto che le discussioni proseguono periodicamente su diversi temi (fondi comuni, diritto marittimo, codice internazionale per i trasferimenti delle tecnologie ecc.). Il calendario dei rapporti Nord-Sud prevede anch'esso, con la prossima sessione straordinaria dell'Assemblea generale dell'Onu, una sca denza che permette di spera re in un rilancio del dialogo. ■ Per la verità, dall'assem blea del 1974 col voto sulla «carta dei diritti e dei doveri degli Stati» è stato fatto un grande lavoro, attraverso conferenze specializzate e riunioni di esperti; è stato concluso anche qualche accordo concreto, ad esempio per l'azzeramento 0 per il rifinanziamentò dei debiti dei Paesi più poveri; si è pure . concluso il trattato «Lomé II», che ha rinnovato la parte essenziale dei rapporti tra la Cee e il Terzo Mondo (soprattutto l'Africa). Perché dunque questa atmosfera di incertezza? Tentando di definire gli ostacoli al progresso del nuovo ordine economico internazionale, il segretariato dell'Unctad sottolineava nel settembre 1979, a. proposito dell'organizzazione dei mercati dei prodotti di base, del commercio, della divisione del lavoro e del sistema monetarlo, che, dato «lo scarso potere economico e politico» dei Paesi in via si sviluppo, l'instaurazione di un nuovo ordine era «infunatone soprattutto della volontàpolitica dei Paesi industrialissati di applicare le decisioni dell'Assemblea generale del 1974. Ora, sembra che tali Paesi non vedano alcun interesse nel riformare la struttura delle reiasioni economicìie internkaionalU, anche se essi riconoscono la stretta interdipendenza esistente tra il Nord e il Sud e il fatto che la prosperità dell'uno è ampiamente subordinata allo sviluppo dell'altro. I Paesi industrializzati citano le loro difficoltà (reali), come il rallentamento'-dello sviluppo,, la disoccupazione, l'inflazione, per spiegare che è loro impossibile soddisfare le domande del Terzo Mondo considerate, inoltre, eccessive e fuori della realtà. In realtà i 77 hanno assunto, a Manila e a Nuova Delhi, atteggiamenti giudicati a volte intransigenti ; ciò è avvenuto soprattutto in risposta ai rifiuti e alle manovre dilatorie dei Paesi occidentali, scarsamente propensi a fare concessioni. Evoluzioni; dei rapporti di forza nel mondo, importanza assunta dal surplus finanziario dei Paesi produttori di pe trolio nei confronti delle economie occidentali, scossoni provocati dall'aumento dei prezzi degli idrocarburi, in stabilità e rivoluzioni che, co me nell'Iran, spazzano via modelli forsennati di sviluppo, senza parlare Sella pressione politica esercitata dai Paesi poveri: sono tutti fattori che dovrebbero condurre i Paesi ricchi a. un n\agglore realismo. Si deve invece constatare come essi preferiscano piuttosto la politici!, dello struzzo. II trasferimento di risorse generalmente non raggiùnge lo 0,7 per cento del prodotto nazionale dei Paesi industrializzati, e a volte si è lontani anche da questa percentuale I Paesi industrializzati, d'altra parte, hanno accettato ì denti stretti di concedere ur. trattamento preferenziale al la, produzione dei Paesi di re cente industrializzazione. E tuttavia è dimostrato che l'industrializzazione del Sud a conti fatti è vantaggiosa per il Nord, a condizione che non si voglia dare il profitto alle sole società multinazionali, le cui attività sono apertamente difese da molti governi occidentali nelle conferenze internazionali. Bisogna anche aggiungere che alcuni Paesi in via di sviluppo fanno senza discernimento una politica di larghe concessioni alle multinazionali, ipotecando la loro stessa indipendenza. Ciò fa parte delle numerose «contraddizioni» del Terzo Mondo. Ce ne sono altre, notevoli, come quelle che oppongono i Paesi poveri a quelli ricchi per il petròlio 0 alle nazioni di recente industrializzazione. Anche il gruppo dei 77 potrebbe avere difficoltà sempre maggiori a mantenere la sua apparente coesione, per poco che le potenze industriali sfruttino le sue divisioni interne. L'evoluzione dei rapporti Nord-Sud dipenderà molto dalla capacità che avranno i suoi centoventi membri a conservare la loro unità. Dipende anche dalla volontà d'un certo numero di questi di portare a buon fine riforme elementari ma indispensabili (redistribuzione della ricchezza, democratizzazione della vita politica ed economica, liberalizzazione dell'informazione, saggia utilizzazione degli aiuti dall'estero, lotta contro la corruzione...). Le rivendicazioni in favore di un nuovo ordine economico internazionale saranno tanto più accettabili da parte dei. Paesi industrializzati quanto più quelli in via di sviluppo potranno dimostrare di avere un.ordine interno più giusto ed equilibrato. In mancanza di questa condizione i Paesi ricchi, già meno disposti ad aiutarli, avranno buon gioco a dire che il sistema internazionale non è il solo responsabile della miseria. Ora, bisogna riconoscere che i Paesi che dimostrano minore fretta a compiere riforme economiche e sociali interne sono generalmente quelli governati da borghesie legate strettamente all'Occidente, con il quale evitano di avere contrasti. D'altra parte le ma.terie prime non costituiscono evidentemente un'«arnia» efficace per il Sud quanto il petrolio. E il petrolio è piuttosto un'arma a doppio taglio. Da quando i Paesi ..moderati» (Costa Rica) e ..progressisti» (Cuba, Madagascar) hanno pubblicamente invitato i Paesi petroliferi a manifestare concretamente la loro solidarietà in particolare verso i Paesi meno favoriti, l'Opec ha annunciato la decisione di varie forme d'assistenza. Ma esse tuttavia per il momento non sono giudicate sufficienti dai beneficiari, i quali stimano che i Paesi petroliferi, almeno quelli le cui risorse superano largamente i loro bisogni, dovrebbero far partecipare ancora più ampiamente il Terzo Mondo dei benefici derivanti dalle loro eccedenze finanziarie. In ogni caso è sempre più necessario che produttori e non produttori di petrolio del Terzo Mondo si mettano d'accordo sul modo di affrontare questo problema prima dell'apertura dei negoziati d'autunno. Infine, non si può parlare di dialogo Nord-Sud se l'Est nori vi è in realtà parte in causa preponderante. L'Urss e i Paesi a economia centralizzata hanno dato un contributo importante all'industrializzazione dei Paesi socialisti (Cuba, Algeria ecc.) o amici (come l'India). Anche tali Paesi fondano in una certa misura il loro sviluppo sull'importazione di tecnologia occidentale e trovano nei Paesi del Terzo Mondo degli sbocchi — a volte preferenziali — per la loro produzione. Ma anch'essi non possono essere del tutto solidali con tali Paesi 0 almeno esprimono la loro solidairetà anzitutto per ragioni politiche. La Cina, infine, da quando si è aperta al mondo esterno, è entrata nel gioco delle relazioni economiche internazionali. La necessità di ordinare tali relazioni è cosi riconosciuta da un gran numero di Paesi, sia pure per ragioni diverse. Non accontentandosi dei riflessi di una crescita dei Paesi più ricchi, oggi peraltro in rallentamento e non volendo pagare le spese della crisi, i Paesi poveri cercano di ottenere cambiamenti strutturali. Parallelamente essi sono invitati a raddoppiare il loro sforzo di sviluppo interno e ad estendere la cooperazione tra loro. Il nuovo ordine economico internazionale non potrà essere creato senza che tutte queste iniziative complementari siano avviate simultaneamente; e nessun Paese o gruppo di Paesi dovrà inoltre sottrarsi alle sue responsabilità politiche. Gerard Viratelle