Berlinguer ai funerali dell'ucciso a Paola «Ora sparano a noi, domani a chiunque» di Franco Giliberto

Berlinguer ai funerali dell'ucciso a Paola «Ora sparano a noi, domani a chiunque» Commemorate ieri in Calabria le ultime due vittime della mafia Berlinguer ai funerali dell'ucciso a Paola «Ora sparano a noi, domani a chiunque» Presente una folla commossa, il leader comunista chiede, a brevissimo termine, un intervento del Consiglio superiore della Magistratura e del ministro Morlino sui troppi episodi di criminalità impunita DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE CETRARO — «Attenzione; oggi sparano addosso a noi e ci uccidono, ma domani potrà toccare a chiunque: democristiani, socialisti, repubblicani, liberali. Sarà vulnerabile chiunque in questa terra si vorrà schierare per la democrazia e la convivenza civile, alzando pubblicamente la voce contro i corrotti e contro gli speculatori». Questo appello i comunisti calabresi l'avevano già lanciato due settimane fa, di fronte alla salma di Giuseppe Valarioti. dirigente comunista di Rosarno. ucciso a colpi di lupara. L'hanno ripetuto nei giorni scorsi, dinanzi al cadavere di Giovanni Losardo. ex sindaco e assessore comunale comunista di Cetraro. segretario capo della procura della Repubblica di Paola, assassinato a colpi di ..38 Special». Ieri ai funerali di Losardo, presenti Berlinguer, Ochetto e Pio La Torre della direzione del partito, c'era da verificare se il clamore e lo sdegno per quest'ultimo delitto mafiosopolitico fossero lievitati almeno nella coscienza popolare, mobilitando la folla delle grandi, rabbiose, tristi manifestazioni di lutto. Sotto un sole ancora molto caldo, alle 18, a Cetraro c'erano migliaia di persone — come a Rosarno per Valarioti — a dare l'ultimo saluto a Losardo. Una selva di drappi rossi, delegazioni di Comuni di tutta la Calabria, di città del Mezzogiorno, della Sicilia, di Roma. C'era una corona di fiori, fra le tante, del Presidente Pertini. La bara dell'assessore comunista è giunta nella piazza centrale, sul cucuzzolo di una collina che domina il mare, portata a spalle, accolta da applausi e dall'inno ..Bandiera Rossa». Berlinguer ha parlato a lungo. Ha espresso il concetto che annotiamo in apertura di questo articolo; ha paragonato, per gravità, i guasti della mafia a quelli del terrorismo politico, che insanguina altre zone d'Italia. Ha definito intollerabile la situazione calabrese. «La mafia dà l'impressione ormai di voler comandare su tutto e su tutti. Ma non cederemo, non subiremo passivamente arbitrii, violenze, speculazioni, sfruttamenti, delitti. Se le altre forze politiche, per complicità o per debolezza, non ci affiancheranno nella lotta che stiamo com battendo, pagando un prezzo dì sangue, la democrazia e la convivenza civile rischeranno di ricevere un colpo terribi le. Noi, comunque, risponderemo agli assassini e ai disonesti senza lasciarci intimidire-. Occhi lucidi, propositi di lotta, analisi della realtà politica mafiosa calabrese, commosse biografie di Valarioti e di Losardo, accomunati da Berlinguer nella commemorazione. Ma è sul metro dell'imponenza di una dolente manifestazione pubblica che si possono trarre auspici per l'avvenire? Francamente, nessuno lo crede. L'impegno da profondere in Calabria, a brevissimo termine, dovrebbe prima di tutto riguardare le strutture locali dello Stato, che sembrano cariate, inquinale, imbarbarite. Lasciamo da parte — benché argomento emblematico — le ultime elezioni che hanno visto premiati con il seggio di consigliere comunale, provinciale e regionale, mafiosi o loro con sanguinei o amici stretti. Ma che dire di una cooperativa che a Scalea ha lottizzato una collina, costruito decine e decine di villette con tortuose deroghe ufficiali a norme urbanistiche che devono essere rigide? Che dire di quella cooperativa quando si viene a sa pere che ne sarebbero soci una trentina di magistrati campani? Racconta il pretore di Belvedere, dott. La Rocca: « Vi dò un altro esempio significativo. Nel territorio della mia pretu ra avevano cominciato a costruire un complesso turistico accanto al mare, in violazione della legge regionale. Ho bloccato i lavori, sospeso la licenza generosamente rilasciata dal Comune. L'impresario, un grosso impresario, è ricorso al Tribunale amministrativo regionale. E il Tar gli ha dato ragione, gli ha permesso di ricominciare i lavori (per centinaia di milioni) scrivendo nella sentenza che io avevo "continuamente perseguitato" quel povero costruttore!». Il ministro di Grazia e Giustizia Morlino. venuto l'altro ieri a rendere omaggio alla salma di Losardo. non potrebbe personalmente, o stimolando il Consiglio superiore della Magistratura, far luce su questa e su tante altre vicende simili, che In Calabria si raccontano ai cronisti? Altro episodio. Il sindaco di San Nicola Arcella, che rilasciò una licenza all'ex ministro Misasi per una villa a pochi metri dal mare, e che si autorilasciava licenze edilizie, è stato a più riprese denunciato. Quando le sue faccende furono illustrate in un articolo sull'«Unità», l'auto del corrispondente Biagio Ariete fu fatta saltare col tritolo. E mai quel pubblico amministratore fu chiamato a rispondere del proprio operato, magari solo come verifica. Questi e altri episodi di in- terferenze e di collegamenti mafiosi, di cui ci occuperemo nei prossimi giorni, sono stati rievocati dinanzi a Berlinguer, prima dei funerali di Losardo, da un gruppo di giornalisti. Perplessità anche gravi sull'operato di pubblici amministratori e uomini di legge — ha detto il segretario comunista — sono state segnalate al ministro di Grazia e Giustizia Morlino. Lo stesso Consiglio Superiore della Magistratura è stato avvertito delle situazioni più pericolosamente anomali, ha aggiunto Berlinguer, perché intervenga urgentemente e drasticamente. «Senza fare di ogni erba un fascio, però — ha sottolineato —, perché accanto a uomini che servono le istituzioni con debolezza e scendendo a compromessi, ce ne sono tanti altri che compiono pienamente il proprio dovere e sui quali la collettività può contare per serietà e coraggio». Franco Giliberto