Frassati il riformista di Alfredo Frassati

Frassati il riformista Due storici discutono «Un uomo, un giornale» Frassati il riformista TORINO — Un grande giornalista e un politico lucidamente sorretto da un rigoroso senso di concretezza, molto «piemontese»: questa la figura di Alfredo Frassati come è stata evocata, nel salone del San Paolo, dalle parole di Giovanni Giovannini, Valerio Castronovo e Rosario Romeo, presentatori dei quattro volumi di «Un uomo un giornale», il lungo studio (non ancora concluso) in cui Luciana Frassati Gawronska ha disegnato, sulla base «Jegli archivi e delle memorie domestici, un appassionato ritratto del padre. Albertini, un modello esemplare — lo ha ricordato Giovannini —■ di quei direttoriproprietari dì giornale che andavano sorgendo, alla fine del secolo scorso, tra gli ultimi languidi riverberi della douceur de vivre e i sinistri bagliori della guerra e della questione sociale che si affacciavano all'orizzonte della belle epoque. Nel 1897 trasformò la moribonda «Gazzetta Piemontese» in un moderno giornale, «La Stampa», che nel giro di dieci anni raggiunse prestigio europeo e si pose, con centomila copie quotidiane come la grande rivale del «Corriere della Sera» di Albertini. Ma i due giornali furono qualcosa di più che strumenti di informazione: furono lo specchio di due mondi opposti. Il Corriere della brillante,' avventurosa politica espansionistica di Salandra; «La Stampa» di Frassati della più severa e dimessa visione politica giolittiana, «diffidente di miti e utopie», come ha ricordato Castronovo. L'uno espressione della società liberale agricola e autoritaria che era nata dal Risorgimento, l'altra portatrice delle nuove esigenze di un moderno Stato liberale democratico, della nascente industrializzazione, dell'inserimento delle grandi masse popolari nella vita politica del paese. Su questi contrasti drammatici il libro di Luciana Frassati offre pagine illuminanti attraverso le umane e spesso dolenti testimonianze paterne. Frassati era forse il personaggio più eminente dell'e?i/ouragc giolittiano e, grazie alla sua posizione di giornalista e senato¬ re del Regno, al centro di una fitta rete di informazioni in mezzo ai grandi eventi che laceravano il vecchio mondo. E' forse difficile dire oggi, con il senno di poi —come ha sostenuto Romeo — quanta ragione avesse la linea politica di Giolitti e Frassati. il cauto riformismo che avrebbe potuto conciliare il vecchio Statò con la nuova società. Certo fu una linea due volte perdente: Castronovo ha ricordato «lo smarrimento e lo stupore» di Frassati, sostenitore di una «vigilante neutralità», di fronte ai tumulti di piazza interventisti e sette anni dopo, il suo sconsolato senso di disfatta di fronte all'affermarsi del fascismo: «E allora, caro Giolitti — scriveva nell'aprile del 1922 — vien voglia di dare un calcio alla politica, al giornalismo, a tutto e di andarsene a Pollone a coltivare cavoli». Di li a pochi anni, privato del suo giornale spenta la sua libera voce, avrebbe dovuto davvero ritirarsi dalla lotta politica: simbolo di un'Italia fatta dì rigore morale, di serietà e di discrezione (non aveva mai voluto presentarsi candidato nel suo natio collegio di Biella considerandosi «come direttore di un grande giornale al di sopra della poli Uca ») sconfitta dalla tracotanza fascista, g. mart.

Luoghi citati: Biella, Italia, Pollone, San Paolo, Torino