Auden controluce di Masolino D'amico

Auden controluce DISCUSSA BIOGRAFIA DEL POETA Auden controluce La nostra epoca non assomiglia a nessun'altra. Quando mai se non nel 1980 un illustre, anziano c rispettabile poeta avrebbe indirizzato a un ancor più illustre, anziano e rispettabile periodico letterario una lettera come quella recentemente pubblicata, a firma di Stephen Spender, dal Times Ltteraty Supplementi La lettera (che ha aperto una piccola polemica ) riguarda la biografia di W H. Auden ad opera del musicologo e potente funzionario dell'Aris Council Charles Osborne (Methuen. pag. 336. Lst 7 95j. cui Spender era stato prodigo di informazioni e consigli, ma al quale adesso chiede di rettificare due punti. Punto primo non è vero che un certo giorno del 1951 Spender avrebbe dimenticato di avvertire Auden che Guy Burgcss. la spia allora in procinto di scappare in Russia con Donald Maclcan. lo aveva cercato al telefono Punto secondo una frase a pagina 52 è totalmente falsa La frase dice «A (/nell'epoca ,1928J Auden aveva già alt irato Spender, che era vergine, nel suo letto» La precisazione è fatta in tono urbano, mossa da desiderio di verità e non da lesa dignità personale Implicitamente infatti Spender non rinnega altri suoi trascorsi omosessuali, di cui si parla ampiamente nel libro £ certo è un segno dei tempi se un lavoro piuttosto serioso come questo si propone di seguire puntigliosamente la vita erotica dei personaggi. Non ci sono compiacimenti, anzi c'è addirittura, quanto ai particolari, un certo ritegno — per esempio. Osborne dopo averla parafrasata, pudicamente rifugge dal citare alla lettera l'unica e clandestinamente arcinota poesia pornografica di Auden. un divertimento di grande virtuosismo che oggi non scandalizzerebbe più nessuno Poi però cita nome e cognome di tutti coloro che in qualche momento della vita ebbero veri e presunti rapporti sessuali col poeta, molti dei quali ancora in circolazione Se si trattasse di signore la discrezione sarebbe di prammjUipa, ma evidentemente a parlare di" omosessuali òggi" senza'mettere subito' tutte" carte in tavola si rischia di passare per bacchettoni o sciovinisti E pensare che secondo lo stesso biografo, Auden malgrado i robusti appetiti erotici evitò sempre di mettere in piazza la propria vita privata. Ma tant'è Del resto il primo a vuotare il sacco è stato, già da qualche tempo, il grande amico e sodale del giovane Auden. Christopher Isherwood. la cui autobiografia in terza persona. Christopher and His Kind. oltre a quello di non conoscere alcuna forma di reticenza ha il vantaggio di essere molto più brillante e scorrevole del libro odierno Il quale, recando come sottotitolo The Life of a Poet. andrà comunque valutato in base al suo dichiarato obbiettivo, che è quello di spiegare la voce poetica almeno da alcuni con siderata la più alta della sua generazione. E qui, diciamolo pure, il libro delude. Non nel senso di fare economia di notizie, ma in quello di dare dell'artista un ritratto enormemente riduttivo, tanto da farci addirittura dubitare della legittimità del nostro interesse. Osborne ha conosciuto bene il suo soggetto nell'ultima fase della vita, e a quanto pare provò affetto per lui: le reminiscenze personali, che arrivano nel finale a mo' di appendice, in particolare la descrizione del funerale del poeta nell'ultimo rifugio di Kirchstetten (1975), gli dettano le pagine più felici. Per tutto quanto non aveva seguito di persona, Osborne si è documentato con scrupolo, e la sua cronologia degli spostamenti di Auden. particolarmente complessa negli anni dedicati all'insegnamento in tante università americane, è diligente e utile. Il biografo mostra inoltre di conoscere bene l'opera di Auden, dalla quale cita spesso a proposito. Non è quindi per difetto di informazioni o di simpatia umana se finiamo col ritratto di un personaggio inaspettatamente mediocre. Non sappiamo fino a che punto la cosa sia intenzionale; ma è come se Osborne si fosse proposto di metter mano agli idranti ogni volta che la carriera di Auden sembra produrre una vampata. Oxford, l'anticonformismo, l'omosessualità? Esperienze comuni praticamente a tutti, sul finire degli Anni Venti. Un indiscusso prestigio di giovane leader, ammira tp^a^nuovj, talentjjMacj^ej; ce. Day Lewis, Spènder, Isherwood)? Ci voleva poco: sicurezza di sé, una punta di eccentricità in un'epoca che ancora se ne lasciava incantare, una lingua sciolta (ma malgrado i frequenti accostamenti a Oscar W'ilde, non rimane un solo epigramma memorabile). E,il famoso impegno politico negli Anni Trenta, il comunismo, la guerra di Spagna? Altra acqua sul fuoco: in realtà Auden non aderì mai a un prò-, granirmi di eguaglianza sociale, anzi, se nutrì simpatie politiche, queste andarono ai dittatori «forti», quando si recò in Spagna era di moda, lui comunque non voleva combattere ma guidare un'ambulanza, e non avendolo ottenuto tornò imbronciato in patria e cercò di dimenticare l'intera esperienza, rinnegando perfino i bellissimi versi che ne erano nati. E la clamorosa «fuga» in America, proprio agli albori della guerra — quella defezione che molti inglesi continuarono a stigmatizzare per anni? Osborne sdrammatizza anche questo gesto. Quando Auden lo compì non si rendeva conto del temporale in arrivo; in seguito si mise a disposizione del suo paese, pronto a rientrare se necessario. Ma non era di leva, e data la sua congenita goffaggine sarebbe stato un pessimo soldato. Cambiando continente non aveva voluto fare altro che procurare a se stesso la tranquillità necessaria a svolgere il proprio mestiere. Trovava claustrofobia) l'ambiente letterario inglese; gli- spazi, l'anonimjtà. i salari delle università americane gli erano più congeniali. Malgrado l'epoca si ostinasse a volerlo vate, Auden — ci assicura il suo esegeta — volle essere soprattutto un tranquillo artigiano, l'onesto e coscienzioso erede di una tradizione sapiente. Detestava quella che gli sembrava l'irresponsabilità tecnica di tanta poesia moderna (Giiisberg, Corso), come la retorica della poesia classica, dove pure aveva appreso tanto. Col tempo avrebbe trovato «insincero» perfino l'ammiratissimo Yeats. Quando qualcuno propose nel 1967 Auden alla carica di poeta laureato Spender approvò, osservando non senza acidità che in fondo da un poeta laureato si vuole high camp, ossia «alta artificialità, ma grande spasso». Auden confermò: «Ho un talento per i versi occasionali». Era il suo grande orgoglio e anche la sua grande specialità: possedeva quell'amore per le parole (esteso fino alla mania per i cruciverba), quell'orecchio per i ritmi, quella passione per gli schemi metrici difficili e rari, che distinguevano i poeti di una volta. Ma Osborne trova il modo di essere severo con Auden anche in questo campo. Da musicologo segnala i gravi difetti dei libretti d'opera tradotti, e non ama quelli originali (Peter Grimes. Elegia per giovani amanti. Bassaridi): a denti stretti gli sfugge qualche buona parola solo per La carperà del libertino, dove peraltro soìtolinea l'apporto ' di' Chester Karman, il dotato, giovane ebreo newyorchese compagno di Auden per un ventennio. Quasi con soddisfazione Osborne insiste su altri fiaschi, come i tentativi non riusciti di comporre versi per musicals di Broadway poi trionfalmente elaborati da altri [Cabaret. Man of La Mancha). Neanche sul teatro di Auden e Isherwood il biografo ha molto da approvare. Così, preoccupato di spegnere, Osborne affida la parte positiva del suo giudizio alla frettolosa e generica lode di qualche verso, di qualche componimento; e ci lascia alle prese con un mistero. Il suo Auden fu cordiale, generoso, egocentrico, trasandato, ingenuo, stravagante. Beveva troppo, ragionava poco, prendeva troppe pasticche. Ma le sue poesie, chi le scrisse? Masolino d'Amico W. H. Auden visto da Levine (Copyright N.Y. Review of Books. Opera Mundi e per l'Italia .La Stampa»)

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