L'assenteismo (3,7%) sconvolge l'industria americana dell'auto di Ennio Caretto

L'assenteismo (3,7%) sconvolge l'industria americana dell'auto Dichiarazioni dell' amministratore delegato della General Motors L'assenteismo (3,7%) sconvolge l'industria americana dell'auto Alla Fiat le assenze sono, in media, del 13-14 per cento con punte fino al 20 DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK — All'apice della più grave crisi dell'industria automobilistica americana dalla/ine della guerra, le direzioni e i sindacati delle grandi imprese hanno intonato il «mea culpa». Prima in sordina, poi a voce alta hanno confessato che il crollo della produzione e delle vendite non è totalmente attribuibile né all'invasione giapponese né al ritardo nella conversione dai modelli a otto e sei cilindri a quelli a quattro e alle utilitane. La colpa, hanno detto, è anche e forse soprattutto del calo di qualità delle vetture e delle sue cause immediate: la cattiva gestione da una parte, l'indisciplina e l'assenteismo dall'altra. Un tempo simbolo di perfe zione del prodotto, l'auto americana è oggi ritenuta as sai meno affidabile di quella europea e giapponese. Analo- gamente l'operaio Usa, già - . „ .. ... . Preso a modello di efficienza. rappresenta adesso un esali¬ pio da evitare. -Il motivo — ha "dichiarato l'amministratore delegato della General Motors. Eìliott Estes — non è solo che sono mancate le innovazioni tecnologiche negli stabilimenti base dell'aumento della produttività. E' anche che dalla fine degli Anni Sessanta il comportamento dei lavoratori è andato progressivamente peggiorando». Estes cita una celebre inchiesta della Ford, secondo cui il 60 per cento degli americani giudica le auto «macie in Usa» le peggiori del mercato. Né la General Motors, né la Ford, né la Chrysler, che rimane sull'orlo della bancarotta, pubblicano statistiche sulla indisciplina e sull'assenteismo. Elliott Estes tuttavia fa un caso tipo, quello dello stabilimento di Baltimora Est. Lo stabilimento, sorto nel 1935 e ammodernato nel 1962, impiega normalmente intorno ai 5000 operai. Attualmente 2300 sono in cassa integrazione, e non si sa se e quando torneranno. Lo sta¬ "bilimento produce 80 auto l'or ra. Estes vorrebbe passare a 70, ma di cilindrata minore, il che significherebbe licenziare 800 persone. «E' doloroso —di- I ce — ma non abbiamo alternative». L'amministratore delegato della General Motors ammet- [ te un grave errore di gestione: non avere automatizzato le : catene di montaggio e altri re- '■ parti «negli anni delle vacche grasse». «Ciò non giustifica — I sostiene tuttavia a a . 5 i e ¬ li 3.7 per o o cento di assenteismo registrato da parecchio tempo, né la qualità scadente delle macchine in particolare quelle montate il lunedi e il venerdì». i7 3,7. precisa Estes, è la media settimanale, ma l'assenteismo è assai più alto il primo e l'ultimo giorno che gli altri: e le violazioni di disci- plina, dall'incuria sul lavoro Io o » a è » e l. a a l n à r e e ie e e o os e n si li al vandalismo, crescono a di smisura, sfociando talora nel licenziamento. (Alla Fiat l'assenteismo medio è del 13-14°?c con punte del 18-20 per cento. n.d.T.). Sebbene Estes non ne parli, alla General Motors si dice che Baltimora Est «è a metà del pendolo» in quanto a indisciplina e assenteismo. Negli altri stabilimenti si va dal 2 al 6per cento. La Casa fa notare die la situazione della Ford e della Chrysler è la più inquietante. Si vanta di avere i rapporti più corretti e costruttivi coi sindacati e con le maestranze. Osserva Estes: .Anche le proteste degli operai nei confronti della direzione sono minime se paragonate a quelle della Ford e della Chrysler. Neppure la crisi ci ha tolto questo vantaggio per nulla marginale». // caso limite è stato quello dello stabilimento di Mohwah della Ford, nel New Jersey, presso New York, uno dei primi degli Stati Urliti con oltre 5000 dipendenti, chiuso per sempre in questi giorni. A Mohwah l'assenteismo aveva toccato punte del 20 per cento: molti operai, specialmente i più giovani e nel turno di notte, fumavano continuamente marijuana, restando coi riflessi annebbiati. Vi erano esplosioni di vandalismo gratuito: portiere prese a calci, carrozzerie forate coi martelli La Ford ha attribuito la chiusura dì Mohwah alla crisi ma nel New Jersey le autorità sono persuase che lo abbia fatto perché la situazione era incontrollabile. Gilbert Belcher, un ispettore dello stabilimento, ha attribuito la responsabilità sia alla di'eztone sia agli operai. Egli ha ricordato che nel '74 alcuni modelli, tra cui la Granada. furono disegnati male, e gli operai non fecero nessuno sforzo per ovviare ai difetti. Da Detroit arrivò un manager -duro-, che impose una disciplina ferrea e un alto livello di qualità del prodotto, al prezzo di aspri scontri con i sindacati. Le maestranze incominciarono a indossai distintivi con , su scritto: «Scioperate per la ,. ... v. , ■ vostra dignità». Seguirono gli scioperi, e il manager fu ri- chiamato al quartier generale nel Michigan. «Negli ultimi cinque anni — ha riferito Belcher — sono cambiati quattro direttori e quattro vicedirettori, e lo stabilimento è saltato da un modello all'altro. Centinaia di operai hanno dovuto riquali- ficarsi. e non tutti ci sono riu- sciti. Quando le vendite e le produzioni dell'auto sono precipitate in tutta l'America, è stato il caos. Da noi si privilegia l'anzianità. Sono finiti perciò in cassa integrazione gli ultimi arrivati, tra cui tecnici eccellenti. Gli anziani sono stati spostati da settori in cui avevano trascorso l'intera vita ad altri che non conoscevano. Gli attriti si sono moltiplicati con effetti disastrosi». Ennio Caretto |\

Persone citate: Belcher, Elliott Estes, Gilbert Belcher