La tintarella ci costa 25 miliardi l' anno

La tintarella ci costa 25 miliardi l' anno Oli, creme, spume per avere una pelle con il colore del bronzo La tintarella ci costa 25 miliardi l' anno Spendiamo 25 miliardi l'anno per l'acquisto di abbronzanti, oli, latti, creme, spume, tutto ciò die promette una pelle color bronzo, perché la «tintarella», ormai, è uno status symbol, dà un aspetto sano, dimostra subito che in vacanza ci siamo stati davvero. Ma quei 25 miliardi — secondo i responsabili di una grande azienda produttrice — non escono tutti dalle lasche degli italiani: «Nei mesi estivi l'Italia è invasa dagli stranieri. Gli abbronzanti sono forse gli unici prodotti cosmetici per i quali il turismo rappresenta una consistente fetta di mercato». Quasi a dire che se le vendite vanno bene, non è tutto o soltanto merito nostro. «Sono prodotti utili» sostengono gli esperti per giustificare il successo. «Servono ad abbronzare con giudizio. Filtrano i raggi ultravioletti nocivi per la pelle e, nello stesso tempo, hanno proprietà di idratazione. Il nome 'abbronzanti" non è esatto. Dovremmo chiamarli "prodotti solari". La loro funzione è combattere gli effetti negativi del sole sulla pelle (invecchiamento, rughe, irritazioni, arrossamenti), impedire il dan- no estremo delle scottature». Un chimico aggiunge: «Non hanno controindicazioni ; non fanno male più di quanto non possano fare le fragole a chi soffre di allergia». Ma poidié gli italiani hanno la virtù di fare a modo loro, c'è ancora chi arriva sulla spiaggia con una bottiglietta d'olio d'oliva o di birra, in nome delle tradizioni di famiglia: «Le nostre nonne ci sapevano fare». «Nulla di più sbagliato — ribattono i produttori di abbronzanti —. L'olio d'oliva serve per dorare la pelle del pollo arrosto, la birra può anche acuire la pigmentazione, ma né l'uno né l'altro proteggono dalle scottature». E' il caso di un prodotto svizzero di moda due estati fa, poi sequestrato sul mercato italiano. Era una crema, la stessa che si usa nelle stalle per ungere le mammelle delle mucclie e facilitare la mungitura. Qualcuno aveva scoperto che, con questa crema, la pelle diventava bruna in tempi brevissimi. Il guaio è che si trattava di semplice e modesta «vaselina bianca»; non offriva alcuna protezione; a non dosarne l'uso, scottature e anche ustioni erano garantite. L'abbronzante invece ha. questa virtù, o almeno la promette: aiutare la tintarella difendendo dai raggi del sole più aggressivi. A questo serve «l'indice di protezione» dichiarato, diverso secondo i prodotti: da due a otto in media per gli abbronzanti in vendita sul mercato italiano, anche fino a 18 per quelli in uso sul mercato americano, per le pelli bianche più delicate e per il sole «speciale» della Florida e delle Hawaii. Contro gli «indici di protezione» l'accusa è: «Non hanno una convalida scientifica». / produttori non esitano a riconoscerlo, tuttavia sostengono: «E' un aiuto in più per il consumatore, per orientarlo nelle scelte secondo il suo tipo di pelle. L'Indice, da due a otto, significa che oltre quel certo numero di ore di esposizione al sole, non si può più stare senza rischio». Le prove sono state eseguite in laboratorio: una schiena nuda, cosparsa in alcune zone con abbronzanti a filtri diversi più o meno potenti ed esposta alla lampada a raggi, «ha dimostrato la verità sull'efficacia». Sul prezzo è in corso una polemica. L'Unione consuma¬ tori, in una indagine sugli abbronzanti, ha rilevato notevoli squilibri: dalle 12.500 lire il chilo alle 257 mila, «un prezzo superiore alle quotazioni dell'argento». «Se si trovasse argento a questo prezzo, anziché alle 400 mila lire attuali, sarebbe una fortuna» commenta, con ironia, il direttore delle relazioni pubbliclie di un'azienda. Ribatte, per tutti, il direttore dell'Unipro (Unione industrie profumiere), dott. Florio Teremi: «Peccato che quel prezzo rapportato al chilo, sia stato rilevato su una particolare crema solare antirughe, cioè un prodotto speciale, non un normale abbronzante. Che sia un cosmetico speciale lo dimostra l'Iva: per quella crema scatta al 35 per cento, per gli abbronzanti è limitata al 14 per cento». In realtà, il prezzo medio di un flacone da 200 ce, «il più richiesto, perché la quantità è più clie sufficiente per una intera estate», oscilla tra le 3 e le 4 mila lire. Secondo le statistiche ufficiali infatti quei 25 miliardi spesi per abbronzarsi corrispondono a circa otto milioni dipezzi venduti. Simonetta Conti

Persone citate: Florio Teremi, Simonetta Conti

Luoghi citati: Florida, Hawaii, Italia