«Un bambine non è un pacco da spostare di qui a là in attesa dei destinatario»

«Un bambine non è un pacco da spostare di qui a là in attesa dei destinatario» «Un bambine non è un pacco da spostare di qui a là in attesa dei destinatario» Legittima, ma umanamente inaccettabile, la decisione dei giudici per il piccolo Franco Franco, il bambino di 4 anni strappato alla famiglia che l'ha tenuto in affidamento da quand'è nato, ha trascorso la sua prima giornata in un istituto per l'infanzia. Per la prima volta in un ambiente estraneo, senza i suoi giochi, il suo lettino, senza la presenza e il calore di quelli che chiamava mamma e papà. Non ci vuole molta fantasia per immaginare il trauma del bambino per di più handicappato e bisognoso di cure. Il caso di Franco, allontanato brutalmente da quelli che considerava i suoi genitori, ha suscitato una catena di reazioni improntate per lo più all'emotività, all'indignazione per il provvedimento della magistratura e per il modo in cui è stato eseguito dalla polizia. Dal punto di vista strettamente giuridico la decisione del tribunale dei minorenni è legittima, come affermano in una dichiarazione pubblica tre giudici dello stesso tribunale, Camillo Losana, Federico De Rosa e Luciano Grasso. -Il bambino — scrivono —si trovava presso la signora Patrucco a titolo di semplice baliatico. Da sempre la signora sapeva che l'affidamento sarebbe dovuto cessare. Il bambino non era l'unico a trovarsi presso la Patrucco che, almeno fino a qualche tempo fa, ne teneva numerosi altri. Attraverso ricorsi ed impugnazioni anche in sede d'appello, la signora Ita sempre di fatto procrastinato il mo¬ mento della consegna del minore all'ente tutore: consegna che da molto tempo era stata invitata a fare. Il bambino dichiarato adottabile, non è certo destinato all'istituto, bensì ad un'altra famiglia che abbia tutti i requisiti per l'adoaione speciale (cosa che non è dei coniugi Pa trucco). L'a ttuale trauma del bambino sarà ampiamente, compensato dalla sua futura, migliore sistemazione-. Ai giudici ha risposto l'Associazione famiglie adottive e affidatane durante una conferenza stampa a cui era presente, in lacrime, la «vera» mamma di Franco, la signora Patrucco, che l'ha curato e cresciuto. «Se i( provvedimento è ineccepibile sul piano giuridico — ha detto il presidente Giorgio Pallavicini — è iniquo per altre considerazioni. Innanzitutto il procedimento giudiziario avviato dai coniugi Patrucco contro la revoca dell'affidamento non s'è concluso. L'ultima parola spetterà alla Corte di Cassazione. In secondo luogo non si sono tenute presenti le condizioni di salute del bambino. Franco ha ancora bisogno di cure. Chi assicura che potranno continuare? E se il bambino nato con gravi malformazioni e recuperato al 90 per cento, peggiorasse, di chi sarà la colpa?-. Pallavicini e l'associazione insistono su un altro aspetto: «I giudici affermano che i coniugi Patrucco sapevano di avere un affidamento temporaneo. Ma il bambino non poteva saperlo, chi poteva spiegarglielo? La vera vittima di questa situazione è proprio lui Franco, al di là della disperazione dei coniugi Patrucco-. E ancora: 'S'è trattato di un errore grossolano, purtroppo non raro nel nostro Paese. La sorte di un bambino non può essere decisa estraendo dal cassetto di una scrivania un fascicolo e decidendo burocraticamente. Un bambino non è un pacco che si possa spostare da una parte all'altra in attesa di trovare il destinatario. Quattro anni di convivenza in una famiglia lasciano il j segno Immaginiamoci le conseguenze sulla psiche del bambino». Chi può assicurare che il provvedimento dei giudici sia nell'interesse di Franco? Molti ne dubitano, compreso l'avv. Fusari che oggi presenterà in tribunale un ricorso per chiedere la sospensione della decisione dei magistrati. Ma quanto tempo passerà perché il ricorso venga esaminato? E che ne sarà del picoolo Franco? Ignaro di leggi, di carte bollate, di ricorsi e provvedimenti il bambino sta vivendo in questi giorni in un ambiente a lui sconosciuto senza poter reclamare i suoi diritti, senza veder esaudito il suo desiderio di tornare da «papà e mamma». La legge, gelidamente applicata, glielo impedisce. La «carta deibambini» è un libro dei sogni. Guido J. Paglia