Il famoso assedio di Venezia

Il famoso assedio di Venezia Persone di Lietta Tomabuoni Il famoso assedio di Venezia «Da Venezia, sabato e domenica prossimi del vertice internazionale, i turisti faranno meglio a star lontani», dice il vice-sindaco Gianni Pellicani. Ma: «L'immagine d'una città espropriata e in stato d'assedio è esagerata. Anche un po' ridicola». Più ossessivi degli invadenti summit sembrano i discorsi post-elettorali: la giunta di Venezia resta alla sinistra; pare che Cesare De Mìcheiis, fratello socialista del ministro socialista Gianni, voglia per sèi 'assessorato alla cultura, impor-' tante per attività e ricco di quattrini in bilancio; il psi però non può pretendere d'avere quello e pure il sindaco Rigo, die vorrebbe conservare il suo posto; allora bisogna vedere, media-' re, anche sul piano nazionale, insomma in tempo breve le cose non si sistemano, si andrà alla fine di luglioCarter? Ah, si, certo. S'era pensato di sistemarlo su una portaerei al largo e di trasferirlo in elicottero all'isola di San Giorgio, ma poi è sembrato un po' sproporzionato: starà benissimo al Cipriani, die ha il mare alle spalle e la caserma della Finanza di fronte. E' naturale che qualelie fastidio per i veneziani c'è stato e ci sarà. Bloccato per qualche ora l'aeroporto, bloccato il tratto di strada davanti all'albergo Danieli. Rumorosi gli elicotteri continuamente sorvolanti, con un rombo cui i veneziani non sono abituati. Irritanti le richieste di documenti e perquisizioni d'automobili a piazzale Roma. Sospese tutte le gite a Torcello: i mezzi dì trasporto si fermano a Durano. Eliminate certe fermate dei vaporetti, precariamente bloccati certi ponti per la paura che dall'alto qualcuno lanci sassi o magari bombe in testa ai potenti transitanti in inotoscafo. «Ma non c'è paragone, ad esempio, con i sessantamila uomini della sicurezza mobilitati per il vertice internazionale di Tokyo. In piazza San Marco, la settimana scorsa, la gente non s'è accorta di niente», dice Giorgio Dominese alla Regione. «Niente più che fastidio, ciacole ■ scocciate, e anche ironia di fronte a cose che ai veneziani sono parse ridicolaggini, quali le reti subacquee o i sommozzatori», dice Adriano Donaggio alla Biennale. Dice il vice-sindaco Pellicani: «Una volta tanto, certi fastidi sono sopportabili, quando il vantaggio è quello d'un rilancio di Venezia come ideale luogo di incontri internazionali. Se riunioni simili dovessero ripetersi a catena, allora si che per i veneziani potrebbe essere un disastro». Si chiude Anclie a Parigi è quasi finita, ormai, per il «cinema basso» italiano: «Gli studenti e gli intellettuali sono diventati conformisti come tutti gli altri, e ci sono sempre meno spettatori». Ma Simon Mìsrahi non cambia idea: «Per me Comencini è più importante di Visconti, "Scopone scientifico" è più rivoluzionario di "La terra trema". Il primo film italiano neorealista non è "Roma città aperta" ma "Treno popolare" di Matarazzo; è di Matarazzo pure il film più politico sulla lotta di classe mai girato in Italia: "Giorno di nozze", 1942». ' Quarant'anni, ricci e occhioni neri, ebreo egiziano di cultura francese. Misrahi è il creatore della fortuna commerciale dei film-commedia italiani in Francia, è in parte responsabile della sorprendente celebrità parigina di Cottafavi, Freda, Totò, Risi, Scola, Comencini, Monicelli e adesso Matarazzo, della supervalutazione critica francese clte li definisce senz'altro geniali e sublimi. Una passione infantile, racconta: «A dodici anni, al Cairo, vidi "Totò al Giro d'Italia": è stato il colpo di iulmine, nella mia storia d'amore col cinema ita¬ liano». Da allora s'è dedicato a «riparare la grave ingiustizia che eliminava dal Pantheon i registi italiani di film leggeri». Amore e senso di giustizia divennero un lavoro: comprare a pochi soldi in Italia certi vecchi film dì serie B; creare intorno al «genere» curiosità e movimento culturale, con l'aiuto dello snobismo, del populismo, della stravaganza dì critici o riviste; poi alzare il prezzo di cessione dei film ai distributori francesi. Contemporaneamente, Misrahi si occupava della diffusione in Francia dei «migliori registi ufficiali italiani», sempre «ispirandosi a un'idea non selettiva e non aristocratica del cinema». Gli manca ancora il lancio di «due tra i cinque registi italiani più grandi, Freda e Matarazzo», ma poi si chiude: «Peccato, abbiamo finito di divertirci». Romani Ridanciani e violenti, durante sei ore di viaggio Amalfi-Roma i due autisti del pullman («tu draivers», si definiscono orgogliosi in inglese) s'accaniscono sema stanchezze a dimostrare d'essere Montesano o Pippo Franco. ■ A un vecchio ambulante che offre biscotti urlano allegramente: «Che, t'hanno dato libera uscita dall'obitorio?». Si trovano davanti un camion di verdure: «All'anima de li ortaggi tui», inveiscono parodiando la classica invettiva romana contro i «mortacci» altrui e abbandonandosi a grandi risate d'autocompiacimento. Apostrofano una signora un po' baffuta che traversa troppo lenta la strada: «'A D'Artagnan, sveja!»: Uno gli grida contro «cornuti», e replicano prontissimi: «Ah, pure da 'ste parti semo conosciuti?». Quasi investono un altro e ridono follemente: «'An vedi 'st'aspirante andicappato». Soltanto il manifesto d'un cinema che annuncia a Sorrento il film «Sexual Aberration» (a Napoli, invece, danno «I ragazzi fic-fic») riesce a sconcertarli: «Ma chessarà, 'st'abberrescion...» continuano a ruminare improvvisamente tristi, con l'ansia umiliata di chi si senta per la prima volta impari alla vita, «chessarà, saignente?».