L'assassinio legge a Kabul di Robert Fisk

L'assassinio legge a Kabul Guerra civile in Afghanistan L'assassinio legge a Kabul La resistenza contro i russi e la lotta tra le fazioni del partito al potere NOSTRO SERVIZIO PARTICOLARE KABUL — Non è difficile riconoscere i dirigenti del Partito del popolo dell'Afghanistan: sono accompagnati da giovani guardie del corpo in maniche di camicia con fucili Kalashnikov dai calci pieghevoli, che imbracciano le armi entrando negli uffici con i loro padroni. L'assassinio fa ormai parte della vita di Kabul in questi giorni; la sospensione delle leggi e dell'ordine pubblico è la cosa che più colpisce in questa città che solo tre anni fa era una delle più tranquille dell'Asia. Le sparatorie notturne, che si sentono in tutta Kabul dopo il coprifuoco, si sono fatte più frequenti che in passato' da quando i funzionari del partito sono in lotta fra di loro, e dalle colline intorno alla capitale i guerriglieri sparano contro i governativi. E' ormai difficile indovinare chi sono gli assassini. Una settimana fa, per esempio, un medico membro della fazione Parcham di Babrak Karmal è andato nel villaggio di Bandeghazi. alla periferia di Kabul, per visitare un malato, ed è stato ucciso con una raffica alle spalle. E' stato vittima di, un assassinio politico da parte della fazione Khalq, rivale di Karmal, oppure dei ribelli mujahiddin^ Secondo afghani giunti da Kandahar e Herat, le sparatorie sono ancora più frequenti in queste città, gli omicidi avvengono in pieno giorno, e i mujahiddin hanno addirittura superato i posti di blocco per rapinare la Millie Bank, nel centro di Kandahar. Un incidente sul quale si hanno molte testimonianze dà un'idea dell'anarchia che regna nel Paese: pochi giorni fa, ribelli con fucili automatici hanno fatto irruzione a mezzogiorno in una caserma dell'artiglieria afghana a Campani, a soli 20 chilometri dal centro della città e a meno di tre dalla più vicina guarnigione sovietica. Li hanno lasciati entrare; i guerriglieri hanno fatto una breve filippica sui mali del socialismo e hanno chiesto armi, poi se ne sono andati indisturbati. A Kabul, si ripete che il 90 per cento della popolazione è contraria alla presenza sovietica. La gente esce dalle botteghe e grida nelle vie il suo odio per l'Urss: «Anche se uccidessero un milione di afghani — dice un commerciante — troverebbero altri milioni di afghani disposti a morire». I soldati russi non vanno più nel bazar. A Kabul corrono tante voci, molte delle quali false. Si dice che truppe della Germania Est e della Cecoslovacchia siano state inviate nella capitale, e che tutti i soldati sovietici del Tagikistan siano stati ritirati perché Mosca temeif che vengano contagiati dalla «febbre islamica», e che i ratd aerei russi abbiano fatto centinaia di migliaia di morti. La realtà è più prosaica: a Kabul ci sono alcuni soldati che parlano tedesco, ma sono russi della zona di lingua tedesca dell'Urss. Ci sono ancora truppe tagike in Afghanistan ; e i medici che sono tornati dalle province di Nanghahar, Lachman, Pachtia e Ghazni dicono che vi sono in tutto alcune centinaia di morti fra i civili. La televisione di Kabul ripete agli ascoltatori che -manovre militari di addestramento» si svolgono intorno alla città — forse per spiegare l'eco dei bombardamenti sulle montagne vicine. I dirigenti afghani ostentano una completa ignoranza degli omicidi, e continuano a dire che solo un contingente -limitato» di sovietici è temporaneamente entrato in Afghanistan su richiesta di Karmal. Ma persino un poliziotto afghano membro del Khalq, che ha tutte le buone ragioni per essere seccato dall'attuale lotta politica interna, in privato si sfoga sulla presenza sovietica: «Qui andiamo male, sono stufo. Vogliamo l'aiuto russo, ne abbiamo bisogno. Ma chiunque resti qui più, di quanto vogliamo — chiunque, Urss compresa — verrà buttato fuori». E stende il braccio come se impugnasse una rivoltella e sparasse. Robert Fisk Copyright The Times e per l'Italia La Stampa

Persone citate: Campani