Genova ha deciso di permettere 8 bagni nel suo mare inquinato di Paolo Lingua

Genova ha deciso di permettere 8 bagni nel suo mare inquinato Con delibera quasi unanime del consiglio comunale Genova ha deciso di permettere 8 bagni nel suo mare inquinato La civica amministrazione ha portato da 100 a 1200 per centimetro cubo d'acqua il numero dei colibatteri tollerati - In realtà non esiste una legge: il limite minimo è fissato da una circolare ministeriale e per la Cee la tolleranza sale a 2000 colibacilli Ma il Comune può «legiferare» in una materia che spetta allo Stato e alle Regioni? GENOVA — Il comune di Genova ha deciso, con una sua delibera (è il primo caso in Italia), di elevare il limite dei colibatteri per ce d'acqua al fine di consentire la balneazione: si passera dagli attuali 100 a 1200. La decisione, presa lunedi sera a tarda ora dal consiglio comunale con l'approvazione di tutti i presenti, e con sole due astensioni, era già stata preparata dalla giunta quindici giorni fa e pubblicizzata nel corso d'un convegno che s'era svolto alla Camera di commercio. La vicenda presenta alcuni aspetti sconcertanti. In primo luogo, il comune ha deciso di rimuovere i divieti, che da alcuni anni impedivano i bagni su tutto il litorale della città, perché di fatto non esisterebbe una normativa precisa in materia. Spiega l'assessore all'Igiène Gregorio Catrambone, socialista: «La norma dei 100 colibatteri per un ce d'acqua derivada unacircolare ministeriale di vent'anni fa. In realtà lo Stato italiano avrebbe dovuto affrontare la materia da tempo e preparare una legge-cornice per le singole regioni. Tutto questo non è stato fatto. A questo punto, il comune è in grado di agire autonomamente-'. Per la verità esiste una norma generale della Comunità economica europea che fissa il limite a 2000 colibatteri: però gli organi di governo europei hanno sin dal 1977 dichiarato che successivamente avrebbero dovuto uniformarsi al Paese più severo in fatto di inquinamento, cioè l'Italia. Anche in questo caso, però, non ci sono state proposte di legge. E' su tale «vuoto», e soprattutto su una serie di opinioni di igienisti e di scienziati, che Catrambone e la giunta si sono mossi. «Non esiste — afferma l'assessore — un principio scientifico preciso, die fissi il grado di pericolosità, della percentuale dalla quale poi scaturiscono risela di epidemie o malattie infettive». Cosi, a partire dai prossimi giorni, i vigili sanitari compiranno, sino alla fine di giugno, regolari prelievi lungo tutto il litorale. Saranno compiute le analisi all'Istituto di Igiene e Profilassi. L'assessore Catrambone si dichiara ottimista: a suo avviso, dai controlli effettuati sino a poche settimane fa, in nessun tratto di mare i colibacilli sono superiori ai 350 per ce. Inoltre, l'assessore afferma che l'inquinamento chimico-industriale a Genova non è eccessivo. Il 1" luglio. quindi, conta d'essere uno dei primi a tuffarsi nelle acque «non pericolose» della città. Fin qui l'aspetto politico-amministrativo della questione. Piti complesse sono le considerazioni di contorno. E' legittima o no la decisione del Comune che s'è arrogato il diritto di stabilire una norma di competenza dello Stato e delle Regioni? Sono davvero cosi limitati gli indici di inquinamento in un mare che solo l'anno scorso aveva ancora punte di migliaia e migliaia di colibacilli? E' accertato che, per esempio, nello specchio del porto i colibacilli sono più d'un milione per ce. L'acqua dello scalo, sia pure pigramente, è mossa ed esce dall'imboccatura di levante ed è portata dalla corrente lungo tutto il litorale che raggiunge Boccadasse. Sono due chilometri di spiaggia e roccia che «scottano» perché vi sono arroccati gli stabilimenti balneari «di lusso». Non solo: il prof. Ferdinando Petrilli, titolare della cattedra di Igiene dell'università di Genova, ha pubblicamente dissentito dalla delibera affermando che esiste un pericolo di epidemie. Paolo Lingua

Persone citate: Catrambone, Ferdinando Petrilli, Gregorio Catrambone

Luoghi citati: Genova, Italia