Mensa fresca, no ai precotti si apre la vertenza alla Fiat

Mensa fresca, no ai precotti si apre la vertenza alla Fiat Ampio dibattito al convegno promosso dalla Firn Mensa fresca, no ai precotti si apre la vertenza alla Fiat Perché, nonostante i prezzi, ha poco successo in-fabbrica l'alimentazione a base di surgelati? - «Occuparsi di questo tema è fare prevenzione» Ogni giorno si consumano nelle mense dagli 8 ai 13 milioni di pasti. Nella sola Fiat le persone interessate sono 150-200 mila anche se, In realtà, 1 dipendenti che utilizzano tale servizio sono molti di meno. Dal 30-35 per cento alla Mirai lori al 55-60 della Spa. DI questi, buona parte è «costretta» a ricorrervi, altri scartano i cibi che non siano formaggi o frutta. Perché, nonostante il prezzo contenuto, vi è una diserzione in massa? I motivi sono stati esaminati ieri in un convegno organizzato dulia Firn, con Interventi del sindacato degli alimentaristi e del commercio e di studiosi del settore. Aprendo i lavori, Corrado Scapino della Quinta lega Mirafiori ha sottolineato che «l'accettazione della fabbrica è determinata da tutte le componenti che costituiscono la vita del lavoratore: salario, professionalità, organizzazione del lavoro, ambiente e serviti: «Nell'affrontare un problema che pareva secondario — ha detto Tom Dealessandri del Coordinamento nazionale Fiat — di fronte alla crisi economica e dell'auto in particolare, qualcuno aveva avuto delle perplessità. Tuttavia, occuparsi della mensa significa fare della prevenzione, interessarsi della salute di gente che deve nutrirsi in un breve intervallo di tempo con cibi sovente inadatti». L'accordo del '70 prevedeva il ricorso a una «ristorazione aziendale con precotto surgelato in monorazione», ma neppure l'inserimento di più fornitori e il menù più vario, ne hanno decretato il successo. Dopo «un'esperienza negativa» di quasi due lustri, il sindacato apre una vertenza e chiede la trasformazione del servizio in «mensa fresca». «/ sostenitori del precotto in surgelo — ha affermato l'ispettore ministeriale all'Agricoltura, Schiavazzi — ne esaltano la qualità igienico-sanitaria. Senza fare allarmismo, statistiche alla mano risulta che è irregolare almeno il 20 per cento del prodotto controllato». Inoltre, alla carenza di leggi che rende «insoddisfacente il quadro del controllo e della tutela della genuinità degli alimenti nel caso dei surgelati si sommano altri due problemi». Il primo è che le mense delle fabbriche in genere sono •meno controllate degli esercizi in cui si commerciano o si servono alimenti», il secondo consiste nelle maggiori difficoltà di verificare se vi è stato il rispetto della «catena del freddo», se cioè la temperatura è stata mantenuta su certi valori. Alla nostra richiesta di passare a un servizio tradizionale — ha aggiunto Dealessandri — la Fiat ha risposto no. Non perché sostenga la migliore qualità dei cibi, ma per evitare una maggiore spesa di gestione e difficoltà nel reperire i locali indispensabili. Noi invece siamo contrari alla controproposta di assumerci la gestione delle mense. Autogestendo l'ultimo anello della catena che parte dalla produzio¬ ne, dall'acquisto su un mercato dove operano grosse industrie multinazionali, non si può certo risolvere un problema così complesso». La Firn «non sottovaluta le difficoltà cui si va incontro nel mutare il servizio» ma ritiene indispensabile uno spazio di contrattazione, impossibile nell'attuale sistema. Un «più ampio potere d'intervento» è anche stato chiesto dal segretario nazionale degli alimentaristi, Ferruccio Pelos, per conto del lavoratore-consumatore, vale a dire per chi confeziona i pasti. Secondo Scapino bisogna poi tenere presente che proprio «partendo da una rigorosa organizzazione delle mense, si possonoprogrammare i settori zootecnico e agricolo con la garanzia di uno sbocco di mercato, anche per ridurre le importazioni di alimenti». Carlo Novara

Persone citate: Carlo Novara, Corrado Scapino, Dealessandri, Scapino, Schiavazzi, Tom Dealessandri