Libri, teatro e canzoni continua il boom dei poeti di Giampaolo Dossena

Libri, teatro e canzoni continua il boom dei poeti COME CAMBIA UN FENOMENO CULTURALE Libri, teatro e canzoni continua il boom dei poeti MILANO — La canzone più famosa del '68, inteso co-, me anno, fu Vengo anch'io no, tu no. Arrivò al primo posto di Hit-Parade. Il ritornello si lesse come citazione d'apertura a I giorni del dissenso di Giorgio Cesarano, che fu il primissimo libro, un romanso-saggio, sul '68, inteso come movimento. Le parole dì Vengo anch'io - no, tu no avevano avuto una storia di varianti e di stesure successive, come tutti i testi che si rispettano. La prima stesura era dovuta a un uomo di teatro che è anche uno scrittore già accolto dalle storie letterarie, Dario Fo, e diceva cose di questo genere: «Si potrebbe andare tutti insieme nei mercenari / giù nel Congo di Mobutu e farci arruolare, poi sparare contro i negri col mitragliatore: / ogni testa danno un soldo per la civiltà». La seconda stesura, quella che si ricorda' ancora, è di Enzo Jannacci, che la cantava con quella sua vocetta straziante, e ha un tono molto diverso: «Si potrebbe andare tutti quanti al tuo funerale...». Il testo di Fo era farsa ideologica, propaganda da sinistra tradizionale. Il testo di Jannacci è puro non-senso, umorismo assurdo, surrealista. Il ragazzo che grida Vengo anch'io e viene respinto, nel testo di Fo è un cretino da barzelletta. Nel testo di Jan- nacci è un disadattato cronico, un precario in fasce, un escluso, un modello di emarginazione. Queste considerazioni scanzonate, queste informazioni puntigliose, si leggono in un saggio premesso da Gianfranco Manfredi alle Canzoni di Enzo Jannacci, pubblicate recentemente dall'editrice Lato Side, in una collana che vende con successo, nelle edicole, libri analoghi, di Guccini, De André, Battisti, Dalla, Gaber, ma anche di Bob Marley, di Patti Smith e, a un altro livello, di Alien Ginsberg. Gianfranco Manfredi è un ex assistente di filosofìa alla Statale di Milano, attualmente cantautore e sceneggiatore cinematografico. Sul '68 e anni seguenti sa molte cose, politiche e di costume, dall'interno. Parliamo dì Castelporziano - Ostia dei poeti, il film di Andermann recentemente trasmesso in tv a un anno di distanza dalla kermesse. La ragazza del Sud che vorrebbe tenere il microfono per dire le sue poesie è un'ennesima macchietta che va belando «Vengo anch'io», vedendosi esclusa dalla società letteraria e non solo letteraria. Che il '68 sia stato un anno importante, almeno per la storia della poesia, è la tesi di base dell'antologia Poesia degli Anni Settanta pubblicata da Feltrinelli per il Natale dell'anno scorso a cura di Antonio Porta. Un'antologia che i poeti e i critici deZJ'establishment hanno preso tutti sul serio, pur discutendo certe inclusioni e certe esclusioni, ma che altri hanno dispettosamente respinto, in blocco, accusandola di «paternalismo». L'antologia parte dallo «spirito del '68», connotato dal «bisogno di creatività» della «cultura giovanile», ma, secondo Manfredi, si dovrebbe tener presente un'altra data, il '76, quando Re nudo, la rivista underground (di cui l'uomo della strada vide solo i 'manifesti repellenti sui muri delle grandi città), inaugurò una rubrica intitolata «Poesia e movimento». Di lì poi venne la grafomania delle lettere a Lotta continua, che furono raccolte in un volume, Care compagne, cari compagni, nel '78. L'episodio culminante fu un secondo libro, intitolato Che idea, morire di marzo, pubblicato a Milano sempre nel '78. A Milano, in una strada di mezza periferia, la sera del 18 marzo 1978 erano stati uccisi due ragazzi, Fausto e Jaio. Nei giorni seguenti, sul luogo del delitto, furono lasciati da altri ragazzi, fiori, regalini, un cioccolatino e tante poesie. Poesie che erano ancora un po' politiche, di «contestazione» (però non si diceva più così), ma prevalentemente erano d'amore, di malinconìa, di emarginazione. Si era riscoperto «il privato». Nell'autunno del '78 infine l'editore Savelli, nella collana «Il pane e le rose» (dove era uscito nel '76 il best-seller Porci con le alti pubblicò un terzo libro intitolato Dal fondo - La poesia dei marginali. Qui sulle poesie di bambini, donne, operai, militanti, prevalevano ormai (secondo le classificazioni della presentazione editoriale) «eroinomani, pazzi, prostitute e prostituii», poeti che «si situano volutamente fuori dall'istituzione letteraria e dai suoi miraggi di promozione sociale». C'è un famoso verso del poeta e romanziere Nanni Balestrini che dice: «I giovani escono dalla fabbrica e entrano nello spettacolo». Nell'epoca dei mezzi di comunicazione di massa, lo spettacolo è orchestrato. Del bisogno di «creatività» dei «marginali» si accorgono, dopo l'editore Savelli, riviste come Confidenze e Due più, che organizzano concorsi di poesia tra i loro lettori. Questi lettori verosimilmente non sono una massa del tutto estranea alle esperienze post-sessantottesche. La testata originale di Confidenze era Confidenze di Liala, e ancor oggi il massimo smercio dei romanzi rosa di Liala si ha non tra le signore del Sud, ma tra i giovani del triangolo industriale. Di fatto anche a Due più e a Confidenze arrivano valanghe dì poesie, poche di contestazione, molte d'amore e di malinconia. Autori: 39 per cento studenti, 45 per cento lavoratori, 16 per cento casalinghe e disoccupati. Il 57 per cento ha meno di vent'anni. ■ E quando lo spettacolo esce dai circuiti della «controinformazione» (Lotta continua ieri, Re nudo l'altro ieri) ecco che scattano le discriminazioni professionali. «Da un punto di vista letterario il risultato è piuttosto deludente», ha dichiarato Vittorio Sereni, dopo aver accettato di far parte della giuria di Due più. La professionalità si fa spirito di corpo, come dice l'inno di Mameli, «stringiamei a coorte». Nasce nel '79 a Milano la «Società di poesia», con uno statuto nettamente antidilettantesco. Nasce nell'80 a Roma il Movimento di poesia, il cui presidente Maria Luisa Spazianì è ricevuto al Quirinale dal presidente Pertini. I critici e i professori tengono un convegno a Cagliari nell'aprile scorso su «Oralità e scrittura nel sistema letterario», anche per prendere le distanze dalle mode che i giovani hanno imparato dall'Oriente di Evtuscenko o dall'Occidente di Ginsberg. Sono lontani gli anni in cui Arnoldo Foà leggeva Lorca con accompagnamento di chitarra. A maggio esce un libro di Giulio Stocchi, Compagno [poeta (Einaudi). Stocchi come poeta è in pista da molti anni e culturalmente non è un marginale, fa il traduttore, una sua poesia intitolata «Il posto di lavoro non si tocca», sui licenziamenti degli operai dell'Innocenti, in Piazza del Duomo a Milano, a conclusione di un comizio di Luciano Lama, fu applaudita da centomila manifestanti, ma di Giulio Stocchi, ultimo erede del '68, non parla nessuno e lui si lamenta violentemente dell'ostracismo che gli riservano «i professori». Sono tutti episodi slegati, o c'è un nesso? Chiediamo cosa ne pensa Franco Fortini, poeta non dimenticato da nessuna antologia, traduttore di Brecht e Eluard, di Goethe e Proust, e da sempre, fin dai tempi del Politecnico, di Vittorini, «ospite ingrato» fra gli intellettuali di sinistra. «C'è stato negli ultimi anni, dice Fortini, un fenomeno importante, di giovani che scrivevano poesie e se le leggevano fra loro non per ambizione provinciale, per vedersi pubblicati, ma per un tentativo di identificazione: qualcosa a mezzo fra una forma di comunicazione generica e una autocoscienza di gruppo. Da un anno almeno, con certi libri e con certe organizzazioni, i grandi managers dell'editoria, quelli che controllano il gusto, hanno fatto una serrata del Maggior Consiglio cercando di scremare i veri talenti, rinunciando alla vitalità indifferenziata, al tumulto, tornando alla ricerca di certe qualità letterarie. Ciò avviene secondo varie tendenze di scuola, s'intende, ma il tempo del "se puoi scrivere, puoi scrivere poesie" è in chiusura. Io leggo moltissimi manoscritti, e trovo che il livello tecnico medio di questi giovani sconosciuti che scrivono poesie è piuttosto alto; le loro componenti culturali sono stralunate, fuor dagli incroci battuti. Il fondo sociale non si trova. Uscirà adesso da Einaudi una raccolta intitolata "Nuovi poeti italiani", di cui mi sono occupato, e credo che varrà la pena di leggerla attentamente». All'Einaudi dicono che 11nUnativa potrebbe prendere .una cadenza annuale, analoga a quella dell 'Almanacco dello specchio di Mondadori, chiuso il capitolo del '68, chiuso il capitolo del '76, la storia continua. Giampaolo Dossena

Luoghi citati: Cagliari, Congo, Milano, Mobutu, Roma