E' tornata per un giorno la leggenda di Michelangeli di Giorgio Pestelli

E' tornata per un giorno la leggenda di Michelangeli Un concerto di beneficenza a Brescia in memoria di papa Paolo VI E' tornata per un giorno la leggenda di Michelangeli BRESCIA — Grande folla, molta attesa ieri sera dinanzi al Teatro Grande per il ritorno di Benedetti Michelangeli. Tutti i posti esauriti da settimane. Il botteghino ha aperto alle 19,45, tra l'impazienza di chi faceva coda per ritirare i biglietti prenotati. Prezzo d'entrata, cinquantamila lire. Il ricavato del concerto, in memoria di papa Paolo VI, per volere del pianista andrà a favore dei profughi vietnamiti e cambogiani. Per sé Benedetti Michelangeli non ha chiesto nulla, ha suonato senza accettare una lira. Niente da eccepire sullo scopo, ma qualcuno specie tra i giovani mormorava perché il costo era alio. Senza proteste clamorose, attraverso cartelli e volantini, c'è stata una civile e educata contestazione del comitato bresciano dell'Arci, per il prezzo considerato accessibile soltanto a un uditorio d'elite. Arturo Benedetti Michelangeli è nella leggenda da sempre, fin dal 1939 quando a diciannove anni vinse il concorso di Ginevra e Alfred Cortot (dietro una tenda, perché la giuria non doveva vedere i candidati) lo salutò con le parole «è nato un nuovo LiszU. In realtà era nato appunto Midielangeli, unico, diverso e. lontano da tutti, da Liszt non meno che da Cortot, Rubìnstein, Backhaus; forse Rachmaninof era il modello più simile. Per nessun altro protagonista del mondo mztsicale moderno si può parlare di separazione e indipendenza fra la personalità pubblica e quella privata e professionale: tutti santio qualdie aneddoto su Midielangeli, tutti hanno letto dei concerti annullati, della passione per le automobili, del guardaroba francescano e altre bizzarrie; ma quando si chiude nella sua sfera tecnica Midielangeli è l'artista più rigoroso, intransigente e assoluto die sia pensabile; la sua grandezza riposa su ragioni apparentemente semplici, classiche, sui principli comuni della fedeltà al testo, dell'onestà e della chiarezza interpretativa; nessuna estrosità, nessuna posa eccentrica, una parete liscia, la punta di un iceberg die lascia intuire una regione profonda di esperienze vulcaniche. Le accuse di divismo spesso rivoltegli sono del tutto immotivate: riguardano infatti l'immagine pubblica, diffusa su giornali e rotocalchi, non quella professionale, di una adamantina, imbarazzante serietà. Chi più ama Michelangeli più si irrita con lui: perché suona così poco? perclié incide pochi dischi? perché suona sempre le stesse cose? sono tutte domande che muovono dalla prospettiva dell'«industria culturale» alla quale Michelangeli è affatto estraneo; in questo consiste la sua sublime inattualità. E' dell'estate 1968 il dissesto con la progettata casa discografica bolognese che ha spinto il pianista all'esilio: da allora non lux più suonato in Italia per nove anni, cioè fino alla primavera del 1977 quando scese a Roma per la Crocerossa. E'vero, si era in Vaticano, ma la sala Nervi con i suoi ottomila posti consenti a tutti di ascoltarlo; se quella serata memorabile segnò il suo ritor¬ no in Italia, il concerto di Brescia ha un valore umano ancora più promettente. Brescia è la sua patria (che lo chiama «Ciro»), a Brescia era nato quel Festival pianistico intitolato al suo nome die ha creato nella città una passione per il pianoforte paragonabile a quella per il caiito nelle terre emiliane. Dinu Lipatti era l'unico pianista che i bresciani gli mettevano vicino: «Il Ciro è ormai solo» dissero in molti quando Lipatti si spense prematuramente nel 1950. Un grande sogno si è compiuto per Brescia con il concerto di ieri sera; e non possiamo impedirci di sperare che l'occasione si rinnovi, chissà quando, chissà come, in altre contrade del nostro Paese. Giorgio Pestelli

Luoghi citati: Brescia, Ginevra, Italia, Roma