Le buone cose dell'Italietta

Le buone cose dell'Italietta LA MOSTRA «ROMA 1911» Le buone cose dell'Italietta ROMA - Rivalutare l'«Italietta» di Giolitti ripugnava ai fascisti e imbarazza i marxisti: eppure, la mostra, che si è inaugurata nei giorni scorsi. «Roma 1911». suscita un innegabile riconoscimento al merito. «Canto del cigno della borghesia», così definisce Enzo Forcella, in un'intervista, l'iniziativa ambiziosa che vide convenire nella capitale espositori di tutto il mondo Furono collocati nel nuovo assetto urbanistico tuttora esistente: l'attuale Valle Giulia, dove il Padiglione delle Arti di allora è 'l'odierna Galleria d'Arte Moderna, sede della Mostra, ospita oggi le Accademie straniere, ed era una campagna a pascolo, il quartiere Mazzini e delle Vittorie era una zona acquitrinosa, che fu colmata con tonnellate di terra, opere discutibili ma maestose, come l'aula di Montecitorio, il Palazzo di Giustizia, il monumento a Vittorio Emanuele, la sistemazione di Piazza Venezia, l'ardito ponte Risorgimento a una sola campata e quello intitolato a Vittorio Emanuele, il restauro di Castel S. Angelo e delle Terme di Diocleziano, l'apertura della via del Muro Torto, la Passeggiata Archeologica, ecco le non effimere realizzazioni di quell'anno-prodigioso per chi oggi, nonostante il progresso tecnico, vede trascinarsi per anni lavori costosissimi e spesso inutili Con l'Esposizione Universale si volle solennizzare il cinquantenario del Regno d'Italia (1861-191 (i a Torino e a Roma, e chiamare il mondo a constatare quanto aveva fatto la giovane nazione. Era l'anno dell'impresa libica, del suffragio universale, delle nazionalizzazioni, il governo tentava di conciliare rivendicazioni sociali e suggestioni imperialistiche in uno sforzo comune di ascesa nazionale: un momento fervido e complesso, nel quale la sorprendente espansione dell'industria accentuava l!artetratezza della vita contadina. La cultura oscillava tra un populismo umanitario alla De Amicis e l'individualismo sensuale dell'eroe dannunziano; le istanze dei lavoratori si accompagnavano . al proclamato diritto di abbandonarsi al piacere (e anche alla depravazione, in polemica con il modesto perbenismo dei benpensanti), l'intimismo raffinato di un Gozzano e di un Fogazzaro andavano di pari passo con l'accorata denuncia di Verga. C'era in germe tutto quello che maturò poi. nella guerra, nel fascismo: ciò di cui sussistono ancora gli strascichi. La debolezza dell'impianto etico e dottrinario, incapace di sostenere sia l'impatto delle masse nella vita politica sia il crollo dei valori tradizionali, trapela dietro manifestazioni enfatiche e vuote; ma al tempo stesso non si può disconoscere in quegli anni un'ansia sincera di rinnovamento, il pulsare d'un progresso disordinato ma volenteroso. Tutto di questa Mostra, dovuta alla straordinaria capacità coordinatrice di Gianna Piantoni e ai suoi collaboratori, è eloquente: i manifesti che l'annunciavano sono quanto si può immaginare di più kitsch: donne nude ma drappeggiate in accorti panneggi e festoni di rose sembrano intente a intonare i carducciani «cantici di gloria, di gloria, di gloria»; superniai muscolosi alzano al vento torce e bandiere: le figure, nei fregi della Galleria, sono tutte un fremito, come i gruppi marmorei del Ponte V. Emanuele («sembra — dice la Guida del Touring del 1925 — che vogliano gettare corone e fiori su un popolo che avanza in trionfo»): come quelli di bronzo dorato dello schiacciante monumento zuccherino che poi si chiamò E Vittoriale Ma questi nudi eroici, queste floride donne, atteggiati tutti a una tensione sovrumana, contrastano con i volti malarici dei braccianti dell'Agro: ai padiglioni, postiches delle caratteristiche stilistiche delle regioni, fanno amaro riscontro le capanne di legno, coperte da tetti di paglia, identiche a quelle del Lazio arcaico, nelle quali abitavano contadini analfabeti e privi d'assistenza fu allora che furono instaurate, per iniziativa di privati, cattedre e ambulatori nelle comunità agricole. L'esposizione promosse in-novazioni feconde in campo sociale, edilizio e culturale si affermò l'esigenza d'un uso razionale dello spazio, d'una concezione urbanistica che s rivela tanto superiore alla caotica proliferazione dei «palazzinari» del secondo dopoguerra, si affacciò l'uso di materiali precari nelle esposizioni, come il gesso, il ferro, la cartapesta e. al tempo stesso, la ricerca di un'arte nazionale, con funzione educativa, unificatrice Il desiderio di compiacersi delle realizzazioni raggiunte provocò la constatazione delle stridenti disparità, delle lacune La giunta laica di E. Nathan (1907-1911) rappresentava la corrente progressista della città e il volto mazziniano del Risorgimento, quello in cui il Risorgimento appariva meno tradito Roma doveva simboleggiare il faro della cultura e dell'arte italiana, mentre Torino nello stesso anno esponeva il livello raggiunto dalle attività economiche: fu il trionfalismo prematuro d'una nazione in via di sviluppo. In seguito, di quelle premesse essa adottò sconside ratamente le più antistoriche preferì Sorel a Croce, e. della riesumata romanità, celebrò li spada più che la toga e. anzi che la Curia, la Decima Legio Lidia Storo ni

Persone citate: De Amicis, Enzo Forcella, Fogazzaro, Giolitti, Sorel, Verga

Luoghi citati: Italia, Lazio, Roma, Storo, Torino