Se l'«art director» si ritira in Chianti di Giorgio Soavi

Se l'«art director» si ritira in Chianti Se l'«art director» si ritira in Chianti Giorgio Soavi: ..Sogni di gloria.., ed. Rizzoli, pag. 132, lire 6000. Giacometti, Sutlierland, Folon, De Chirico, Guttuso: la fertile vena scrittoria di Giorgio Soavi (ventisette titoli in trent'anni) si è spesso nutrita della frequentazione di pittori congeniali, e li ha saputi interpretare attraverso una lettura congiunta della vita e delle opere, in cui l'affinità ha funzionato da propellente critico. Ultimo fra i ritratti d'autore di Soavi è quello di Leo Lionni: un ritratto in cifra, in bilico tra biografia e autobiografia, se è vero che il libro si presenta come un romanzo, il protagonista si chiama Paul, e forse assomiglia più a Soavi che a Lionni. Del vero Lionni si sa che è olandese d'origine, e ha lavorato per trent'anni negli Stati Uniti: acclamato art director del gruppo Time Life, rabdomantico scopritore di talenti, Ziegfield del design, amico di Ben Shahn, Calder e Steinberg; ma anche ar¬ tista in proprio, poeta-inventore di alcuni tra i più straordinari libri per bambini che siano mai stati prodotti. Il Paul di Soavi è un affascinante personaggio conradiano, che ha il fisico dell'attore Peter Finch e lo charme intellettuale del poeta Lowell: un adolescente di cinquantanni che continua a inseguire sogni di gloria, sempre alla ricerca di un lavoro nuovo in cui inverarsi, con una gran fame di vita e di amicizie, in un gran bollore di progetti. Vive in case di inconfondibile grazia, in cui accumula i tesori di artigiani di ogni Paese; è capace di «parlare» con un pezzo di legno, un tappo di bottiglia, il seme di una bacca, un rottame contorto; al contrario degli «artisti laureati», predilige montalianamente i relitti dì una materia che proprio nel suo abbandono sembra sprigionare l'aroma delle sue armonie. Ed ecco che, proprio all'apice del successo, Paul decide di lasciare l'America, di tornarsene in Italia, di nascondersi nei più francescani anfratti del Chianti. C'è qualcosa, nel sistema mercantile americano, che gli ripugna: forse la mercificazione forzata, forse la sordità dei collezionisti, che acquistano arte soltanto per esibire agli amici il loro status di nuovi ricchi. O più semplicemente vuole più tempo per sé. Dopo trent'anni, Paul cerca ancora la propria identità. Se si interessa di botanica, con la passione lenticolare di un Durer, è perché le radici non sono soltanto l'elemento essenziale di una pianta, ma la metafora più importante della sua vita. Armato delle sue matite, Paul insegue l'ombra acquattata dietro un sasso, o il procedere sinusoidale di un bruco. E' un «Giulio Verne alla scoperta di una vita che non si era ancora mai vista»; o piuttosto di una vita che non sappiamo più vedere, quella che è codificata nelle nervature di una foglia. Non tutto è ottimistico idillio, nel ritiro chiantigiano: è chiaro che Paul non vuole affatto tirare i remi in barca, ma mettere se stesso a nuove prove, accentuando il rischio e la scommessa. Quello che impara, o che inventa, seguendo tracce di animali, o compitando la vita del bosco, 6 una sorta di neo-umanesimo capace di «raccontare il senso magico della vita». Soavi ha una sorprendente capacità di mimare i procedimenti mentali da cui scatta, ignota a se stessa, l'invenzione artistica. Non c'è associazione di immagini, trasalimento, desiderio, appetito, odore o sapore di cui gli sfugga la funzione alchemica in quella trasmutazione di materia che è il manufatto dell'artista-artigiano. I suoi «interni» di laboratorio hanno la febbrile concretezza di chi è abituato a viverci da sempre. Da dove nasce questa capacità di adesione? Probabilmente dal fatto che per Soavi la vera arte non è una questione di gusto o di sensibilità, ma un metodo di percezione, un sistema filosofico per spiegare il mondo. Per questo alla fine il lettore che lo ita seguito comincia a capire cosa vuol dire un bruco, una foglia, una bacca. Ernesto Ferrerò

Luoghi citati: America, Italia, Stati Uniti