Madrid: grande sfida alle Cortes di Aldo Rizzo

Madrid: grande sfida alle Cortes LA NUOVA DEMOCRAZIA IN SPAGNA DAL CONSENSO AL DISSENSO Madrid: grande sfida alle Cortes Sulla sfiducia al premier Suarez e sulla proposta di sostituirlo col leader socialista Gonzalez si è avuta la prima battaglia parlamentare dalla caduta della Repubblica, 40 anni fa - Gli spagnoli l'hanno seguita per radio e tv con partecipazione quasi sportiva - Si è aperto cosi il dibattito tra le forze politiche, ma resta da vedere con quali prospettive e quali rischi DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE MADRID — Mercoled' pomeriggio, mentre Sandro Pertìni, dall'aeroporto di Barrajas, partiva per la parte privata del suo viaggio, nel vecchio palazzo delle Cortes, cheora ospita il «Congreso de los diputados», cioè la Camera, cominciava un rito inedito per la giovane democrazia spagnola. Proprio la presenza del Capo dello Stato italiano a Madrid ne. aveva provocato un breve rinvio. Pertini si era recato quella stessa mattina a portare il suo saluto al Parlamento, applauditissimo come al solito, e il presidente del «Congreso», Landelino Lavilla, ne aveva ricordato i precedenti come presidente della Camera, affermando poi che la Spagna stava riscoprendo ora, passo dopo passo, le battaglie parlamentari. Quella che stava per cominciare era là prima autentica, e il pubblico spagnolo l'avrebbe seguita per radio e televisione con una partecipazione quasi sportiva. 1 giornali ne avrebbero riferito le fasi salienti con una straripante abbondanza di dettagli. Detto in breve, e in parole modeste, non si trattava altro che di una mozione di sfiducia (o, come qui si chiama, di censura) al governo Suarez. Ma l'eccitazione degli spagnoli diventava comprensibile pensando al fatto che, per la prima volta in più. di quarantanni, cioè dalla caduta della Repubblica, l'autorità del governo veniva sfidata nei modi democratici e pubblici di un regime parlamentare. Per la maggior parte degli spagnoli era una novità assoluta nella loro vita. Non solo: come saggiamente prevede la nuova Costituzione, la mozione di censura conteneva in se stessa una candidatura alternativa alla guida del governo, ed era quella del giovane leader socialista Felipe Gonzalez, cosicché c'erano anche gli elementi di un confronto personale. Infine, si trattava di vedere come il meccanismo della nuova democrazia spagnola avrebbe retto al suo primo test conflittuale, dopo il tacitò o esplicito consenso della straordinaria transizióne indólór&ddi fascismo alla libertà. Ora cominciava, scriveva El Pais, la «etapa del desconsenso». Com'era prevedibile, la mozione di censura non ha ottenuto i voti necessari per so- stituire Suarez con Gonzalez nell'ufficio della Moncloa, anche se ha confermato l'indebolimento del governo centrista, già manifestatosi in più riprese negli ultimi tempi, tra le sconfitte elettorali nelle elezioni regionali e un controverso e tormentato rimpasto interno. Ma il dibattito è stato all'altezza delle attese, con accesi duelli oratori, come quello tra Suarez e il leader comunista Carrillo, che tuttavia non hanno • mai superato un certo limite, non hanno mai eluso le regole del gioco. Gli spagnoli che hanno ascoltato la trasmissione in diretta alla radio o hanno seguito per tre sere, sino a ore tardissime, la registrazione integrale in tv, non sono rimasti delusi. Insomma, la fase del dissenso, vitale per ogni democrazia, ma pericolosa per quelle fragili o non ancora sperimentate, si è avviata senza traumi gravi. Ciò che ora è da vedere è quali prospettive si aprano, in generale, al quadro politico spagnolo e alle forze che lo compongono, e quali rischi residui si annidino in un gioco che è comunque complesso, in un Paese che esce pur sempre da un passato di drammatiche lacerazioni: La prospettiva più generale è quella di un'alternanza al potere, di tipo «europeo», ma finora poco «latino», tra la grossa coalizione di opinioni e d'interessi moderati, che è la «Union del centro democràtico» di Adolfo Suarez, e un cartello progressista, do- minato dal «Partido socialista obrero espaAol» di Felipe Gonzalez. Questa prospettiva è stata sempre presente fra i socialisti, anche nella fase del consenso più o meno generalizzato e più o meno dichiarato, ma era, naturalmente, relegata sullo sfondo, come un disegno di lungo termine. Ora diventa un obiettivo concreto e immediato. Le prossime elezioni sono previste per il 1983, ma Gonzalez non esclude di poter sostituire Suarez prima (nonostante questo primo insuccesso, peraltro quasi scontato). In che modo? Erodendo la maggioranza dell'Ucd e possibilmente sottraendole la componente socialdemocratica (che con quelle liberale e democraticocristiana, più gruppi indipendenti di tendenza tecnocratica, danno vita al partito di Suarez). In questo, i socialisti contano su un certo ripiegamento a destra dell'Ucd (che essi del resto si sforzano dì favorire) e sull'insoddisfazione appunto dei socialdemocratici, manifestatasi apertamente in occasione del recente rimpasto governativo. C'è però il problema dei rapporti col partito comunista. Con i suoi 23 deputati, contro i 166 dell'Ucd e i 121 del psoe, il pce è una forza parlamentare relativamente modesta, ma è comunque la terza e ha dalla sua il legame diretto con le potenti «Comisiones obreras». La strategìa di Carrillo è di tipo berlingueriano, cioè per una sorta di «compromesso storico», e mal si adatta ai disegni di alternativa dei socialisti, anche se la mozione di censura a Suarez è stata decisamente appoggiata dai deputati comunisti. In altre parole, il pce è per l'unità delle sinistre, ma in un ambito strategico più ampio: e infatti, pur nella polemica dura con Suarez alla Camera, Carrillo ha prospettato l'eventualità di future convergenze. D'altra parte, l'evoluzione «eurocomunista» del pc spagnolo, seppure di grande rilievo, non ha certo risolto tutte le questioni che essa stessa pone. E, sommandosi inevitabilmente con i ricordi degli anni bui e della grande frattura nazionale, questa constatazione mette in una certa luce, agli occhi di molti spagnoli, la prospettiva di un'alleanza di governo tra socialisti e comunisti. E' ba¬ stato l'appoggio parlamentare del pce alla mozione di Gonzalez perché si agitasse, dai banchi governativi, lo spettro del fronte popolare. Carrillo è consapevole di queste paure e ciò spiega la sua prudenza strategica. Gonzalez, d'altro canto, pensa di poter eludere questo problema, almeno in prospettiva, definendo i rapporti tra il psoe (e i suoi eventuali alleati minori) e il pce in termini tali da rassicurare il fronte moderato, contemporaneamente premendo da posizioni di forza sui comunisti perché portino a termine una definitiva evoluzione democratica. Il progetto riuscirà? Esso merita certo ogni interesse, ma è anche un grosso punto interrogativo sul futuro della democrazia spagnola. Non è il solo. Un altro riguarda la tenuta dell'unione centrista. Se davvero (magari al prossimo congresso, che si terrà in ottobre) l'ala socialdemocratica si scindesse, potrebbe avviarsi un processo non necessariamente di riaggregazione, ma piuttosto di frammentazione delle forze politiche: un pericolo dal quale un Paese come la Spagna, più di ogni altro, deve difendersi con ogni possibile vigore. Altri punti interrogativi riguardano lo sviluppo delle autonomie locali. Gonzalez punta a uno Stato semi-federale, in cui tutte le regioni che lo desiderino e non solo le nazionalità storiche, come la Catalogna, il Paese basco e la Galizia, abbiano un proprio statuto e propri poteri. Disegno anche questo ineccepibile, ma che potrebbe scatenare qualcosa dì diverso, in un Paese che è anche un mosaico di particolarità e di particolarismi. Già ora le au tonomie speciali (e non solo quella basca, anche le altre) sono un problema che non si arriva a chiudere. E poi ancora ci sono le questioni oggettive, di tipo sociale ed economico, che vanno dal terrorismo (che, per avere una base identificabile nel separatismo basco, non è certo meno pericoloso e diffuso) alla situazione economica, con una disoccupazione pari quasi al dieci per cento della forza-lavoro e un'inflazione che si fatica a tenere sotto il venti per cento. La «democrazia conflittuale» è cominciata.bene in Spagna, in carattere con la straordinaria prova di maturità che questo Paese ha offerto al mondo, dalla morte di Franco in poi. Le prospettive generali sono, tutto sommato, da considerare positive, tenendo anche conto di vari fattori (che mancano, per esempio, in Italia), come una certa ingegneria costituzionale e il notevole rinnovamento del personale politico. Ciò non toglie che anche ì veri problemi, per la Spagna, comincino solo ora. Dunque, tanto interesse per una mozione di sfiducia era davvero giustificato. Aldo Rizzo Madrid. Il primo ministro spagnolo Adolfo Suarez (a sinistra) leader dell'Unione di centro c il socialista Felipe Gonzalez