Confermate quattro condanne a vita così si conclude la tragedia Mazzoni di Remo Lugli

Confermate quattro condanne a vita così si conclude la tragedia Mazzoni La Cassazione ha respinto tutti i ricorsi degli imputati Confermate quattro condanne a vita così si conclude la tragedia Mazzoni Mantenute le pene, da 20 a 30 anni, per altri 7 implicati - Lo zio della giovane vittima commenta: «La sentenza colpisce precise responsabilità che, normalmente, non vengono individuate» ROMA — Ultima, definitiva parola sul processo per il sequestro e la morte di Cristina Mazzotti: la Corte di Cassazione ha rigettato tutti i ricorsi presentati contro la sentenza del 13 luglio '79 della Corte d'Assise di appello di Torino, che aveva riformato quella di primo grado della corte d'Assise di Novara del 23 novembre '76. Le condanne sono quindi definitive: quattro ergastoli, a Giuliano Angelini, Libero Ballinari. Gianni Geroldi, Achille Gaetano; 30 anni a Francesco Gattini e Nino Giacobbe: 25 a Loredana Petroncini e 18 a Rosa Cristiano (questi ultimi erano altri quattro ergastoli per la corte d'Assise di Novara); 28 anni a Bruno Abramo e Alberto Menzaghi; 25 a Giuseppe Milan; 20 a Vittorio Carpino; 3 anni e 8 mesi a Luigi Gnem- mi; 2 anni condonati ad Alberto Rosea. L'importanza del processo è dimostrata dal fatto che la Corte vi ha dedicato due lunghe udienze, mentre, ad esempio, prima d'iniziarlo, giovedì mattina, nel giro di un quarto d'ora aveva sbrigato otto casi giudiziari. La Cassazione, come è noto, discute soltanto sul diritto e molti difensori, invece, vorrebbero entrare nel merito dei fatti. E' accaduto anche in questa circostanza, ma, è ovvio, inutilmente. In aula erano presenti, non gli imputati che non sono ammessi, ma alcuni loro congiunti, la moglie di Gattini, ad esempio, e la sorella di Menzaghi. Immancabile, naturalmente, Eolo Mazzotti, zio di Cristina, che non era mai mancato ad alcuna udienza nelle varie e lunghissime fasi processuali, prima a Novara e poi a Torino. Per primi hanno parlato gli avvocati di parte civile: Lozzi di Torino, sugli aspetti processuali relativi ai vari ricorsi della difesa; Smuraglia di Milano, sul diritto sostanziale, soprattutto per il nesso di casualità e l'omicidio indiretto o dolo eventuale, sul quale i difensori cercavano di aprire delle brecce; Pecorella, riportando in diritto gli elementi di confutazione critica mossa dai difensori nei confronti della sentenza di Torino per le varie posizioni. Il sostituto procuratore generale Scopelliti ha esordito dicendo che parlava perché quello era il suo ruolo, ma non avrebbe dovuto aggiungere alcuna parola a quanto sostenuto con tanto rigore, chiarezza e puntualità dalla parte civile. Con la sentènza della Cassazione vengono fissate in maniera irreversibile non solo le condanne, ma anche i vari ruoli che gli imputati ebbero nella tragica vicenda. I difensori di Giacobbe avevano sempre sostenuto, e ancora qui a Roma insistevano, che il loro assistito non era il boss mafioso del «processo» nell'uliveto che aveva «giudicato» Angelini, esponente della parte lombarda della banda, perché aveva causato la morte di Cristina. Giacobbe, dunque, è il boss che dal Sud muoveva le fila del sequestro; come Gattini era il suo braccio destro, venuto su a un certo punto per prendere in mano le redini dell'operazione; e Menzaghi il finanziatore, Angelini capo carceriere, Achille Gaetano gestore del sequestro come calabrese trapiantato al Nord ; e via di seguito. Ora che la vicenda processuale è conclusa chiediamo al dott. Eolo Mazzotti un suo commento. «Non mi persuadono alcune cose delle due prime sentenze: ad esempio che Menzaghi non abbia avuto l'ergastolo, die la Peloncini sia passata dall'ergastolo a 25 anni, la Cristiano dall'ergastolo a 18 anni e Menzaghi da 30 a 28 anni. Ma il problema non è tanto nell'applicazione delle pene dei singoli personaggi, qualche anno in più o in metto non conta. Quello che a me interessa è che la senten¬ za colpisce precise responsabilità; mi interessa die il lavoro degli inquirenti abbia consentito di risalire per la prima volta a responsabilità che normalmente non vengono individuate; mi interessa die personaggi non solo protetti, ma anclie con responsabilità all'interno della organizzazione mafiosa siano slati individuati, acciuffati e condannati». Eolo Mazzotti, che in questi giorni esce dal suo guscio di cittadino candidandosi come indipendnete nella lista del pei per le comunali di Milano '«Voglio dare mia testimonianza nel momento in cui la maggior parte della gente si chiude in se stessa per paura, disinteresse e incapacità di continuare a credere nelle istituzioni») vuole anche esprimere un elogio alla magistratura. «Con questa sentenza — dice — la magistratura Ita sostanzialmente confermato quel lavoro così appassionato, sofferto, travagliato die avevano condotto i giudici di Novara e di Torino». Remo Lugli