Spero che facciano giustizia dice la vedova di Terranova

Spero che facciano giustizia dice la vedova di Terranova Dopo aver appreso dell'incriminazione del boss Luciano Liggio Spero che facciano giustizia dice la vedova di Terranova La signora Giovanna Giaconia si è subito costituita parte civile -11 nu so assieme all'agente di scorta da tre killer, sotto casa a Palermo, il agistrato venne ucci25 dicembre scorso DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PALERMO — «Spero che facciano davvéro giustizia», ha detto Giovanna Giaconia, la vedova di Cesare Terranova, dopo aver appreso dell'incriminazione di Luciano Liggio. Si è subito costituita parte civile, assieme alla suocera e ai due cognati. Il capomafia di Corleone è stato formalmente accusato dell'uccisione del magistrato ex deputato della sinistra indipendente e del maresciallo di ps Lenin Mancuso che da più di dieci anni scortava il giudice. La signora risiede ancora nell'alloggio di via Mario Rutelli, la strada in cui il 25 settembre tre killers uccisero il magistrato e l'agente. «Non posso entrare in dettagli. So molto poco, ansi quasi niente — afferma la vedova del co¬ raggioso giudice che era stato vicepresidente della commissione parlamentare antimafia — mi hanno solo comunicalo dalla questura che a Reggio Calabria il Procuratore ha incriminato Liggio». Il nome del boss di Corleone fu sulla bocca di tutti a Palermo subito dopo il duplice omicidio preceduto di appena un paio di mesi dalla barbara esecuzione del vicequestore Boris Giuliano. Liggio odiava Cesare Terranova che, quando era stato giudice istruttore a Palermo sul finire degli Anni Cinquanta e agli inizi del 1960, era stato il suo implacabile accusatore. L'affronto peggiore Liggio fu costretto a subirlo proprio nella «sua» Corleone, il giorno in cui Terranova ordinò che una cinquantina di fedelissimi del «boss» sfilassero in catene nelle vie del centro. Il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Carlo Bellinvia, che la Cassazione incaricò dell'istruttoria sul delitto Terranova-Mancuso, e che ha firmato l'ordine di cattura a carico di Liggio, non ha rilasciato dichiarazioni. «C'è il segreto istruttorio e vogliamo rispettarlo», ha detto ieri pomeriggio l'ufficiale dei carabinieri che più d'ogni altro negli ultimi tempi ha spiato le mosse dei «liggiani». Non ripresentatosi nelle elezioni di un anno fa, nel giugno 1979, dopo una legislatura e mezzo (quella incompleta fu dovuta alle elezioni anticipate) Terranova era sempre rimasto più giudice che politico. La politica la coltivava come un alto mandato affidatogli dall'elettorato, senza concessioni al clientelismo. Raccomandazioni, posti da far avere a parenti e amici, intercessioni, mediazioni: tutto ciò era ignoto a Terranova. Da sempre un po' isolato nel pei, la separazione dal partito (del resto era rimasto indipendente) fu ritenuta inevitabile, scontata. Ma il contributo che Terranova aveva dato alla lotta contro la mafia, alle connessioni misteriose tra politicanti e mafiosi e alla malapianta della corruzione è tuttora un patrimonio da ascrivere all'attivo della Sicilia. Al magistrato assassinato, d'altronde, tutto ciò viene riconosciuto anche da molti esponenti dell'area democristiana. Liggio e Terranova. Il duello si trascinava da tempo. Quando a Milano i militari della Guardia di Finanza l'arrestarono dopo anni di lati tanza, e dopo che aveva messo in piedi un'«Anonima sequestri» allestita con rigore e fantasia (Liggio, diceva Ter ranova, è «una perfetta inente criminale»), il capomafia di Corleone pensò di vendicarsi. Condannato all'ergastolo per l'uccisione dei medici Michele Navarra e Giovanni Russo (il primo era nel 1958 il boss di Corleone dove, oltre a dirigere l'ospedale, presiedeva la sezione della Coltivatori diretti e controllava tremila voti democristiani) Luciano Liggio deve scontare altri 18 anni di reclusione per ('«Anonima sequestri». A Palermo gli investigatori sono convinti di aver localizzato nella borgata Baida la villa dove Leoluca Bagarella luogotenente di Liggio, arrestato nei mesi scorsi dopo più di dieci anni di ricerche, si incontrava con influenti mafiosi della Sicilia occidentale.; Una villa lussuosa, con gran de piscina e piante ornameli tali, in stile hollywwodiano. Vi si svolgevano «summit» di al to livello: lo aveva accertato già il vicequestore Boris Giù liano fiutando la pista dopo aver rinvenuto una fotografia in un covo in cui Bagarella nascondeva quattro chili e mezzo di eroina . r V