Borghi, l'amico dei giapponesi

Borghi, l'amico dei giapponesi Intervista al titolare della Emerson Electronics Borghi, l'amico dei giapponesi FIRENZE — «Se credo nell'avvenire dell'industria italiana dei televisori? Ci devo credere per forza, è il settore trainante del mio gruppo industriale». Questa professione di fede è di Guido Borghi, 35 anni, amministratore delegato della Emerson Electronics che ha due stabilimenti, a Firenze e a Siena, con un migliaio di dipendenti e un fatturato, nel '79, intorno ai 58 miliardi. Ma neanche la Emerson sfugge alle difficoltà che hanno colpito l'industria italiana dei televisori costringendo, ad esempio, la Zanussi e la Indesit a mettere in cassa integrazione parte dei dipendenti. «Anclie noi —dice infatti Borghi — abbiamo circa 150 dipendenti in Cassa nello stabilimento di Siena. E possono aumentare se non si interviene». Intervenire come? E chi deve intervenire? «Deve intervenire il governo per tutelare i nostri prodotti dalle importazioni. In Italia i televisori che entrano sono quattro volte quelli die noi esportiamo». Il mercato italiano dei televisori a colori è «giovane» e in espansione, ma i nostri produttori non riescono a vendere, schiacciati dagli stranieri che riescono a fare prezzi insostenibili, dal contrabbando che si prende una parte sempre più larga di spazio, dagli stessi consumatori che snobbano il «made inltaly». L'Italia ha perduto la guerra dei televisori perché è entrata in campo troppo tardi; mentre da noi si discuteva sull'opportunità di iniziare le trasmissioni a colori, in Germania, in Olanda, in Francia, in Giappone le industrie ac¬ quisivano esperienza e tecnologia; quando Infine il nostro mercato si è aperto vi si sono buttate mettendo alle corde le nostre industrie, che dovevano ancora farsi le ossa sul plano tecnologico e avevano da recuperare le forti spese di avvio della produzione. La Emerson nel novembre del '77 ha cercato una soluzione ai propri problemi in una, joint-venture con 1 giapponesi. Quale giudizio ne dà Borghi? «Un giudizio positivo. Intanto non siamo stati fagocitati, perché la Sanyo ha nella Emerson una partecipazione di minoranza, del 34 per cento. Ma poi abbiamo avuto il grosso vantaggio di poter attingere direttamente alla tecnologia del piit grosso produttore mondiale di televisori; bisogna anche ricordare che la Emerson ha mantenuto i rapporti di know-how con la Emerson americana. E' anche per questo die vendiamo all'estero circa 18 mila televisori l'anno, e in maggioranza proprio in Germania, "patria" del tv-color». La produzione della Emerson si colloca nella fascia medio-alta del mercato e per questo patisce meno lo scontro con le marche straniere. Ma i problemi di fondo restano. L'anno scorso di questi giorni si è parlato molto di fare un consorzio tra produttori italiani; la stessa proposta viene fatta ora dai sindacati., «Non si è mai riusciti ad andare oltre le parole; inoltre non vedo chi possa o voglia fare il leader di questo consorzio; tocdierebbè alla Zanussi, ma è disponibile la Zanussi ad impegnarsi in questa non) semplice Impresa?». Quale potrebbe essere, dunque, la via d'uscita da queste difficoltà, che minacciano ormai seriamente di strangolare l'intero settore? O per caso è ormai troppo tardi per tentare una difesa? «Non è troppo tardi se c'è la volontà politica di fare qualcosa e si è disposti a fare un grosso sforzo finanziarlo. Una strada potrebbe essere quella* di copiare quello che ha fatto la Francia. Qui il governo negli anni scorsi ha affidato alia Thomson-Brandt la "gestione" dell'intero settore, dalla componentistica al prodotto finito, ma con un importante ruolo nella ricerca di base al servino delle imprese minori. Ora la Thomson-Brandt è diventata un'impresa di dimensioni mondiali, con un milione e 700 mila pezzi l'anno, al livello di una Philips, ha una tecnologia di avanguardia, recentemente ha acquisito il controllo della Nordmende e della Saba. Noi per fare questa avremo bisogno di tecnologia, e dovremo importarla, trovando all'estero un partner in grado di fornircela: Vittorio Ravizza

Persone citate: Brandt, Guido Borghi, Thomson, Vittorio Ravizza, Zanussi