Il pm: Fu Lojacono a uccidere Mantakas

Il pm: Fu Lojacono a uccidere Mantakas Chiesta una condanna a 24 anni Il pm: Fu Lojacono a uccidere Mantakas ROMA — Per la pubblica accusa è tutto chiaro e le condanne per i due estremisti di sinistra, fin dall'inizio indicati come i responsabili dell'uccisione dello studente greco di estrema destra Mikis Mantakas, «debbono essere esemplari». A conclusione di una serrata requisitoria, il sostituto procuratore generale Mario Zema ha chiesto la condanna di Alvaro Lojacono a 24 anni di reclusione e la condanna di Fabrizio Panzieri a 20 anni, considerandoli responsabili del delitto avvenuto nella mattinata del 28 febbraio 1975, dopo incidenti tra giovani di opposte fazioni nel «periodo nero» della guerriglia urbana a Roma, subito dopo il rogo di Primavalle nel quale arsero vivi i fratelli Mattei, figli del segretario di una sezione missina. Richieste pesanti, quelle dell'accusa, soprattutto per Alvaro Lojacono che, rimasto latitante per oltre due anni, si era presentato in aula all'apertura del giudizio di secondo grado con fondate speranze di salvezza: il processo in Corte d'assise per lui si era concluso con il proscioglimento, seppur con formula dubitativa. L'ex esponente di «Avanguardia comunista» rischia ora una lunga detenzione, mentre l'altro imputato, condannato a nove anni e mezzo in primo grado per concorso morale nel delitto e poi tornato in libertà, continua ad essere ricercato per la sua militanza nelle «Unità combattenti comuniste». Il dottor Zema non ha esitato à indicare i fatti avvenuti nel febbraio di cinque anni fa come «i primi focolai di quel vasto incendio di violenza che da anni sta seminando terrore e sangue in tutta Italia». Ha ricordato la determinazione mostrata dal giovane che sparò contro il gruppo di coetanei fermi nei pressi della sezione del msi di via Ottaviano e la sua precisa volontà di uccidere. Quel giovane, secondo il rappresentante della pubblica accusa, era certamente Lojacono e lo dimostrerebbero le testimonianze dei tre missini che hanno deposto nei giorni scorsi, confermando il riconoscimento fotografico fatto fin dal giorno successivo alla morte del loro amico, la mancanza di un alibi dell'imputato, ed il suo comportamento successivo, quando egli fugge dall'Italia ancor prima di sapere per quale motivo la polizia decide di perquisire la sua abitazione. Per Panzieri, il dottor Zema si è limitato a pochi accenni, ricordando in particolare come egli fosse certamente tra il gruppo che assaltò la sezione missina: fu arrestato poco dopo, mentre fuggiva dalla zona. Per oggi sono previste le arringhe dei difensori e in settimana la sentenza.

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