Il tribunale di Padova dà ragione a Calogero di Giuliano Marchesini

Il tribunale di Padova dà ragione a Calogero L'inchiesta sul terrorismo diffuso e l'organizzazione delle Brigate rosse Il tribunale di Padova dà ragione a Calogero Respinte tutte le richieste dei difensori: il processo per direttissima agli autonomi andrà avanti - Per la prima volta il pubblico ministero ha parlato della sua inchiesta DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE PADOVA — Oraziana Campanato Rossi, presidentessa del Collegio giudicante, legge una lunga ordinanza con cui vengono respinte, runa in fila all'altra, le eccezioni sollevate dai difensori dei 33 autonomi condotti in giudizio con rito direttissimo dal sostituto procuratore della Repubblica Pietro Calogero. Il tribunale ha deciso di mandare avanti questo processo dopo due ore e mezzo di camera di consiglio. Sono state due giornate di «battaglia» sul terreno della procedura, nella grande aula stipata. Fuori dal Palazzo di Giustizia, si è eretta di nuovo la barriera delle forze dell'ordine, s'è ripetuta la trafila del controlli minuziosi. Di fronte ai giudici, il gruppo folto di aderenti al movimento dell'ultrasinistra chiamati a rispondere dal pubblico ministero di «fatti specifici» dopo il blitz dell'll marzo scorso. E di là della transenna, nel settore riservato al pubblico, una siepe di parenti che cercavano il dialogo con gli imputati. L'altro ieri, all'aprirsi dell'udienza, s'è alzato uno degli accusati, Roberto Ulargiu; ha chiesto di poter dare lettura di una dichiarazione «che non costituisce una turbativa del dibattimento». « Va bene — ha risposto Graziana Campanato Rossi — però prima facciamo altre cose». Ulargiu ha insistito: «E' meglio che diciamo subito, per chiarire la nostra posizione». La presidentessa ha replicato: «Sentiremo poi». Ed ha invitato il giovane a tornare a sedersi. Ma l'episodio non era chiuso. «Visto cìie questa nostra richiesta non viene accolta — ha ribattuto l'imputato — noi vorremmo uscire dall'aula». E Graziana Campanato Rossi: «Come credete; chi vuol restare, resti, chi preferisce andarsene, vada». Così, quasi tutti gli autonomi sottoposti a giudizio hanno infilato l'uscita, in mezzo ad un nugolo di carabinieri, levando il pugno in segnò di saluto e ricévendo uno scroscio di applausi da parte del pubblico. Nel recinto degli accusati, sono rimasti soltanto Marina Nazari, Miriam Mignone ed il marito Andrea. La tensione è durata circa un'ora, poi il gruppo di imputati ha deciso di rientrare in aula. Ed è cominciato il conflitto procedurale, l'attacco serrato dagli avvocati della difesa all'iniziativa del pubblico ministero. La questione era alquanto delicata. Come si sa, una parte del procedimento derivato dall'operazione che nel marzo scorso investì nuovamente l'autonomia padovana è sul tavolo del giudice istruttore, per l'inchiesta formale. L'altro «troncone» di quell'indagine è questo di cui si sta ora occupando il tribunale; Calogero ha ritenuto che ricorressero gli estremi per una «direttissima» in ordine ad episodi particolari, ponendo in primo piano la «battaglia» del quartiere del Portello. Gli avvocati hanno condotto la loro controffensiva ripetendo che questo processo non poteva reggersi in piedi, dato che vi erano connessioni con un'istruttoria in corso; i 'legali chiedevano quindi che il dibattimento fosse sospeso, in attesa di una decisione «unitaria» dei magistrati dell'Ufficio istruzione. «£" evidente — ha detto l'avv. Battello — l'esigenza di altri accertamenti. Ed è altrettanto chiaro die si determinano interferenze nei due procedi¬ menti. Insisto, dunque, perché vi sia un esame globale, nell'ambito del quale a ciascuno sia dato il suo». Di rincalzo, l'avv. Storioni: «Insomma, qui bisogna che tutte le carte vengano messe sul tavolo». E un altro difensore, Magnacco, ha proposto un ricorso alla Corte Costituzionale per la soluzione del quesito sollevato da questo caso. Ha portato avanti l'attacco l'avv. De Luca, rivolgendo critiche accese a Calogero per il modo in cui ha condotto l'istruttoria». « Vi pare giusto — ha chiesto il legale — che in questa inchiesta si sia operata una selesione, che l'indagine sia stata spezzata in due?». Dopo la vasta offensiva degli avvocati, la replica di Pietro Calogero. Era la prima volta che il magistrato protagonista delle inchieste a carico dell'autonomia padovana parlava entrando nel merito delle sue iniziative: durante la prima udienza, s'era limitato a leggere l'elenco delle imputazioni. Il pubblico ministe¬ ro ha svolto il suo intervento con voce uguale, consultando un foglio fitto di appunti. «A me pare — ha detto tra l'altro — die i difensori abbiano sottovalutato un preciso dato normativo: l'obbligatorietà del giudizio con rito direttissimo per gran parte dei reati per i quali gli imputati sono stati condotti davanti al tribunale». A proposito dell'eccezione di incostituzionalità, prospettata dall'avv. Magnacco, il rappresentante dell'accusa ha sostenuto che «non esistono le condizioni per cui possa ritenersi fondata». Poi, ieri mattina, la decisione del tribunale, la fila di «no» alle richieste della difesa. Nel pomeriggio, la ripresa dell'udienza: si sono presentati come parti civili i rappresentanti del Comune di Padova, della Provincia, dell'Università, dell'Anpi, della Federazione giovanile comunista, della Consulta per l'ordine democratico. S'è aperta, in questo processo, un'altra «battaglia». Giuliano Marchesini

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