L'America si specchia al cinema di Masolino D'amico

L'America si specchia al cinema I NUOVI FILM SCAVANO NELLA SOCIETÀ' E NELLA FAMIGLIA L'America si specchia al cinema NEW YORK — La televisione continua a essere un formidabile avversario per il cinema, tanto con la cronaca che con lo spettacolo. Aprendo l'apparecchio alle sette e mezzo del mattino ci si può imbattere, per esempio, in un confronto fra il giornalista Jack Anderson e l'ex funzionario della Casa Bianca Liddy, che appena uscito di galera per il Watergate ha confessato in un libro di avere a suo tempo proposto di assassinare lo stesso Anderson, i cui servizi si annunciavano pericolosi per la sicurezza di certi agenti segreti. Oppure si può vedere, la sera, graziosamente offerto tìall'Ibm, Mikhail Barishnikov, superstar del balletto classico, impegnato nel tip-tap, nel rock e insomma in una serie di numeri tratti da musicals famosi. Nello special, intitolato «Barishnikov on Broadway», l'emulo di Nureyev è apparso disinvolto, e ha perfino cantato, con la sua vocina fioca e con il suo accento russo, una canzone swing. Ma per quanto prodigioso in certi saggi di pura destrezza, non ha potuto evitare di sembrare a tratti un principiante accanto alla sua partner Liza Minnelli. . Prelibatezze simili non bastano comunque per far dimenticare il cinema, che anzi, non e più una novità, sotto alcuni aspetti una maniera di coesistere con la tv qui l'ha trovata. Non per caso la ru- brica televisiva di maggior successo in questi ultimi tempi è probabilmente Sneak Preview. in cui due astuti giovani critici di Chicago discutono settimanalmente cinque film, mostrandone dei brani.La trovata della trasmissione è nell'accoppiamento: grassoccio, conciliante, bonario Rogert Ebert, che chiacchiera tenendo in braccio un canino bastardo (noleggiato per 45 dollari a puntata); vivace, aggressivo e incontentabile Gene Siskel. In media i due concordano su tre film, hanno contrasti sul quarto, e liti-' gano a morte sul quinto. Il pubblico si diverte allo scambio, e in definitiva si trova stimolato ad andare a decidere lui. Automa al potere E quali sono i film di cui si discute? Gli Oscar hanno sancito il trionfo di Kramer, e hanno rilanciato due film che avevano bisogno di ossigeno, Norma Rae e il narcisistico Ali That Jazz di Bob Posse, Otto e mezzo sulla carriera di un coreografo colpito da infarto, premiato per scenografia, costumi e altri pregi tecnici, ma sorprendentemente non per la splendida fotografia di Peppino Rotunno, cui tutti hanno reso omaggio. Più grave sembra comunque la mancata segnalazione di Being There di Hai Ashby, cui è toccato solo il riconoscimento al non-protagonista, nella persona del vecchio Melvin Douglas. Di Being There bisognava premiare innanzitutto la magnifica sceneggiatura di Jerzy Kosinski (l'esule polacco autore del-' l'Uccello dipinto e di altri romanzi e racconti di grande forza visionaria), tratta da un proprio libro del 1970; e quindi la interpretazione di Peter Sellers, autentico traguardo della carriera di un attore spesso male impiegato, forse anche per colpa sua, ma trasudante indubbio talento. Benché vecchia ormai di dieci anni, la storia di Being There rimane un'attualissima e convincentissima satira dell'America dominata dai media. Un ricco signore ha tenuto presso di sé per più di mezzo secolo un fanciullo idiota, facendolo lavorare nel suo giardino. Alla morte del benefattore, il giardiniere si trova sbalestrato nel mondo. Non sa nemmeno leggere; in compenso si è abbeverato di televisione, e quindi è in pos¬ sesso di una serie di luoghi comuni su come parlare e come comportarsi. Ha anche un aspetto molto dignitoso, disponendo del guardaroba del defunto. In seguito a circostanze fortuite, ma non troppo inverosimili, questa specie di robot viene scambiato per una sorta di salvatore della patria — un nuovo Kissinger — e finisce consulente del Presidente, e commentatore privilegiato alla tv, idolatrato dalle signora di Washington (riassunte nella spiritosa Shirley McLaine). Anche il migliore fra gli altri recenti film sull'America e dovuto in gran parte a uno straniero, stavolta inglese, Michael Apted. Si tratta di un'altra America, quella rurale, povera e grossolana, che ha il suo pantheon nel «Grand Ole Opry» di Nashville, Tennessee, santuario della musica Country and Western. Coalminer's Daughter («Piglia di minatore») è tratto dall'autobiografia di Loretta Lynn, la cantante la cui famosa e clamorosa défaillance pubblica fu rievocata anche da Altman nel suo capolavoro. Con eccellenti risultati Sissy Spacek riesce non solo a sembrare tredicenne come la vera Loretta, quando costei si sposò e mise al mondo il primo dei suoi sei figli, ma anche e soprattutto a cantare in marnerà accettabile i pezzi forti di questa donna ispida e tenera, rozza e commovente, disarmata e caparbia, in cui tanta parte dell'America «minore» continua a riconoscersi. Per l'affettuosa sobrietà della l.sua descrizione, che non scarie mai nel sentimentalismo, il film sovrasta i numerosi altri della rinata voga per le biografie di cantanti (un altro molto cupo, ispirato da Janis Joplin, The Rose, ha già circolato anche in Italia), cosi come Kramer ha prevalso sui non pochi basati sulla lotta per la custodia dei figli. L'ultimo gangster Hìde in Plain Sight, ultimo arrivato di questa categoria, è stato diretto e interpretato dall'attore James Caan, e ricostruisce un fatto vero: quello di un divorziato i cui figli improvvisamente sparirono assieme alla madre cui erano stati affidati, perché la donna aveva sposato un gangster cui l'Pbi concesse, in cambio di una spiata, di ricominciare una nuova vita con un nome diverso, in una nuova città. La ricerca promossa da questo padre orbato, a dispetto dei servizi segreti, non era un cattivo spunto; ma il film delude. Come deludono, ciascuno nel suo genere, anche i seguenti: Nijinsky di Herbert Ross, di cui si può apprezzare qualche opulenta scenografia e anche la tranquilla autorità con cui Alan Bates riduce Diaghilev nelle sue corde pacate, ma non certo la totale assenza di magnetismo nel giovane e sconosciuto ballerino cui tocca l'impossibile compito di dar corpo a una leggenda; Little Darlings con Tatum O'Neal e una esordiente molto spigliata, Kristy McNichol, ennesima sciocchezza sui giovanissimi e sui loro svaghi extrascolastici (le due bambine terribili scommettono al campeggio su quale perderà per prima la sua verginità; non a tutti il tema sembra di buon gusto) : Simon di Marshall Brickman, sceneggiatore di Woody Alien passato alla regìa, in cui Alan Arkin subisce una specie di lavaggio del cervello da parte di alcuni scienziati, e viene quindi esibito come uomo venuto dallo spazio (c'è qualche buona battuta). Assai più godibili, nella loro mancanza di pretese, Serial, commediola disinvolta sulla permissività e sulle follie dell'odierna California, nella tradizione del non dimenticato Bob & Cari & Ted & Alice e con attori camp-intellettuali come Sally Kellerman, Tuesday Weld, Christopher Lee; e la fiaba romantica per bambini The Black Stallion («Lo stallone nero»), accortamente prodotta da Francis Coppola su un libro di Walter Paley, e che per poco non ha fruttato un Oscar all'intramontabile Mickey Rooney. Masolino d'Amico