Kim II Sung sogna l'altra Corea di Bernardo Valli

Kim II Sung sogna l'altra Corea IL POTENTE DITTATORE DEL NORD GUARDA AL SUD LACERATO Kim II Sung sogna l'altra Corea Sovrano, più che premier di un regime comunista, alimenta uno sfrenato culto della personalità - Nel Paese regna un ordine prussiano, cresce la produttività agricola e industriale - Ma 20 campi «di rieducazione» rinchiudono 150 mila dissidenti - E un esercito di 600 mila uomini potrebbe tentare «l'infallibile» a diventare davvero «il leader di tutti i coreani» DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE PYONGYANG — Il Sud è il disordine. Il Nord è la disciplina. Non dubita un solo istante di questa verità, chi sbarca nella capitale del regno nordico di Kim II Sung, avendo nella memoria le immagini delle periodiche, sanguinose rivolte di Seul, la capitale del Sud. Pyongyang è una città esemplare. I giardini sono pettinati, i viali puli¬ ti, le case prefabbricate di vetro e cemento sembrano luci-, date, i rari passanti sono ben vestiti, come le comparse di una commedia dal titolo II paese del benessere. Le donne portano spesso un cappellino con fiori di plastica, le ragazze calze di nylon, gli uomini in abito da lavoro non mostrano rammendi o tute sdrucite, come nella vicina Repubblica popolare di Cina. Nella parte della città frequentata dagli stranieri vengono esibiti tutti i simboli più ovvii delle società ricche. Tra l'aeroporto e il centro, le finestre sono mascherate da tendine bianche, arrotolate con precisione geometrica. At confronto le casalinghe della periferia di Zurigo sono campionesse di sciatteria. Durante le ore di lavoro nella capitale di Kim II Sung s'incontrano pattuglie di scolari ben nutriti che marciano al passo, militari impettiti. A un crocicchio, davanti a una bacheca, un gruppo di curiosi guarda avidamente la fotografia di un treno. La didascalia in più lingue dice: «Le locomotive della repubblica democratica popolare di Corea percorrono i loro itinerari in orario e senza incidenti scatenando il vento violento del combattimento di velocità». Kim II Sung lo si incontra dappertutto. La sua statua domina la capitale dall'altodì una collina. La sua fotografia è appesa alle.facciate degli edifici pubblici, ette a Pyongyang sono tanti. La mia camera d'albergo si, affaccia su un parco deserto. Tra gli alberi potati con arte scorre un fiumiciattolo impetuoso. Il sìlemio è puntualmente spezzato da un fuoribordo che irrompe nel bosco trascinando atletici sciatori tra due baffi d'acqua. E' un'altra scena della commedia Il paese del benessere, diretta da un invisibile regista?. Col tempo queste immagini suscitano un certo fastidio. Sembrano create per dimostrare agli stranieri — e magari anche a se stessi — che il regno comunista di Kim II Sung non ha nulla da invidiare alle società capitalistiche. Diventa via via allucinante lo spettacolo della città senza la minima traccia di sottosviluppo asiatico, senza' il minimo segno di disordine, di umana trascuratezza. E' come se qualcuno avesse cancellato con pignoleria le imperfezioni ed ora imponesse un rigido regolamento per proteggere, difendere la per- o , a o e i ; o e a e o e fezione raggiunta. Lo straniero allinea nella memoria le scene cui ha assistito. Anzitutto la cena nel palazzo di Kim II Sung foderato di marmi e moquettes color pastello, simile alla dimora di un emiro del petrolio. Gli ospiti seduti ai tavoli rotondi, sotto i lampadari di cristallo, sono silenziosi e compiti: le donne indossano gonne lunghe fino alle caviglie, gli uomini sono incravattati. I camerieri in giacchetta bianca sono allineati lungo la parete. Damigelle in broccato rosa e blu cielo, con scarpe laccate di bianco, si aggirano tra gli ospiti porgendo cesti ricolmi di sigarette. Tutti, ospiti, camerieri, damigelle, hanno la faccia di Kim II Sung appuntata sul petto. All'ingresso del presidente tutti esplodono in applauso ritmato. Al teatro dell'opera, anch'esso foderato di marmi e moquettes, i cori di serafini cantano la gloria di Kim II Sung, che «illumina la Corea come il sole», ed esprimono l'unanime felicità del popolò di vivere nel paradiso da lui creato sulle rovine della guerra. Al museo antropologico, davanti a un uomo delle caverne in cartapesta, una maestra spiega agli scolari che fin dalla preistoria si pro\,fila all'orizzonte la venuta sulla terra di Kim II Sung, il condottiero che con la sua concezione marxista-leninista del mondo avrebbe trasformato i coreani in un popolo invincibile. I bambini non sono stupiti, poiché dall'età di due anni imparano a venerare il nome di Kim II Sug e a inchinarsi davanti al suo ritratto. Il venerdì è giorno di lavoro manuale per tutti: studenti, insegnanti, funzionari, ingegneri e, sembra, anche ministri e membri del comitato centrale, vengono assegnati a un cantiere. Il miracolo è che tutto si svolge in un ordine perfetto. I diagrammi della produttività puntano verso l'alto, ogni settimana. Grazie a quelle prestazioni eccezionali è stato possibile costruire-un. ospedale di millecinquecento letti, nel tempo record di nove mesi, e un centro sportivo con piscina coperta in sette. Un tecnico occidentale, da due anni impegnato nella costruzione di una fabbrica di apparecchi di precisione, conferma quel che dice la propaganda ufficiale. Nel centro di Pyongyang, osservando un centinaio di soldati che lavorano con vanghe e picconi al ritmo di una banda militare (trombe, tamburi e corni), si rende spontaneamente omaggio al profeta Orwell, arche se egli non pensava certo alla futura società nordcoreana nello scrivere La fattoria degli animali, la satira della dittatura proletaria, alla fine degli Anni Trenta. Ventisette anni or sono, quando la Corea fu spaccata in due all'altezza del trentottesìmo parallelo, nessuno immaginava che Kim II Sung sarebbe riuscito a creare una Prussia asiatica. Meglio, una monarchia comunista in cui si vive in un clima di canonizzazione permanente. Nel regno di Kim II Sung l'assistenza sanitaria e l'educazione sono gratuite. Un chilo di riso costa soltanto cinquanta lire e gli affitti degli appartamenti modello, con le tendine bianche, sono insignificanti. Ma chi non gradisce questo paradiso finisce in un campo di rieducazione. Ali Lameda, poeta venezolano accusato di spionaggio mentre sì trovava a Pyongyang, ha passato più di sei anni a Suriwan, un gulag nordocoreano. Ha poi raccontato che vi sarebbero centocinquantamila detenuti politici nel Paese, distribuiti in venti campi. A Suriwan, il poeta non poteva avere contatti con gli altri prigionieri. Non poteva ricevere posta e quando si addormentava, nelle ore non riservate al riposo, i suoi custodi lo svegliavano dicendo: «Se dormi non puoi riflettere sulle tue colpe». Sul terreno concreto delle realizzazioni, la Corea del Nord è il paese comunista che con la Germania Orientale ha progredito più velocemente. Kim II Sung non si distacca mai dalla realtà. Un tempo, quando annunciava il reddito procapite raggiunto dai suoi sudditi, non si esprimeva in dollari o in rubli o in won, la moneta locale, ma in chili, quintali e kilowattore. Così nel 1973, al ventesimo anniversario dalla fine della guerra, si seppe che ogni coreano produceva all'anno 108 chili di fertilizzanti chimici, 287 chili di cemento, 1184 kilowattore di elettricità, 1975 chili di carbone. Oggi si afferma a Pyongyang che il reddito procapite è superiore ai mille dollari, cioè si affianca apPbcgpttdcsnugpNdzf a quello di Singapore, che dopo il Giappone è il più ricco Paese dell'Estremo Oriente. Kim II Sung è carico di debiti: due miliardi di dollari che ì creditori, per lo più giapponesi, stentano a recuperare. Soltanto recentemen'te il presidente si è impegnato a pagare in dieci anni le ditte nipponiche che cominciavano a dubitare della sua solvibilità. Questa lentezza nel saldare i conti rende più umano il regime di Pyongyang. Lo fa apparire meno perfetto, più vulnerabile. Nessuno dubita comunque del suo dinamismo. Dicono gli esperti del Terzo Mondo: rispetto al suo compagno cinese, il contadino nordcoreana dispone di uno spazio infinitamente superiore per seminare riso e frumento, e non spreca questo vantaggio naturale. Le comuni agricole tendono all'autosufficienza come in Cina, sino a lavorare direttamente i prodotti della terra. Ma al tempo stesso l'industria nazionale si sviluppa con rapidità, tanto rapidamente da far balenare ritmi di crescita ] giapponesi. Negli ultimi anni, per la verità, gli ambiziosi progetti di Kim II Sung non sono stati raggiunti. La crisi generale ha frenato la corsa. Ma la Corea del Nord resta un modello di sviluppo per il Terzo Mondo. I suoi tecnici operano in molti paesi d'Afri- ca e d'Asia, dallo Yemen del Sud alla Guinea, dalla Libia al Mozambico. Sono apprezzati per la loro tenacia e serietà, e perché non si confondono con quelli cinesi o sovietici. Pyongyang è equidistante da Mosca e da Pechino, anche se quest'ultima capitale sembra adesso più vicina al cuore di Kim II Sung. Dice il presidente: «Il servilismo verso le grandi potenze rende gli uomini e i partiti idioti». L'esercito nord/coreano conta seicentomila uomini.' Numericamente è il quinto del mondo, dopo il cinese, il sovietico, l'americano e l'indiano. In rapporto al numero degli abitanti (circa sedici milioni) la Corea del Nord è uno dei paesi più militarizzati della Terra. Non stupisce che il Sud si preoccupi. L'unificazione resta il grande sogno di Kim II Sung. Le biografie ufficiali lo presentano come il leader di tutti i coreani, compresi quelli del Sud. Ma gli stranieri che lo hanno frequentato lo descrivono come un personaggio sensato, che nella realtà non si prende per il Kim II Sung infallibile descritto dalla propaganda del regime. Il culto della personalità gli sarebbe servito per controbilanciare la popolarità di Singhman Ree, il defunto dittatore anticomunista del Sud, e poi quella di Park, il successore assassinato a Seul. Gli servirebbe altresì per mettere in luce la continuità e la stabilità del potere nel Nord, di fronte a un Sud lacerato. Arrivato alla saggia età di 68 anni, Kim II Sung, dicono a Pyongyang, non vuole imporre il suo modello di società comunista ai trentacinque milioni di coreani che vivono sul versante meridionale del trentottesimo parallelo. A loro non imporrà di inchinarsi davanti al suo ritratto, nè di cantare la gloria della sua famiglia, nè di prepararsi all'avvento sul trono del figlio quarantenne. Ma chi può credere all'Improvvisa umiltà di un uomo che da un qi:arto di secolo si fa venerare come il sole dai suoi sudditi? - . Bernardo Valli