L'Italia dei laici Volti e battaglie

L'Italia dei laici Volti e battaglie NEL LIBRO DI SPADOLINI: 1925-'80 L'Italia dei laici Volti e battaglie Credo che nessuno oggi abbia in Italia una cognizione così profonda della storia del nostro giornalismo dalla Unità in poi, e del mondo politico dalla caduta del fascismo ad oggi — naturalmente con un'ottima conoscenza altresì delle matrici dei vari partiti, dello schieramento politico, entro e fuori del Parlamento, quale si delineava alla morte di Umberto I — come possiede Spadolini., Ricchissima quindi la serie di dati che troviamo nel suo ultimo recente libro, L'Italia dei laici. Lotta politica e cultura dal 192? al 1980 (ed. Le Monnier). I laici sono poi gli uomini della ragione, titolo di un precedente volume dello stesso Spadolini; i laici sono quelli non vincolati da un credo par. titico, intangibile come le tavole della legge, che non subiscono influenze da confessioni o partiti stranieri, che guardano sempre alla realtà, a ciò che oggi è possibile ottenere; sono quelli che al tempo del fasci smo si riunivano a Milano nel la casa di Raffaele Mattioli, ì Napoli Croce. intorno a Benedetto ★ ★ La Malfa, il troppo presto scioltosi partito d'azione, sono indicati come gli elementi rap presentativi. La Malfa che ha conosciuto tutti i drammi del Mezzogiorno, ma ha guardato al Nord, a una Italia inserita profondamente nell'Europa nella civiltà industriale, con la sua logica di avanzamento e di progresso; La Malfa, che nel centro degasperiano è l'uomo della liberazione degli scambi, nel centro-sinistra di Fanfani il ministro del Bilancio, precur sore della politica di program mazione e di controllo dei red diti; La Malfa, laico inflessibile, anche sul piano dei valori di coscienza, ma che non indulge alle pose o alle mode dell'anticlericalismo. Ma se il libro dell'attuale se gretario del partito repubblicano dà gran posto al suo predecessore, non si esaurisce certa mente qui. Esso consta di quat tro parti; «L'agonia della libertà». «La civiltà della tolleranza»,- «Il dissenso laico». «L'altra Italia»; l'elenco dei nomi d quanti sono stati evocati eh'è alla fine del libro è tale da ino strare come sarebbe impossibile menzionare il modo con cui Spadolini evoca e talora giudi ca ciascuno (mi ha fatto piacere di vedere anche il nome d Oliviero Zuccarini. che rivedo ancora tipografo, immagine vivente di quel che dovettero essere i mazziniani più stretti in torno al maestro). Nella prima parte, notevole il capitolo sull'«errore di Tura ti», di aver consentito a'Reggio Emilia, nel giugno del '12, l'amputazione dal partito so cialista del braccio social-riformista (ma gli era possibile? in un congresso, in un'assemblea nome a me così ostico, dov'è facile la vittoria degli irruenti dei retori, di chi promette la luna nel pozzo, non è fatale che uomini come Mussolini prevalgano rispetto ad uomini come Turati o Bissolati?). E si ricorda che già nel '10 Prampolini, leader della fioren te Confederazione generale del lavoro, aveva proposto di cam biare il nome del partito socia lista in quello di partito del la voro, che avrebbe dovuto essere costituito dall'insieme delle organizzazioni del lavoro, che sarebbe stato l'equivalente del laburismo britannico. E an cora il capitolo su «La storia d cento anni di vita italiana at traverso il Corriere», ove Mack Smith sfoga la sua antipatia per Albertini; con notevoli poco conosciuti dettagli su come si svolsero ' i giorni della marcia su Roma: e col ricordo del tenace odio di Mussolini contro Albertini. ★ *. Nella seconda parte il capi tolo su «De Ruggiero ministro della pubblica istruzione» edi to integrale dello scritto di De Ruggiero; ove non converrei nel rimprovero al predecessore Adolfo Omodeo, di aver volu to subirò usare una maniera forte, per ridare, almeno nella scuola media, il senso dell'autorità e della disciplina restati rata (ricordo sempre la risposta di Cavour a quanti vogliono attendere tempi quieti per attua re le riforme). Ma in questa seconda parte c'è il commovente capitolo su Silone, in cui l'uomo appare in tutta la sua statura, e il rimpro vero per quanti lo lasciarono in solitudine e non ne scorsero 1 grandezza morale, l'afflato uoGcmcnpldvpvdd umano che ispira tutta la sua opera; e le bellissime pagine su Giustino Fortunato, per mio conto uno dei più grandi e comunque dei più saggi italiani, con il titolo «Giustino Fortunato fra Gioìitti e Salvemini». c'è anche un capitolo, che a prima vista appare estraneo al libro, «I macchiaioli cento anni dopo», ma che è un po' una ri-, vendicazione di fronte al lungo periodo in cui t critici francesi vollero ignorarli e un ragguaglio delle posizioni rispettive degl'impressionisti francesi e dei macchiaioli italiani. Nella terza parte il capitolo Salvemini, «indipendente dai partiti laici ma predicatore scomodo per tutti»; con la sua ansia per una terza forza, capad'incunearsi tra il partito cattolico e il blocco marxista. Nell'ultima parte evocazione di uomini oggi troppo dimenticati, come Adolfo Tino, o trascurati, come Riccardo Bauer (oggi, chi più di lui, avrebbe onorato il Senato con la sua presenza quale senatore a vita?), con la degna rievocazione di Carlo Casalegno, il più schietto dei laici nel senso indicato da Spadolini, le accorate parole su Moro, saggio e grande uomo politico, ma che non può introdurre tra i laici senza disconoscere la sua quasi connaturale fedeltà alla democrazia cristiana, sia pure con lo sforzo di ricondurla ad un modello sturziano, di rinuncia ad ogni egemonia, di. purezza morale. Eccellente volume che, pur staccato in capitoli distinti, trova poi una sua sostanziale unità: ITtalia com'è stata e com'è; : partiti e le loro responsabilità per mio conto dopo lette queste pagine soggiungerei di chiedersi: gl'italiani nella gran de maggioranza desiderano davvero il buon governo, o non arride ai più di loro l'ideale di una Italia matriarcale, che non faccia i conti, che aiuti chi è ca duto senza starsi a chiedere se sia stato per propria o per al trui colpa: la vecchia Italia del principe (ogjri sostituito da strette cerchie) magnifico, che apre le porte al letterato, all'artista, all'attore ch'egli preferisce, convincendo con i mezzi di comunicazione di cui dispone ch'è il migliore, mentre resta escluso l'isolato, quegli che s'impegna, ma non chiede? IL capitolo su Silone è quello che chi ha coscienza di onest'uomo non dovrebbe mai stancarsi di rileggere. A. C. .Temolo