Le lettere della domenica

Le lettere della domenica Le lettere della domenica Che tempo farà in un pezzo di cielo Didimo ci ha parlato, su La Stampa del 15 maggio, delle previsioni del tempo fatte attraverso velocissimi calcolatori, che forse riusciranno a portare da sei a dieci i giorni di anticipazioni meteorologiche. Ma non mi sono mai accorto che le «previsioni attendibili» coprano un arco di sei giorni e abbiano davvero riscontro nel tempo «reale». • Poiché non dubito che la scienza progredisca anche in questo settore e che gli esperti siano davvero esperti, ritengo possibile che la discordanza fra previsioni e realtà dipenda anche dall'eccessiva estensione del territorio considerato. Se, ad esempio, si dice: «Precipitazioni sulle regioni settentrionali», può darsi che davvero il giorno dopo piova a Brescia, ma che a Cuneo splenda il sole. Se la mia osservazione non è campata in aria, almeno sui giornali si potrebbe ovviare a questo rischio chiedendo all'esperto una previsione del tempo localizzata a quella zona particolare che interessa il maggior numero di lettori. G. Ariane, Cuneo Nell'articolo stesso è detto che le previsioni sono sempre relative a una probabilità, non mai a una certezza. Inoltre i grandi centri di previsioni non possono portare, attenzione alle piccole variabilità locali Didimo • Andare a morire in Crimea Mi sia consentito scrivere un paio di considerazioni in merito all'«Andare a morire in Crimea» di Luigi Firpo (La Stampa, 18 maggio) e alla «lezione che essa racchiude», di «rispetto e onore». La prima mi viene dalla Scrittura (Zaccaria 4, 6): «Non per potenza né per forza, ma per lo spirito mio, dice l'Eterno degli eserciti», e su questa base non vedo alcun «rispetto di se stesso e dell'umanità» in soldati ebbri che rubacchiano in terra straniera, pure dopo tanti maii patiti. La seconda considerazione è che i valorosi soldati piemontesi, e tali sono stati aavvero, hanno difeso il loro onore insieme con la patria — quella piccola e quella vera! — molto meglio e ben di più nell'assedio di Torino del 1706, nell'assedio di Cuneo del 1744, sull'Assietta nel 1747, difendendo la terra della loro gente, i loro stessi paesi. Proprio di fronte al sacrifi¬ cio di tanti esseri umani, e sempre troppi, non posso accettare come «lezione» una pagina di storia in cui si va a morire «con le vesti lordate di deiezioni» in terra straniera1 per guadagnare al conte Cavour un cadreghin al tavolo delle potenze europee. Qual bene ne è venuto al Piemonte? Era forse l'unità della penisola il bene supremo al quale si potesse mirare? Quale «umanità» ci può essere passando da un campo di battaglia all'altro? Giuseppe Golia, Torino Un cavillo giuridico chiamato "onore" Leggendo che il Senato ha approvato l'abolizione del delitto d'onore e del matrimonio riparatore (La Stampa, 17 maggio), si potrebbe dire: «Finalmente una buona notizia!». Ma lo stesso articolista, Giovanni Conso, si affretta a mettere in guardia dall'eccessivo ottimismo. Ricordo ancora quando alla fine del 1965 e nei primi mesi del 1966 esplose e durò a lungo il dibattito su queste norme del Codice insensate, anacronistiche, intrinsecamente ingiuste e soggette a infiniti abusi. Proprio perché è passato tanto tempo, benché il costume e la mentalità della grande maggioranza degli italiani respingessero questa oscurantista interpretazione dell'onore, dubito che 1 ritardi e le resistenze nascano dal merito della definizione di «delitto d'onore». Posso sbagliare, ma non mi stupirei che l'opposizione a questa riforma nascesse dal timore di veder scomparire un prezioso cavillo giuridico, che si serve di un onore presunto per nascondere una malvagità reale. Giacomo Veltri, St. Vincent In Egitto, 13 anni di emergenza Nell'articolo sull'assunzione della carica di primo ministro da parte del presidente Sadat (15 maggio) è riportata come notizia finale l'abolizione in Egitto della legge marziale, «rimasta ininterrottamente in vigore dal giugno 1967». Mi pare che l'argomento meriti un commento giornalistico adeguato: o dobbiamo considerare normale che una legge marziale sia applicata per tredici anni? Pietro Sanno, Genova Impegni romani e doveri comunali Nella garbata polemica sulla possibilità che ministri in carica possano svolgere contemporaneamente e adeguatamente anche i compiti di consiglieri comunali («Lettere» dell'll e 18 maggio), un dato potrebbe fugare i dubbi. Il pri torinese ricorda che Giorgio La Malfa è già consigliere uscente «e ha seguito con attenzione l'attività del Comune di Torino»: per dimostrarlo, basterebbe dire a quante sedute del Consiglio comunale e delle commissioni ha partecipato. Cito questo caso perché ho letto la lettera del pri, ma credo che il problema sìa di tutti i parlamentari che vogliano seguire anche i lavori del Comune nel quale sono stati eletti come consiglieri. Concordo sull'utilità di un «legame fra 11 livello nazionale e la realtà di una città», ma continuo a credere che un consigliere comunale, tutti i consiglieri comunali abbiano il dovere, di fronte ai loro elettori e a se stessi, di partecipare alla vita del Comune direttamente e regolarmente. Giovanni Fida, Torino Se il contadino è un cacciatore... Sono un contadino e sono cacciatore, perciò sono tutti i giorni dell'anno a contatto con la natura. Ho letto l'appello «Salviamo la natura» pubblicato domenica 11 maggio a favore della Pittima Reale: ma questa specie da ben due anni è fra quelle non cacciabili. I cacciatori sono amici della natura e non la vogliono distruggere in nessun caso, come nessun contadino ha mai distrutto l'albero che gli dà i fiori, i frutti e il seme per gli anni futuri. Enrico Nicolò, Albenga Frecce segnaletiche sull'autostrada Sulla quasi totalità delle nostre autostrade sono installate, a intervalli regolari, colonnine per la chiamata dei soccorsi. Mi sono spesso chiesto come fa colui che deve urgentemente raggiungere la colonnina a sapere se la più prossima è quella che si trova nel senso verso cui marciava o quella dalla parte opposta. Non sarebbe utile, ad esempio, che sul guard-rail a distanze ravvicinate vi fossero frecce per indicare la direzione della colonnina più vicina? Mario Benvenuti, Torino Esami truccati e scuole private Leggiamo su La Stampa del 21 maggio l'articolo «L'inchiesta sulle irregolarità in scuole private - Due viceprovveditori arrestati per maturità truccate a Milano». Nella nostra qualità di Associazione di categoria che organizza e rappresenta una notevole parte delle scuole private italiane a gestione laica, desideriamo fissare alcuni punti. Lo scandalo è scoppiato due anni addietro a Milano presso l'istituto professionale di Stato «Cesare Correnti»: non si tratta dunque di una scuola privata. La denuncia fu presentata da titolari di scuole private laiche, che avevano riscontrato irregolarità nel comportamento della commissione esaminatrice. La denuncia riguardava gli esami di maturità professionale per odontotecnici: è appena il caso di ricordare che le commissioni di maturità sono tutte costituite esclusivamente da docenti statali. E' possibile che nella vicenda sia coinvolto qualche gestore privato: a Milano funzionano 146 scuole private laiche a valore legale e oltre 150 scuole e corsi di preparazione a esami: a nome dei nostri rappresentanti dichiariamo la nostra piena solidarietà verso qualunque azione repressiva che consenta di estirpare eventuali erbacce: la scuola privata è già abbastanza perseguitata e misconosciuta in Italia perché non si debba facilitare ogni azione idonea a salvaguardare il buon nome della stragrande maggioranza di queste istituzioni, cosi utili al nostro Paese. Domenico Antimi, Roma presidente Aninsei Record messicano in scala mobile In «Scala mobile, un record messicano» (14 maggio) Mario Salvatorelli ci avverte che è errato e controproducente identificare l'aumento della contingenza espresso in scatti con l'aumento dell'inflazione, e ci spiega perché. Nella stessa rubrica, parlando delle «curve delle aliquote», Salvatorelli cita l'esempio di un reddito di dieci milioni netti annui, e subito precisa che «oggi un reddito di 10 milioni equivale in termini reali a poco più di un reddito di 5 milioni di quattro anni fa». D'accordo, l'allarmismo è controproducente, ma come si fa a non preoccuparsi se concretamente (al di là di indici, scatti e percentuali) il potere d'acquisto è dlmez- zat0' Guido Selva, Novara Le tre carte con il prosciutto Riferendomi all'articolo su La Stampa del 15 maggio, nel quale si fa torto ai venditori al dettaglio di pesare la carta e venderla perciò allo stesso prezzo del prosciutto, vorrei chiarire che l'Unione Consumatori non tiene conto che nell'incarto di un etto di prosciutto vengono solitamente usate tre carte (una per l'appoggio, una sopra e una terza per avvolgere il pacchetto) Ma di queste tre carte, solo una è pagata, perché le altre due vengono aggiunte dopo la pesata. Vorrei far notare che anche la carta per alimenti ha un prezzo non indifferente. E, se consideriamo un prodotto meno costoso del prosciutto crudo (ad esempio, la morta-' della), per la carta usata si ha una perdita. Claudio Bonin, Domodossola Uso e abuso anti-depressivo Una breve notizia pubblicata recentemente su La Stampa avverte: «Siamo un popolo di depressi». Non è una novità, né un caso, e infatti sulla «depressione» degli italiani discutono sociologi, filosofi, esperti di scienze umane, con quale utilità però si ignora. Ma non dovrebbe essere ignorato il dato statistico fornito dalla notizia citata: che una persona su venti prende tre pillole al giorno antì-depressive. A questo punto sarebbe bene che si dicessero chiaramente i pericoli cui si va incontro con questo abuso di medicinali (medicinali o droghe?). Può anche succedere che dove fallisce il «discorso sull'uomo» riesca invece la brusca sferzata del pericolo concreto: com'è concreto, appunto, nell'incosciente ricorso ai farmaci. Giovanni Vieri, Lodi (Mi) Quella moschea non s'ha da fare? Il Tar del Lazio ha detto no alla moschea a Roma, scrive La Stampa del 17 maggio. Trovo assurdo che non si voglia una moschea, ma più assurdo ancora è che da una parte si corteggino gli arabi, fornitori di petrolio e ambitissimi clienti di imprese italiane pubbliche e private (gli esempi dell'Iran e della Libia sono più che eloquenti) e dal-, l'altra si ostacoli un progetto innuocuo e civilissimo come quello del Centro culturale islamico. Rino Marra, Roma