Usa, Nato e Pakistan di Renato Proni

Usa, Nato e Pakistan OSSERVATORIO Usa, Nato e Pakistan Una cartina segreta della Nato — allegata al documento «La minaccia globale contro la regione Sud dell'alleanza» — la dice lunga sui confini approssimativi, «la sottile linea rossa», che l'Occidente potrebbe decidere di difendere nel quadro o al di fuori degli impegni atlan- ■ tici. La «linea rossa» parte dalla costa della Spagna, attraversa le Alpi italiane, scende verso la Jugoslavia, la Grecia, rìsale verso la Turchia, include l'Iran e il Pakistan, avvolge la penisola arabica, giù fino alla rotta del Capo, per tagliare l'Africa Meridionale e Orientale e infine ricongiungersi, tramite il Maghreb, allo Stretto di Gibilterra. Se «la distensione è indivisibile», infatti, ne consegue che per l'Occidente anche «la difesa è indivisibile» sia come estensione territoriale sia come oneri da spartire tra gli alleati? Il Pakistan è il caso più pertinente, al momento attuale, dopo, l'impegno del presidente Carter a difenderlo da un'eventuale aggressione, anche mediante una «forza di impiego rapido» (ancora da creare). Alla Nato si sa che ogni giorno gli aviogetti sovietici violano lo spazio aereo del Pakistan, una forma non occulta di pressione politica sul regime del generale Zia. E' dal Pakistan, infatti, che partono i guerriglieri afghani che si battono contro le truppe sovietiche e un serbatoio di 700 mila profughi garantisce che, come dai campi palestinesi, il flusso di volontari non cesserà presto. Il Pakistan, secondo gli esperti Nato, non potrà forse resistere a lungo alle pressioni di Mosca perché stabilisca una forma di rap¬ porto con il regime afghano di Karmal. All'Est, Zia ha già il tradizionale nemico, l'India, e la Cina non è realisticamente in grado di andare in soccorso ai pakistani. Questi problemi di fondo sono emersi anche dalla Conferenza dei ministri degli Esteri dei Paesi islamici Il timore più grande degli strateghi atlantici è che il generale Zia, poco convinto delle intenzioni e delle reali capacità degli Stati Uniti di difenderlo, tant'è che ha rifiutato il loro aiuto militare ed economico di 400 milioni di dollari, rispolveri la vecchia offerta di Ali Bhutto alla Russia, cioè di concederle il diritto di transito attraverso il Belucistan verso una base sul Mare Arabico. La verità è che il Pakistan è, e si sente, solo, perché non si è concretizzato neppure il promesso aiuto massiccio dei Paesi petroliferi come l'Arabia Saudita. La decisione di dare ai profughi otto milioni di dollari, presa nei giorni scorsi dai Paesi islamici amici, rappresenta ben poca cosa. Una nazione i cui quadri militari sono, o erano, tradizionalmente antisovietici rischia così di essere «finlandizzata», se il clima tanto diverso da quello di Helsinki permette un tale genere di paragone. Due sono, però, i principali ostacoli ad un riavvicinamento tra il Pakistan e Mosca: l'opposizione, che potrebbe anche diventare violenta e cruenta, dei profughi afghani e il rischio per il generale Zia di isolarsi dal mondo islamico, in un periodo in cui nel Paese vengono attuate importanti riforme religiose e in cui l'economia pakistana naviga in cattive acque. Renato Proni Il generale Zia: aumentano le pressioni di Mosca

Persone citate: Bhutto