Morto il padre del radar italiano

Morto il padre del radar italiano Morto il padre del radar italiano 11 prof. Ugo Tiberio aveva 76 anni - Nel 1939 costruì un apparecchio che basandosi sulle onde radio rilevava i bersagli a distanza - Nella scoperta fu però preceduto da altri studiosi stranieri LIVORNO — E' morto a Livorno il prof, Ugo Tiberio, 76 anni, considerato il padre del radar italiano. Fra gli altri incarichi, dal 1941 al 1954 aveva ottenuto la cattedra di elettrotecnica all'Accademia navale di Livorno e quindi fino al 1973 la direzione dell'Istituto di elettronica di Pisa. Basandosi sugli studi degli americani Breit e Tuve che nel 1925 erano riusciti a misurare le distanze con la ionosfera facendovi rimbalzare onde radio, cioè il principio del radar, il prof. Tiberio, costruì per primo in Italia un apparecchio chiamato «gufo» per la rilevazione a distanza dei bersagli navali. // nome dell'ing. Ugo Tiberio, nato a Campobasso nel 1904, è legato all'invenzione del radar, fin da quando il radar non aveva ancora ricevuto questo suo nome. Continuatore delle ricerche di Marconi sulla localizzazione di oggetti a distanza con onde elettromagnetidie, insegnante poi all'Accademia navale di Livorno (1941-1954), il Tiberio aveva pubblicato (nel maggio del 1939, sulla rivista «Alta Frequenza»), uno studio tecnico e matematico sulla radiote- lemetria. Ma non soltanto egli aveva trattato il tema con rigore scientifico bensì aveva fatto costruire e sperimentato in quello stesso anno, a Livorno, due radar a impulsi. Altri ne costruì durante la guerra, per uso navale e aereo. Perché dunque Tiberio non è considerato l'inventore del radar? Ebbene, perché in quegli stessi anni altri lo stavano inventando in altri Paesi. L'invenzione, nei suoi principi e strumenti, era già pronta qualche anno prima della seconda guerra mondiale; ma si sviluppò e perfezionò rapidamente nel corso di essa, per merito soprattutto dei tecnici britannici. Il principio è semplice: una stazione emette onde radio verso la regione dello spazio che si vuole esplorare; le emette a impulsi, secondo un ritmo come un segnale Morse che si ripeta di continuo. Se le onde incontrano un oggetto (che può essere un aereo o nave o altro), esse ne sono riflesse in parte e tornano alla stazione emittente dove sono predisposti gli strumenti per rilevarle. Si determina in tal modo la direzione dell'oggetto; dal tempo che intercorre tra la partenza dell'onda e il suo ritorno come un'eco, st deduce altresì la distanza di quell'oggetto (le onde viaggiano infatti con la velocità della luce, die è nota). Il radar fu pensato soprattutto per la difesa antiaerea. Nel 1935, alle foci del Tamigi, già c'era una stazione capace di segnalare la presenza di aerei per un raggio di quaranta miglia all'intorno. Allo scoppio della guerra era in funzione una serie di posti (la cosiddetta Chaine Home), che proteggeva la costa orientale e meridionale dell'Inghilterra;' due anni dopo, la catena si era estesa all'intera costa inglese. Al radar si deve l'efficace difesa della Gran Bretagna contro gli assalti dell'aviazione tedesca, quel che fu detto battaglia d'Inghilterra. Ben presto gli impieghi furono estesi alla guerra navale. Stati Uniti d'America, Germania, Italia che possedevano il principio e le tecniche per la costruzione del radar furono dunque sopravanzate dalla Gran Bretagna. Nel periodo tra le due guerre un po' dappertutto, e ancìie in Italia, molto si era cicalato su un presunto «raggio della morte» (che da noi si voleva fosse una invenzione segreta di Marconi). In Gran Bretagna il governo ne interpellò un fisico scozzese, Sir Robert Wattsom Watt, il quale — ridendosi del raggio — propose invece la sunnominata Chaine Home per la difesa delle isole britannidie. Egli ebbe subito i mezzi e facoltà per procedere con speditezza. Da noi, pur essendoci i presupposti tecnici, tutto si arenò per i consueti intralci burocratici. (Chi voglia un po' più per esteso leggere di questi avvenimenti, rimandiamo alla «Storia della tecnica» di A. Mondini e A. Capocaccia, edizione Utet, volume IV, capitolo 15). Né meglio di noi procedettero i tedeschi, i quali pensavano soprattutto alla guerra offensiva mentre il radar, almeno ai suoi inizi, fu strumento di difesa. Per l'Italia, il radar — osserva Mondini nell'opera citata — fu un'occasione perduta e ne ebbe Tiberio ragione di amarezza. Ma suoi compagni di disappunto avrebbe egli potuto trovare altresì in Germania e in America. Sui meriti di pace che, dopo le prodezze belliche che il radar si è venuto guadagnando, nella navigazione marittima, aerea e spaziale sarebbe lungo il discorso; ma sarebbe un altro discorso. Didimo

Persone citate: Capocaccia, Marconi, Mondini, Robert Wattsom Watt, Ugo Tiberio