Scongiurato il pericolo dellf«onda nera» nel Po di Remo Lugli

Scongiurato il pericolo dellf«onda nera» nel Po I pareri delle parti sul fiume avvelenato Scongiurato il pericolo dellf«onda nera» nel Po Molte tonnellate di greggio sono state recuperate, ma i lavori di disinquinamento e di pulizia delle sponde dureranno a lungo - Scontente le autorità regionali DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE PIACENZA — Il pericolo di un'«onda nera» nel Po è ritenuto scongiurato, si afferma in un comunicato del Comitato interregionale per il disinquinamento; e il presidente dell'amministrazione provinciale ha revocato il divieto di pesca, ad eccezione dei tratti nei quali sono in corso i lavori di disinquinamento. Tutti risolti, dunque, i problemi che aveva creato la chiazza nera del petrolio uscito la mattina del 21 aprile scorso da una falla dell'oleodotto della Continentale-Conoco a Gerone di Zinasco, in provincia di Pavia, e riversatosi prima nel torrente Terdoppio e poi nel Po? No. Le cose vanno meglio, ma resta ancora molto da fare. Sentiamo i pareri delle due parti opposte: la società responsabile dell'incidente, che sta cercando di rimediare ai danni, e i rappresentanti degli enti pubblici, Provincia e Regione. La Continentale-Conoco è rapprentata qui dall'ing. Enrico Cesarotti, che è affiancato dall'ing. Gian Vieri Nardini, della Techint di Milano, società che ha avuto l'incarico dalla multinazionale di organizzare e coordinare i lavori di disinquinamento. Operano in questi giorni su un tratto di venticinque chilometri, tra Piacenza e Isola Serafini, dove c'è lo sbarramento della centrale Enel, 275 uomini, di cui oltre 100 tra militari e vigili del fuoco. Vengono usati cinque «gabbiani», che sono; natanti in grado d'ingoiare il velo d'idrocarburi che è sull'acqua e isolarlo; sei autospurgo per aspirare le chiazze che galleggiano nelle anse; tre pulivapor, apparecchiature per il lavaggio con acqua bollente e a pressione delle sponde incatramate. Fino a questo momento sono state raccolte 356 tonnellate di greggio, al lordo però dei residui di acqua e dei sedimenti. Secondo la società, dall'oleodotto erano uscite dalle 400 alle 600 tonnellate di, petrolio, mentre una prima valutazione dei vigili del fuoco dava un quantitativo presumibile di 2000-2500 tonnellate. Ecco uno dei grossi problemi: il greggio che galleggiava in prossimità delle rive e si è depositato lungo le sponde la-, sciando in certi tratti larghe fasce di nero. Nella notte tra il 6 e il 7 maggio, il livello del Po si è alzato di almeno un metro e tutta quella orlatura a lutto è stata sommersa, ora è sotto l'acqua, riemergerà con la nuova magra. Per la Continentale-Conoco il disastro ha grosse proporzioni, valutabili in miliardi. Al centinaio di milioni del valore del greggio perduto (ammesso che fossero solo 400 tonnellate) vanno aggiunti i costi della manodopera; finora sono state effettuate nove-' mila giornate-uomo e il costo di questa manodopera è valutato in 17 mila lire all'ora, totale un miliardo e mezzo. Affitto strutture tecniche, automezzi, acquisto panne di sbarramento e assorbimento, mancato funzionamento dell'oleodotto (è stato subito ri- parato, ma è ancora fermo, bloccato dalla magistratura), quindi mancato trasporto di circa 100 mila tonnellate di' greggio, fermo di raffinerie che dovevano essere alimentate con queste condutture. Vediamo la vicenda con gli occhi degli enti pubblici. L'assessore provinciale all'Ambiente, Pier Luigi Filippi, è drastico: «Non si è fatto quasi niente, infinitamente meno di quanto una società di quelle dimensioni avrebbe dovuto; e quello che si fa lo si fa mate». Il dott. Acerbi, responsabile dell'ufficio inquinamento della Provincia, spiega: «Hanno raccolto anche grossi quantitativi di legname, carogne e materiali portati dal fiume (che la Conoco quantifica in 933 tonnellate, n.d.r.), tutta roba sporca di petrolio, che era depositata sui lidi e con l'aumento del livello del fiume è stata trasportata verso valle. Noi avevamo consigliato la società di smaltire questi materiali attraverso la ditta Manesmann di La Spezia che si occupa di scarti industriali. Invece il materiale viene abusivamente depositato in terreni demaniali, con un trasferii mento dell'inquinamento. La bonifica spondale non è stata sufficiente né come quantità né come qualità». L'assessore regionale all'Ambiente, Ivanoe Sensini, è anche lui critico e dal suo giudizio non esclude il prefetto Jula, che è il superiore coordinatore designato dalla Presidenza del Consiglio. Dice Sensini: «Il 14 maggio abbiamo avuto un incontro a Roma tra il comitato interregionale e quello interministeriale. Si è concordato di adottare alcuni provvedimenti, sostanzialmente quelli che noi avevamo in precedenza suggerito: altri sbarramenti a valle dell'Isola Serafini per evitare l'allargamento dell'inquinamento verso il mare; bonifica dell'invaso; risanamento a monte; un programma per la bonifica delle sponde sporche quando saranno nuovamente fuori ac- 9U0 Remo Lugli

Persone citate: Enrico Cesarotti, Gian Vieri Nardini, Isola Serafini, Ivanoe Sensini, Pier Luigi Filippi, Sensini

Luoghi citati: La Spezia, Milano, Pavia, Piacenza, Roma, Zinasco