Salvare i centri storici? Fatelo da voi

Salvare i centri storici? Fatelo da voi PIANO, L'ARCHITETTO DEL BEAUBOURG A LONDRA: UNA MOSTRA, MOLTE IDEE Salvare i centri storici? Fatelo da voi LONDRA — Così barbuto, Renzo, Piano, architetto genovese, diventato famoso per il Centro Beaubourg di Parigi, ha l'aria di un profeta, di un saggio antico, di un evangelista; se lo avesse incontrato Pasolini nel passato, lo avrebbe scritturato per il suo Vangelo. Invece Piano è un uomo moderno, si potrebbe dire uomo d'avanguardia. E' a Londra per tenere delle conferenze alla Riba, l'istituto reale degli architetti britannici, luogo di mostri sacri. Piano ha parlato agli architetti inglesi, nella sede in cui è stata allestita una mostra a lui dedicata. O meglio, dedicata ai suoi ultimi progetti e idee. Queste coincidono con il nuovo desiderio diffuso nelle popolazioni europee di conservare i centri storici e i nuclei sociali che li abitano, motivato da un senso estetico, economico, razionale; ma anche reazione a decenni di bulldozer, di violenza fatta a interi quartieri che sono stati smembrati, non solo fisicamente nel loro contesto storico armonioso, ma anche disperdendo famiglie, amici, allontanando negozi, artigiani, rendendo insomma la vita scomoda a tutti. Non solo, ma finora le operazioni di ricupero o di smembramento sono state faticose per gli abitanti: zone recintate, polveroni, chiasso, macchine infernali. Il concetto di conservazione dell'ambiente «suonava» reazionario fino a pochi anni fa, dice Renzo Piano. Uno dei grandi meriti di Pier Luigi Cervellata l'architetto assessore di Bologna, fu di renderlo accetto alla sinistra, anzi, di farlo recepire come concetto di difesa della popolazione residente. Conservare un centro storico non significa più inserire servizi e modernizzare gli interni per poi vendere le case all'alta borghesia. Vuol dire invece rinnovare le strutture difettose, mettere dei bagni, tremare l'umidità e mantenere il contesto sociale. Con l'aiuto finanziario dell'Unesco, Renzo Piano propo- ne un nuovo metodo di conservazione di un centro storico, illustrato nell'esposizione alla Riba con l'esempio di Otranto. Quest'anno, insieme con l'architetto Salzano, ripete l'esperimento a Burano per poi arrivare a quanti più centri possibile. Spieghiamolo: l'abitato si vede arrivare un tendone, cioè un «laboratorio di quartiere» (il nome è un po' fastidioso) diviso in settori. Quello della diagnostica ha tecnici il cui compito è per l'appunto diagnosticare dove e come sostituire una trave, frenare l'umidità. Il settore del progetto è un «satellite» dell'ufficio comunale, e lavora all'unisono con il tecnico locale. Quello della costruzione viene dato in mano ai singoli cittadini: l'italiano è artigiano, gli si insegna facilmente e il laboratorio di quartiere potrà quindi lasciarsi dietro un nucleo di cittadini locali che hanno imparato a mantenere le proprie case. Gli arnesi, le macchine di questo laboratorio sono tutte «inventate», sono piccole, non rumorose, facili da usare e a basso costo. «Abbiamo voluto tener conto di un cantiere che non disturbi l'ambiente, non traumatico, con una tecnologia dalla facile applicazione» Per esempio, Piano ha inven tato una macchina per portare il materiale da costruzione con ruote a bassa pressione perché possa salire le scale a velocità umana: una specie di mulo meccanico. Oppure, per fare le fotografie dall'alto, invece di usare un costoso e rumoroso aeroplano, si usa un pallone. Per trovare le fonti di umidità nei muri, viene utilizzato un apparecchio termografico che fino a ora serviva solo alla medicina. Quando i tecnici specializ zati, a livello universitario, lasciano il centro storico, non solo hanno idealmente formato un gruppo capace di conservarlo, ma la loro presenza ha anche creato piccole imprese e quindi lavoro. Que sto discorso in Inghilterra riapre una piaga e gli archi tetti della Riba ne sono più che consci: gli Anni 60 hanno visto lo sventramento di interi centri storici sostituiti con orrende città «del futuro», un futuro che in pochi anni è diventato passato remoto, sbavato, segnato da crepe, ce mento alienante. Manchester, Birmingham, Glasgow sono esempi accecanti. Negli ultimi anni Londra ha visto crescere sulla sponda Sud del Tamigi decine di blocchi di cemento per uffici che hanno allontanato gli abitanti, creando un quartiere vuoto di servizi, brutto da vedersi, costoso da mantenere (eserciti di impiegati che devono spostarsi ogni giorno e che costano a un Paese, specie in crisi energetica). Per coronare la bruttezza di questa zona centrale, importantissima e sprecata, è sorto il Teatro nazionale, un bunker di stampo «punitivo» il cui solo mantenimento costa alla co munita, che lo usa molto po co, milioni di sterline. «La nostra, dice Piano, è una tendenza a sviluppare un approccio intermedio al piccone e alla preservazione. C'è anche l'elemento del ricupero del lavoro, delle forze artigianali in chiave moderna, non nel senso del ferro battuto». Renzo Piano, che ha studio a Parigi e a Genova, è legato a Londra al gruppo di Peter Rice, ingegnere-architetto, anch'egli di provenienza beaubouresca. L'ingegneria, la muratura, l'architettura sono, per Piano, concetti inseparabili. E su Piano, che sta lavorando anche a un progetto per la Fiat, il Guardian ha scritto: «Non è un architetto convenzionale e sarebbe impossibile affibbiargli un'etichetta. E' regista televisivo, disegnatore di automobili e non solo architetto, ma attivista della comunità». L'architetto, dice Piano, è o dovrebbe essere artigiano, costruttore manuale: le antiche cattedrali venivano eseguite in fasi e il ruolo dei loro architetti era totale e parte integrante del processo. «Un architetto deve possedere la cultura del pensare e del fare, della materia e del pensiero». Gaia Servadio

Persone citate: Gaia Servadio, Pasolini, Pier Luigi Cervellata, Renzo Piano, Riba