Frassati, un Catone che sfidò la censura

Frassati, un Catone che sfidò la censura «LA STAMPA» E L'ITALIA 1914-'18 Frassati, un Catone che sfidò la censura La pietà filiale di Luciana Frassati continua la rivendicazione della figura e dell'opera di suo padre, già illustrata nei volumi usciti col titolo che vale per tutta l'opera. Un uomo Un giornale (Edizioni di storia e letteratura) iMoko ben scritti, con foga, con passione; ma evidentemente il massimo d'interesse è stato raggiunto con quanto già pubblicato, atto a scolpire la figura del grande direttore di giornale, tale per vocazione, la sua adesione al liberalismo delle riforme sociali, a un liberalismo che voleva andare verso il popolo, non essere retaggio della classe borghese, bensì conquistare la classe operaia, il ravvisare in Giolitti Tesponente più capace di realizzare un indirizzo che superava il passato, la benemerita vecchia Destra del suffragio ristretto, la Sinistra ch'era stata di Deprctis e di Crispi. e con questi aveva ceduto all'impulso dell'autoritarismo. Nel nuovo volume si esalta in Frassati il Catone biellese, che non indulge ai prevaricatori, agli uomini politici che s'interessano di imprese e un po' di danaro resta attaccato alle loro mani. Così un primo capitolo tratta di vicende eminentemente piemontesi, molto dettagliatamente (ma nelle vicende dell'amministrazione civica di Torino non si ricorda il commissariato Salvarezza), e con il secondo, dedicato alla censura durante la prima guerra mondiale ritorniamo alla guerra senza quartiere tra Albertini col Corriere della Sera e Frassati con La Stampa, eco dell'antitesi tra Salandra e Giolitti. entrando ora nell'ambito giornalistico l'oltracotanza villana dei Popolo d'Italia di Mussolini, e un bersaglio che non si può palesemente toccare è anche Cadorna, con il suo altissimo sentire di sé. mai attenuato dai modestissimi risultati che ottiene, pure con perdite enormi di uomini. Torino, il Piemonte, e in particolarissimo modo La Stampa, sono un po' un incubo per Salandra. ma le cose non jm'utànòquando succede Boselli e pòi Orlando, la censura si accanisce su! giornale; quel che può venire stampato in altre regioni, è colpito in Piemonte un ufficiale che, direttamente o indirettamente, anche per vicende private, abbia rapporti con Frassati o con suoi amici, non sfuggirà a denunce, a condanne; il corrispondente di guerra del giornale non può scrivere quel che scrivono i suoi colleghi. Fino all'avvento di Orlando. Giolitti è l'innominabile; persino la esaltazione del valore e della tenace resistenza dei nostri sol dati diviene bestemmia pronunciata da lui. Alludere alle ignobili speculazioni di chi approfitta della guerra, alle scarpe con le suole di cartone pres sato. sarà lecito agl'interventisti, ma per chi non ha questa patente è una forma di disfatti smo Tutto questo è esposto nei capitoli sulla censura, sul monopolio del patriottismo, su dramma della guerra, sulla pace contestata (una iniziativa del 'lòdi BenedettoXV. accet tata dalla Germania, proposta dagli Stati neutrali agli alleati Pietro Nenni scriverà sul Popò lo d'Italia che solo un pazzo o un criminale può esortare l'Italia a porsi sul terreno di trattative di pace';. A questi capitoli seguono varie appendici di documenti. Neppure con Orlando le co se cambiano nella sostanza Chi è imparziale si rende conto che l'Italia non era nelle condì zioni della Germania (il cui popolo poteva essere entusia sta. per le vittorie a Est come a Ovest, poi per le condizioni d pace imposte ai russi), né. fino all'avanzato ottobre del '17. in quelle della Francia e del Belgio, che difendevano le loro terre invase; l'Italia aveva avuto successi territoriali insignificanti con immensi sacrifici di uomini, con un forte abbassamento del morale dell'esercito, come poteva apprendersi dalle lettere dei soldati alle famiglie che la censura anneriva; tutti sanno che l'invasione delle province di Udine e di Belluno, il territorio nazionale calpestato, fu il segno di una riscossa. Giolitti potè presentarsi in Parlamento per dare il suo voto di fiducia al governo Orlando, e pronunciare un nobilissimo discorso, ignaro di rancori e di recriminazioni sul passato, il sindaco socialista di Milano Caldara ebbe voci di alto patriottismo Chi ricorda tutte queste cose ptldcedrEsndmdigdlpzbdCt(tSemirptvtd può opporre qualche argomento, certo non decisivo, alle violente accuse — tutte in sé fondate — di Luciana Frassati. Ma. come accennavo, le vicende della guerra, sul fronte esterno e su quello interno, della guerra 1915-18. sono storia remota per i giovani d'oggi. E se c'è da dare giudizi, questi sono ormai acquisiti. Così che Italia meglio avrebbe fatto nel Trattato di Londra a non dimenticare l'esistenza della massa slava a ridosso dell'Adriatico, e che le città ancora italiane per cultura e per lingua, retaggio della Repubblica di S. Marco e delle Province illiriche di Napoleone, avevano proprio alle spalle una popolazione slava; che l'Italia avrebbe molto guadagnato ritardando di un anno l'intervento; che Cadorna fosse un modesto generale. Così com'è, il libro, vivificato dal calore che lo percorre (minime inesattezze: il deputato di Roma ultragermanofilo Santini si chiamava Felice, ed era un generale medico della marina a riposò), è peraltro un insieme di documenti che sarebbero diversamente andati perduti, e un impareggiabile tesoro d'informazioni per chi vorrà comporre una dettagliatissima storia degli anni 1914-18. Il libro, scritto da chi considera ancora, al pari del padre Alfredo, i Parlamenti, come la più genuina espressione della volontà popolare, mostra tuttavia come anche al principio del secolo la classe politica era composta in gran parte da uomini modesti, nella grande maggioranza, e soprattutto che in essa erano rari gli uomini decisi, non titubanti, che non peccassero in eccessi di prudenza, fossero disposti a render pubblico tutto il loro pensiero, e così a riaffermare i diritti del Parlamento di fronte all'esecutivo e a ricordare che Cadorna non era l'autocrate d'Italia, o a proclamare la fedeltà a Giolitti, che durante la guerra si comportò sempre da buon italiano. Sarebbe però occorso un vero eroe della politica che, capo del governo, avesse detto: «Io sarò deprecato per generazioni se la guerra finirà senza che l'Italia abbia Trento e Trieste: ma credo che il vero bene del Paese importi il risparmio degli elementi migliori di una generazione, e che il guadagno economico che si possa trarre in commerci con l'estero, in accaparramenti di mercati, durante vari anni di neutralità, permetta di fornire i mezzi per risolvere problemi fondamentali del Paese, come quello del Mezzogiorno. Da questa constatazione circa gli uomini politici del tempo sarebbe però temerario trarre la conclusione, propria a chi non conosce colori, ma solo il bianco e il nero, che gli uomini politici del tempo fossero nell'insieme pari a quelli di oggi, non fossero loro superiori. Ma il libro è soprattutto conferma come la passione politica, sapientemente alimentata, possa condurre alla cecità, indurre alla menzogna uomini fin qui integerrimi, far credere nell'assurdo. Degli uomini evocati, preferiremmo qualcuno non trovarne; così un giovane Gramsci appassionato interventista, e che verrà in fondo a rafforzare la canea che ha la sua più schietta espressione nel Popolo d'Italia di Mussolini; non un Enrico Ferri a fianco ora dei saggi, dei ragionevoli; e meglio sarebbe lasciar da parte i piani strategici del generale Marazza. e i discorsi dell'onorevole Giacomo Ferri. Da notare come del re non si parli mai; resta la figura enigmatica, che si farà comparire, e chiamato dal governo, nel convegno con i generali alleati a Peschiera, dopo Caporetto. ma che non esprime giudizi, non fa mai sentire la sua volontà. Formato all'insegna del re che regna e non governa, non era in grado di comprendere che vi sono momenti in cui le formule non possono prevalere sulla realtà, sulle necessità del momento, o c'era quell'indolenza, quel senso della fatalità, per cui durante la seconda guerra mondiale il generale Ambrosio, ricevuto dopo la nomina a capo di stato maggiore generale, si chiedeva poi se il re si dolesse o meno delle cattive notizie recategli? A.C. Jemolo