Dopo un violento litigio uccide il padre infierendo contro di lui con 7 coltellate

Dopo un violento litigio uccide il padre infierendo contro di lui con 7 coltellate Feroce parricidio, dopo anni di scontri e rancori, a Busignetto di Verolengo Dopo un violento litigio uccide il padre infierendo contro di lui con 7 coltellate L'omicida, 26 anni, si è presentato poco dopo alla caserma dei carabinieri: «Mi ha fatto venire il sangue alla testa, l'ho ammazzato» - Il morto viveva solo - Era stato abbandonato dalla famiglia dopo tante scenate e risse Prima la discussione animata, poi le offese, il litigio e infine è spuntato il coltello. Sei pugnalate, al cuore, all'addome e un uomo s'è accasciato al suolo trafitto e ucciso dal figlio. Un feroce parricidio, epilogo di anni di liti, minacce, risse, denunce. E' successo ieri mattina in una frazione di Verolengo, Busignetto. qualche decina di abitanti nell'aperta campagna del Chivassese. La vittima si chiamava Angelo Di Prima, 48 anni, originario di Marianopoli (Caltanissetta), sposato, mestiere precario, padre di cinque figli. Uno di questi. Antonino, 26 anni, è ora nelle i camere di sicurezza della caserma di Verolengo a meditare sulla pesantissima accusa di parricidio. «Mi Ita fatto venire il sangue alla testa — balbetta — non ci ho più visto...». Che la famiglia Di Prima non fosse un modello di felice convivenza in paese lo sapevano da tempo. Ma per capire il fatto di sangue è necessario ripercorrere a ritroso le peripezìe dei due coniugi, Angelo Di Prima e Concetta Lombardo. Hanno entrambi 17 anni quando a Marianopoli i due s'incontrano, si innamorano, decidono di sposarsi. Arrivano subito i figli: primogenita è Santina, ora 30 anni, poi Antonino, 28, Giuseppe, 25, Mario. 21. Sono povera gente i Di Prima, il padre ha un piccolo podere da cui trae a malapena il necessario per mantenere la famiglia. La terra è arìda e anche a spezzarsi la schiena dal lavoro, rende poco. Di qui la decisione, come molti altri conterranei: l'emigrazione. Una scelta dolorosa ma affascinante, al Nord c'è lavoro, ci sono le fabbriche, si guadagna bene. E nell'inverno del '62 in casa Di Prima si preparano le valigie si raccolgono i magri risparmi. Il treno li porta in Piemonte, vicino a Chivasso. Si sistemano in una modesta casa colonica in via dei Gelsi, frazione Busignet- to di Verolengo. Il capofamiglia trova subito lavoro alla Lancia di Chivasso, i figli aiutano nei lavori del fazzoletto di terra vicino acasa. Ma il clima, l'ambiente il nuovo sistema di vita non s'addico-, no ad Angelo Di Prima, un omone come un armadio. Non è più lo stesso. Che difficile fare un'amicizia, quanta diffidenza, che vita nel nuovo ambiente, quanta nebbia d'inverno. Tristezza, delusione. Entra in crisi, con se stesso e con la famiglia. E quando i figli cominciano a diventare più grandi, lc.discussioni e i litigi non si contano tra le pareti domestiche. Lui diventa più irascibile, più nervoso. Se la prende spesso anche con la moglie, talora le pesanti mani dell'uomo scendono come martellate su lei e i figli. Dieci anni fa, nasce Riccardo, il quinto. Ma la convivenza diventa sempre più un inferno nella cascina. Il capofamiglia lascia il lavoro alla Lancia passa da un posto all'altro, muratore, contadino, commercio ambulante. E quando la moglie decide di andarsene di casa con i figli lui rimane solo. Un orso, un misantropo, un attaccabrighe, soprattutto quando alza il gomito. Moglie e figli si trasferiscono in un'altra vecchia casa, poco distante a Torrazza, in via Caduti della Libertà 20. La separazione è netta, inconciliabile. Angelo Di Prima da una parte, il resto della famiglia dall'altra, con i figli schierati decisamente con la madre. Ma i contatti data anche la relativa vicinanza tra le due case, sono inevitabili e spesso lasciano il segno. I dissapori e i contrasti s'esasperano. Ogni motivo è valido per scambiarsi accuse, minacce, offese. Questioni di gelosia si mescolano con quello d'interesse, le ripicche riscaldano gli animi, i rapporti si fanno sempre più tesi. Ne sanno qualcosa i carabi¬ nieri che invano invitano a lasciar perdere, a dimenticare il passato. Entrano in campo anche carte bollate avvocati, citazioni davanti ai giudici. Ieri mattina, Antonino approfitta della giornata non lavorativa per presentarsi dal padre e chiedergli spiegazioni sugli affari di famiglia. Lo trova nell'aia intento a trafficare col suo motofurgoncino. Poche parole ed è già lite. Nessuno sente quello che i due si rimproverano a vicenda. Qualcuno in lontananza vede 11 figlio avvicinarsi al furgoncino e lacerare una gomma co! coltello. Vede anche volare pesanti pietre, scagliate dal padre in direzione del figlio. L'ennesima zuffa senza conseguenze? Questa volta non è cosi, questa volta il sangue ribolle nelle vene arroventa il cervello fa perdere la testa. E la perde Antonino che ad un certo punto si scaglia contro il padre. Una lotta corpo a corpo. Poi luccica la lama d'un coltello. Sei volte s'abbatte sul corpo del genitore, la lama penetra nelle viscere in profondità, molto sangue infradicia la terra inzuppata d'acqua. Il parricida sembra una belva forsennata, infierisce fintanto che con un urlo strozzato in gola l'uomo pugnalato stramazza. E' una scena da mattatoio perché dal corpo dell'uomo ormai senza vita fuoriescono le viscere. Lo spettacolo è orribile, la violenza inaudita. Poco dopo le 10 una telefonata anonima avverte i carabinieri: «Andate a Busignetto, c'è un uomo a terra». Arriva il brigadiere Carboni, della stazione di Verolengo. Non fa fatica a identificare l'uomo, è una sua vecchia conoscenza. Poco più tardi in caserma si presenta Antonino Di Prima. Ha lo sguardo fisso nel vuoto, borbotta: «Ho ucciso litio padre, si sono stato io...». E porge i polsi alle manette. Guido J. Paglia Ermenegildo Carnevale ■»9W!9. . Angelo Di Prima, la vittima, aveva 48 anni - DI figli» Antonio