Killer uccidono due sull'auto che si ferma al «rosso»
Killer uccidono due sull'auto che si ferma al «rosso» Sanguinoso regolamento di conti in piazzale Susa a Milano Killer uccidono due sull'auto che si ferma al «rosso» Le vittime (38 e 36 anni) crivellate da decine di colpi - Erano amici di un boss del clan Liggio • Gli assassini sono fuggiti in macchina MILANO — Semaforo rosso. Una «Golf» si ferma accanto a una «Renault» verde; ne scendono in fretta due uomini che si mettono ai lati della vettura e sparano una grandinata di colpi. La fuga è rapida come l'agguato. Cosi, poco dopo le 13,30 di ieri — in piazzale Susa, angolo viale Argonne, alla periferia est di Milano — sono stati assassinati due pregiudicati: Giuseppe Buccheri, 38 anni, e Giuseppe Leonardi, trehtaseienne, entrambi di origine catanese. Un «regolamento di conti», lo ha definito il dirigente della Squadra Mobile: «La prosecuzione di una battaglia che ha già fatto parecchie vittime». Buccheri, conosciuto come «Pippo 'o catanese», e Leonardi erano infatti amici di Nello Pernice (intimo del boss mafioso Luciano Liggio) feri-1 to il mese scorso durante la sparatoria che costò la vita ad Alfonso Guarino, detto «Il negro»,, un killer che sembra fosse arrivato apposta da Catania. Questa volta i sicari non hanno mancato il bersaglio. Giuseppe Buccheri, raggiunto da sette-otto proiettili, è morto sul colpo. Leonardi, alla guida dell'auto, è riuscito a pilotarla ancora per qualche centinaio di metri. Poi ha perso il controllo e la vettura ha finito la corsa contro un palo di cemento, abbattendolo. A causa dell'urto il corpo di Buccheri è stato proiettato in avanti, finendo sul cofano, tra mille schegge di vetro. Leonardi è spirato durante il trasporto all'ospedale. Le vittime erano armate: avevano nella fondina due «Smith and Wesson» calibro 38, cariche. Ma di fronte all'agguato fulmineo non hanno fatto in tempo a usarle. Gli assassini sono cosi fuggiti senza conseguenze e senza timore di essere rintracciati attraverso la vettura, che portava una targa falsa. La sentenza di morte — secondo la questura — è dovuta ai legami che Buccheri e Leonardi avevano con Nello Pernice, detto «il ragioniere», padrino di battesimo del figlio di Luciano Liggio e condannato nel corso del processone contro il clan mafioso svoltosi l'anno scorso. A Pernice erano stati attribuiti i sequestri Torielli, Rossi di Montelera e Malabarba, ma era stato prosciolto dai giudici. Per l'onorata società, perù, il suo gruppo si era troppo «scoperto», era diventato inaffidabile e molto probabilmente era stato loro intimato di uscire dal «giro». mn. c.
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