Come sono bravi questi tedeschi di Lietta Tornabuoni

Come sono bravi questi tedeschi DISCUTIAMO CON I PROTAGONISTI IL CINEMA-FENOMENO DELLA GERMANIA OCCIDENTALE Come sono bravi questi tedeschi Hanno imposto il loro talento nel panorama depresso dell'industria europea; ma in patria sono conosciuti poco - Vivono di sovvenzioni, anche da parte dei loro bersagli - Fassbinder: «Lavoriamo di più per meno soldi» - Kluge: «Siamo impegnati per salvare le libertà borghesi della democrazia» - Schlondorff: «Il pericolo è l'indolenza della nostra società» DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE CANNES - All'una del mattino Wim Wenders s'è stufato di rispondere a tutte le domande, e se ne va. Sotto la pioggia leggera, lo insegue nel buio il piccolo corteo dei fans tedeschi pazzi per il cipema: uomini e donne in pelle nera molto truccati o in jeans di velluto e giubbotti socioculturali; ragazzi dal corpo solido e dallo sguardo fragile, ribelli senza movente e senza desideri, oppure ragazze coi tacchi altissimi e gli occhiali di plastica rosa in cerca di qualcuno da adorare. Lui, Wenders de L'amico americano e del prossimo Hammctt. il fidanzato dell'America, il più affascinante dei giovani registi tedeschi, è abbastanza ordinario, tanti capelli neri, naso a trombetta, occhiali: chissà che la sua eleganza romantica, il suo stile netto e profondo, tecnicamente dolce, non siano una rivalsa. Altro giro, altra conferenza stampa: bianco di pelle e di capelli, con bellissima voce da maestro calvinista paziente e implacabile. Alexander Kluge, il più brechtiano, spiega «il clima politico che c'è da noi in Germania", le paure che il sistema si chiuda del tutto diventando un fascismo in camicia bianca, i doveri della militanza per la democrazia. Insieme con il pazzo Rainer Werner Fassbinder del Matrimonio di Maria Braun. sono gli autori più noti in Italia di quel cinema tedesco che. presentando complessivamente al Festival di Cannes undici film, si conferma come il migliore d'Europa: il più vitale, il più bello, il più impegnato nella realtà, il più alla moda, il fenomeno più singolare nel panorama depresso, squattrinato e obsolescente del cinema europeo. «Un enorme paradosso», dice Klaus Eder, presidente dei critici cinematografici tedeschi. Primo paradosso: «Come capitò al neorealismo italiano, è un cinema apprezzato soprattutto all'estero: un regista come Syberberg di Hitler è più conosciuto a New York o a Torino che a Mo naca». Secondo paradosso. «E' un cinema senza il suo pubblico 0 quasi. I tedeschi lo conoscono poco, stanno a casa a vedere gli 800 film l'anno trasmessi dalla tv a vanno a vedere i film americani: soltanto Schloendorff. l'autore del Tamburo di latta e del Caso Katharina Blum, riesce a portare la gente al cinema. 1 film vengono finanziati da un sistema di sovvenzioni pubbliche e private, non hanno biso¬ gno degli incassi: oggi in Germania è più facile produrre un film che farlo arrivare agli spettatori". Terzo paradosso: «E' un cinema non condizionato dal mercato, ma neppure nutrito dagli umori e dalle voglie del pubblico. E' un cinema sovvenzionato, ma che si prende moltissima libertà". Certamente il più vivo in Europa, concorda il critico italiano Lino Micciché: «I registi tedeschi sono riusciti a realizzare le due cose insieme: un livello estetico, formale, cui tu rate notevole, e un forte impegno sul presente, sui problemi del loro Paese». Insomma bravi e buoni: perfetti, e i loro film offrono a Cannes molte ricchezze. Il pathos d'immagini nobili e sconfitte, di musica elevata e struggente. L'estremismo logico, la lucidità, lo sforzo brechtiano del «far ragionare». Un'assoluta sapienza tecnica unita a grande romanticismo. Amore per il proprio Paese forte: e disperato per il conformismo, la cultura del sospetto e le paure che lo affliggono. Continuità rispetto alla tradizione culturale tedesca, e rifiuto della cultura ufficiale. Sfrenate stravaganze underground nel gusto omosessuale, e sferzante moralismo. Personaggi di sottoproletari, emarginati, teppisti, emigrati, prostitute, mostri: l'essere diverso visto come modo per non essere conforme, l'escluso visto come colui che sfugge alla macchina del dominio. Esempi riuscitissimi, unici al mondo, di film realizzati in collettivo. E poi'il tema ossessivo della macchina del potere, e del potere delle macchine: i lividi cervelli elettronici che schedano e ricordano, i microfoni che intercettano, i teleobiettivi che sorprendono, le spie elettroniche che indagano e registrano. Una militanza che non fa riferimento a partiti né a ideolo gie, ma si batte per la democrazia delle libertà borghesi, dei diritti civili. Attori bravissimi. Battute: «I giovani sono bombe a tempo che bisogna disinnescare prima che esplodano: non basta conoscere i loro pensieri, bisogna impedire che si formino». dette da un poliziotto. Protagoniste: una donna taglia bruscamente col passato per concentrarsi su un'unica passione distruttiva, il bere. Allegorie, tic barocchi. Anche scemenze, naturalmente: il tedesco buono ha sempre la barba, il tedesco cattivo ha le guance lustre per la rasatura feroce; la sinistra manifesta in piedi marciando in toccante corteo con le bandiere rosse nel crepuscolo triste, la destra manifesta seduta a ripugnanti banchetti mangiando crauti nella cruda luce del neon. Anche scemenze, ma da cosa nasce il fenomeno del nuovo cinema tedesco e tanta ricchez- dice Klaus Eder. Più gente è in grado di fare film, più probabilità ci sono di scoprire talenti". Ma non soltanto dai soldi, dice Fassbinder: «In Germania non c'è stata una crisi del cinema, ma una rottura completa che è avvenuta nel VJ33 ed è durata sino al l%6. I registi tedeschi hanno potuto cominciare tutto da capo». Hanno cominciato con spirito cosmopolita, senza provincialismo, raccontando anche realtà altrui: Wenders. affascinato dai miti della musica rock e del viaggio, lavora ormai in America; Herzog ha girato film sino sul Rio delle Amazzoni; Schroeter («Anche a causa della mia grande storia d'amore con un siciliano che si chiamava, stranamente. Walter») ha ambientato i suoi melodrammi barocchi a Napoli e Palermo, o in Libano. Li ha aiutati uno stile di vita per niente divistico né sedotto dal lusso, da intellettuali eroicamente dediti al lavoro: «Lavoriamo di più per meno soldi», dice Fassbinder. Personalità diversissime («Abbiamo imparato tutto da soli, per questo siamo così diffe¬ renti uno dall'altro: perché fin dall'inizio il cinema è stato per ciascuno un affare molto personale», dice Wenders), hanno saputo associarsi, confederarsi organizzativamente per avere più spazi e più forza contrattuale. Il primo gruppo di giovani registi sottoscrisse unito a Oberhausen nel 1962 un manifesto che suonava arrogante: «Noi pretendiamo di creare un mtovo cinema tedesco. Questo cinema ha bisogno di nuove libertà». Diciotto anni dopo, ce l'hanno fatta: e le nuove libertà le pagano lo Stato, la televisione, gli industriali o ricchi che sono loto abituali bersagli. Il sistema finanziario che consente ricchezza e indipendenza al cinema tedesco è complesso, sovvenzioni nazionali o regionali, sovvenzioni del ministero dell'Interno, sovvenzioni derivanti da una legge che preleva il 4 per cento sul prezzo dei biglietti dei cinema destinandolo alla produzione di film tedeschi. Finanziamenti molto rilevanti da parte della televisione, finanziamenti offerti da grandi medici, grandi' avvocati, grandi notai, professionisti che si procurano così notevoli sgravi fiscali. Finanziamenti anomali: Rudolf Augstein, l'editore proprietario anche del settimanale Spiegel. è per esempio il finanziatore della società di distribuzione dei registi, la «Filmverlag der Autoreti»; è lui ad aver finanziato due tra i più duri film politici recenti. Germania in autunno, trasmesso anche dalla televisione italiana, e Der Kandidat. il pamphlet pre-elettorale contro il democristiano Strauss presentato a Cannes. Sovvenzionare un'opposizione i cui prodotti non arrivano al grande pubblico tedesco non sarà un altro modo, magari dispendioso ma efficace, d'esercitare la repressione? Ma no. dicono i registi tedeschi a Cannes, sono le contraddizioni del capitalismo, «lo non voglio servire un'opinione politica: vo glio crearne una. voglio indurre la gente a porsi delle domande ». dice presuntuoso Bernhard Sinkel. autore di Kaltgestellt. «Il pericolo è l'indolenza della nostra società, che è pronta a rinunciare a una democrazia più o meno funzionante per consegnarla nelle mani di "uomini forti"", dice Voelker Schloendorff. «Quello che inquieta è l'assenza delta gente, l'incapacità tedesca di reagire e guardare la realtà in faccia", dice Michel Verhoeven. Robert Von Ackeren, autore de La purezza di cuore, è il più scoraggiato: «Il problema attualmente al centro del dibattito di tutta la sinistra tedesca è: dove andiamo in vacanza?». Kluge. Herzog. Schloendorff, Fassbinder, Schroeter. Wenders. Syberger e almeno altri dieci hanno vinto, hanno fatto del cinema tedesco il migliore d'Europa. Ma ogni vittoria ha le sue amarezze, dice Klaus Eder: «Questo gruppo di registi di 35-50 anni ha lavorato molto, s'è conquistato i soldi per fare film e l'indipendenza, s'è battuto contro la cultura ufficiale e il mercato. E' arrivato, ma dopo di loro i giovani non riescono ad arrivare: e li considerano un establishment ingombrante, dei vecchi, dei nemici». Lietta Tornabuoni t l f ill lii h hd