Solidarietà ma anche timori in Florida di fronte all'ondata degli esuli cubani

Solidarietà ma anche timori in Florida di fronte all'ondata degli esuli cubani Il lavoro è scarso, gli alloggi introvabili, le scuole ormai sovraffollate Solidarietà ma anche timori in Florida di fronte all'ondata degli esuli cubani NOSTRO SERVIZIO PARTICOLARE MIAMI — «Datemi i vostri poveri, i vostri diseredati e coloro che fuggono la tirannia». Le celebri parole scolpite nel 1885 ai piedi della statua della Libertà fanno digrignare i denti a un buon numero di abitanti del Sud della Florida.. Se qualcuno ammette che i 400 mila cubani stabilitisi nella regione negli ultimi vent'anni hanno dato un nuovo impulso all'economia, gli altri 3 o 4 mila che arrivano ogni giorno a Key West sono accolti molto meno bene. Il lavoro è scarso a Miami, gli alloggi sono quasi introvabili e le scuole sovraffollate. Un sondaggio del Miami Herald rivela che il 68 per cento della popolazione bianca e il. 57 di quella negra sono ostili all'arrivo del nuovi rifugiati cubani, mentre il 50 per cento dei bianchi e il 48 dei negri ammettono che la prima immigrazione ha avuto benefici effetti per la regione. Gli abitanti della Florida temono che il costo dell'esodo cubano storni i fondi federali per i programmi prioritari (impiego giovanile e edilizia popolare). Un terzo dei 30 mila cubani arrivati dal 21 aprile a Key West sono stati autorizzati a rimanere in Florida, dove avevano parenti. Gli altri attendono alle basi aeree di Eglin, nella Florida del Nord, e di Chaffee, nell'Arkansas. La comunità cubana del New Jersey, la più numerosa dopo quella della Florida, ha già offerto lavoro e case. Ma a Chaffee, dove stanno per arrivare 20 mila persone, manifestanti hanno sfilato con espliciti cartelloni: «Via i cubani! «Abbiamo combattuto per la nostra libertà, ce ne lascino un poco!», «Mandateli in Alaska!». / governatori del Colo rado e del Texas hanno chiesto che nessun profugo sia mandato nei loro Stati. Il Ku-Klux-Klan non ha perso occasione per minacciare i nuovi venuti. Ma Omega-7, un gruppo anticastrista che l'anno scorso rivendicò alcuni attentati nella regione di Neiv York, ha dichiarato die il minimo tentativo del KKK di nuocere ai nuovi profughi scatenerebbe una serie di rappresaglie. Per ora le autorità della Florida sottolineano che i più approvano la politica della mano tesa ai cubani. Eduardo Peron, presidente della Lega ispano-americana contro la discriminazione, osserva che numerosi bianchi di discendenza non spagnola ricordano di appartenere a un Paese d'immigrati e organizzano collette per aiutare i nuovi venuti. Oggi la comunità cubana negli Usa è di circa 900 mila persone, sparsi soprattutto nelle regioni di Miami, New York, Los Angeles e Chicago. E' arrivata in due ondate principali: fra il '59 e il '62 200 mila appartenenti alle classi più agiate, minacciate dal regime castrista; fra il '66 e il '73 altri 200 mila arrivati con i «voli della libertà» organizzati dal governo Usa, per lo più appartenenti alla classe media. Soltanto un quarto di questa popolazione ha preso la cittadinanza americana, forse perché si sentono «esiliati», e per questo formano una comunità salda che coltiva la nostalgia della Patria e cerca di non lasciarsi «americanizzare». Tuttavia, spiega Diaz, direttore del Cuban National Planning Council, un'orga nizzazione privata che aiuta i cubani ad adattarsi alle nuove condizioni, se tutte le premesse per un loro ritorno si verificassero — cioè se il regi me castrista fosse sostituito da un regime liberale — soltanto la metà tornerebbe in Patria. Venti anni sono una generazione, e i figli degli immigrati degli Anni Sessanta si sentono a casa loro negli Usa. I nuovi venuti, secondo Diaz, sono uno spaccato molto più rappresentativo della popolazione cubana. Per un terzo sono negri o mulatti (sei volte più die nelle immigrazioni precedenti), la maggioranza non è inai andata oltre le scuole elementari e non ha qualifiche professionali. La comunità cubana sa bene che questi nuovi venuti saranno più difficili degli altri da integrare, ma per ora serra le file davanti alle reazioni degli an glosassoni e ha già raccolto due milioni di dollari. Diaz, che è cittadino ameri cono e che sogna di vedere un giorno il «voto cubano» importante come il «voto ebreo», non pensa che i nuovi venuti accentueranno il problema della disoccupazione: accetteranno il lavoro che gli altri immigrati rifiutano. Teme piuttosto la nascita di un problema linguistico: a Miami, dove i cubani rappresentano più di un terzo della popolazione, non è raro avere difficoltà a farsi capire da un negoziante o da un tassista se non si sa lo spagnolo. I nuovi venuti, di livello culturale più basso dei precedenti, rischiano di avere maggiori difficoltà a imparare l'inglese. Il problema più grave che si pone a tempi brevi è: fino a quando Cuba continuerà a scaricare la sua gente sulle coste della Florida? Diaz ritiene che la conferenza dei 22 Paesi nel Costa Rica abbia avuto il merito d'internazionalizzare il problema. Ma a Washington si teme una proposta cubana di normalizzare quest'immigrazione selvaggia in cambio di concessioni americane: abolizione dell'embargo com'merciale, soppressione dei voli degli aerei-spia su Cuba, sgombero della base, di Guantanamo. La commissione senatoriale per il bilancio ritiene che. nel 1981, 435 mila rifugiati dovranno essere aiutati dal governo federale. Costo: oltre due miliardi di dollari per i contribuenti americani. Nicole Bernhcim ( 0|}> riL'.hl li M.inik' e per l'Italia «La Stampa.) Fort Smith (Arkansas). Berta Martine/, fuggita da Cuba insieme con il figlio Alexander di tre anni, sofferente di influenza, attende nel campo profughi di conoscere la sua destinazione

Persone citate: Berta Martine, Chaffee, Diaz, Eduardo Peron, Fort Smith, Nicole Bernhcim