Rivivono a Mosca i corrotti di Stalin di Livio Zanotti

Rivivono a Mosca i corrotti di Stalin UN DRAMMA TEATRALE DA «LA CASA SUL LUNGOFIUME» DI TRIFONOV Rivivono a Mosca i corrotti di Stalin Regista Ljubimov, che piaceva al dittatore quando recitava «Amleto» - Una vicenda di arrivismi e viltà DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MOSCA — Già entrando nel foyer del teatro, il primo effetto è che non ci sia nulla di rassicurante in questa anteprima del nuovo spettacolo messo in scena al «Taganka» da Vurij Ljubimov, La casa sul lungofiume. Non il testo omonimo — pubblicato in Italia dagli Editori Riuniti — da cui lo ha tratto con scrupolosa fedeltà (Yurij Trifonov vi racconta una vicenda di arrivismi, viltà, sopraffazioni che prende alla gola, ed è appena un esempio di quella grigia e quotidiana corruzione degli animi che fu lo sfondo dei delitti stalinisti). Non il pubblico, in attesa di essere chiamato in sala, tra il quale le persone che di quei delitti evocano le vittime sono abbastanza numerose da non confondersi nella folla. C'è Vassilij Aksjonov il cronista della beat generation moscovita, del quale è uscito da Mondadori l'ultimo romanzo, L'ustione, censurato in Urss. Sua madre, Evghenija Ginzburg comunista iscritta al partito ha lasciato una toccante testimonianza dei 18 anni di umiliazioni e stenti vissuti tra lager ed esilio, nelle solitudini ghiacciate dell'Estremo Oriente siberiano. Adesso è lui che volontariamente va a esiliarsi in Occidente, ha ottenuto il permesso di espatriare, sta per partire. Gli domando se è per sempre. «Dipende da loro, se non mi privano della cittadinanza... Ma si sa come fanno, loro...», e insiste sul quel «loro». Dice che l'«Unione degli scrittori » si è convertita nel ministero della Letteratura: «I funzioimri sono fermi agli Anni 30: gli scrittori li vedono come "ingegneri delie anime". Forse un giorno capiranno». Ma lui quel giorno si è stancato di aspettarlo. Diversamente da Roy Medvedev, lo storico dissidente, anche lui invitato a vedere questa Casa sul lungofiume, uno spaccato del burocratismo tardostaliniano ricostruito sulla piccola ribalta del vecchio teatro di Piazza Taganka. Con l'autore ha in comune la tragica esperienza del padre, vecchio bolscevico, scomparso nelle purghe degli Anni Trenta. E anche la ferma determinazione di restare qui. di credere che «quel giorno» prima o poi verrà e sarà importante esserci: anzi, spiega che importante è fare il possibile perché arrivi. Esserci quando arriverà davvero sarà bello. Anche se gli scoramenti non mancano in questa volontà di resistere. quali si intravedono gli attori' correre ai loro posti dopo l'ennesima prova. Ljubimov ne chiama ora uno ora un altro, con piglio tra mondano e severo. A 63 anni, non ha dimenticato di essere quel ragazzo che piaceva tanto a Stalin quando recitava Amleto. La casa sul lungofiume esiste davvero e Trifonov vi ha abitato con la famiglia, prima della tempesta. E' un enorme edificio stile Novecento, non bello ma di qualche lusso, sulla riva della Moscova opposta al Cremlino. Fin dagli Anni Trenta e ancora nel dopoguerra i suoi appartamenti hanno ospitato potenti dirigenti del partito, viceministri, accademici rinomati. Ne hanno segnato fortune e disgrazie. Glebov, il protagonista del romanzo e della pièce, vive invece in una stamberga delle vicinanze e nella grande casa entra solo per visitare qualche compagno di scuola, labile e ambiguo oltre che unico legame con quel monumento del potere. Nella Casa sul lungofiume Glebov incontra il primo amore, una vocazione al carrierismo che lo condurrà al tradimento e costruisce la propria fatuità. Ljubimov l'ha rappresentata tirando sul palco un tratto della facciata a vetri caratteristica della costruzione, che via via per effetto evocativo diventa l'ingresso di un magazzino di mobili, quello delle auie universitarie in cui i protagonisti lavorano da insegnanti, la cancellata di un cimitero. Gli attori vi recitano attorno, all'interno, scendono in platea in una teatralità sempre tumultuosa, come è nello stile del regista. Le grida, gli scatti di ge¬ stualità appaiono talvolta eccessivi, quasi una eco della vecchia e mai sopita polemica tra la preminenza della parola affermata dai tradizionalisti e quella del gesto sostenuta dagli innovatori. Senza che tanto impeto riesca ad abbattere quella «quarta parete» che separa il pubblico dagli attori, ostacolo al teatro totale ricercato da tutti gli sperimentalisti. Glebov è un uomo «incapace di essere utile agli altri. Dunque un essere inutile», come gli dice senza complimenti la moglie di Ganciuk. Avrà il dottorato e la cattedra. Ma non riuscirà mai a cancellare dalla memoria la lolla di fantasmi che ha accompagnato la sua gioventù. Gli amici e conoscenti finiti alla deriva, quelli morti, gli altri scomparsi. « Cosa sarà stato di loro?»: Nobiltà e coraggio sono gli sconfitti di questa storia. «Ecco la forza, non avere nessun carattere», dice ancora un coetaneo di Glebov. Chi non ha carattere si piega meglio, riesce a passare perfino nei buchi delle serrature, il contorsionista è forse l'eroe dei nostri tempi. «Forse un bel gesto vale una inta intera da misero impiegatacelo?», si domanda Glebov. E rinuncia subito al bel gesto. Come il romanzo, la pièce finiice al cimitero di Donskoj, accanto al vecchio monastero sulle colline di Mosca. Ganciuk, vecchio, esausto, va a visitarvi la tomba della figlia. Mancano solo dieci minuti alla chiusura e il guardiano non lo lascia entrare, sebbene sia stato amico della figlia del professore. «Che mondo assurdo e insensato! Sonja giace sottoterra, un suo compagno di scuola non c lascia entrare, e io ho ottantasei anni... Perché tutto questo? Chi può spiegarlo? Eppure non si ha voglia di lasciare questo mondo», dice Ganciuk. Sono le uniche parole di speranza in questo atto di non-fede che è La casa sul lungofiume di TrifonovLjubimov. Gli attori si schierano per salutare il pubblico, che sfolla lentamente, In silenzio. Livio Zanotti

Persone citate: Donskoj, Ginzburg, Ljubimov, Roy Medvedev, Stalin, Stalin Regista Ljubimov, Trifonov

Luoghi citati: Estremo Oriente, Italia, Mondadori, Mosca, Urss