Molto sport, poco stress, niente paura sono le leggi della «Lega contro l'infarto»

Molto sport, poco stress, niente paura sono le leggi della «Lega contro l'infarto» Molto sport, poco stress, niente paura sono le leggi della «Lega contro l'infarto» MILANO — -Proprio in I MILANO — «Proprio in questi giorni, un anno fa, ero in clinica per rimettermi da un infarto, il secondo in cinque anni. Così ho detto ai professori che mi curavano: "Perché non facciamo una lega contro questa malattia, come c'è quella contro i tumori?", e adesso, ecco qui». Leo Wachter è uno dei più intraprendenti impresari teatrali, ha portato in Italia i nomi più famosi del jazz e del rock (solo per ricordarne uno: i Beatles), dirige la programmazione di due cine-teatri. Con questa capacità organiz¬ zativa ha messo assieme un I Azativa ha messo assieme un comitato promotore composto da luminari nel campo delle malattie cardiovascolari, i professori Vittorio Puddu. Antonio Lotto, Carlo Vecchio. Fausto Rovelli, Eligio Piccolo, Attilio Reale, Alfredo Palminiello e con loro alcuni «infartuati» dal nome famoso: gli editori Caracciolo e Oramitto Ricci, i giornalisti Enzo Biagl e Davide Lajolo e il pittore Alberto Treccani. Ieri, infine, l'atto ufficiale di nascita della Lega italiana per la lotta contro l'infarto, alla presenza del ministro della Sanità, Aldo Ach«aunmviceansivaragisoge.spta Aniasi. 'liAniasl Wachter ha 55 anni, l'età che le statistiche definiscono «ad alto rischio» per l'infarto, un'età considerata «socialmente valida ai fini produttivi». «Dopo le ultime cure — dice — sto benone. Mi permetto anche quello che dieci anni fa si pensava proibito a chi aveva avuto l'infarto, come lavorare e fare lunghe passeggiate». Poi, con un sorriso malizioso sotto i lunghi baffi, aggiunge: «E faccio anche l'amore spesso». Leo Wachter racconta: «Non bisogna farsi blocca¬ f ire dalla paura sebbene non sia I re dalla paura sebbene non sia facile dimenticare di aver visto la morte in faccia. Basta avere dei riguardi: non fumare, evitare lo stress e la vita sedentaria. Per il resto tutto continua come prima, se si è' ben curati. Il problema è proprio questo: la prevenzione e la riabilitazione. In Italia siamo molto, molto indietro». Mostra una cartellina con dei dati, ogni anno in Italia 160 mila persone sono colpite; da infarto, circa un terzo muore ancor prima di essere ricoverato in ospedale. Solo un ammalato su quattro tro- va posto in reparto di cardi( va posto in reparto di cardiologìa, mentre i restanti sono ospitati in medicina generale.. I posti letto, nelle unità di terapia intensiva per gli infartuati in fase acuta, sono poco più di un terzo rispetto a quelli ritenuti necessari dall'Organizzazione mondiale della sanità; sono mal distribuiti sul territorio nazionale, ad esempio di sette centri di riabilitazione, numero già insufficiente, uno solo è al Sud. Una situazione molto arretrata, se si pensa che gli ottantamila decessi annui per infarto rappresentano una percentuale del 20% dei morti della popolazione italiana, di poco superiore alla mortalità per tumori e sei volte più grande delle vittime degli incidenti stradali. ••Possiamo fare grandi cose con questa Lega — assicura Wachter con entusiasmo —: c'è il progetto di comprare una fabbrica dove eseguire visite preventive. L'infarto colpisce all'improvviso, ma non è che l'ultimo stadio di una malattia che è possibile curare, se individuata. I nemici sono il fumo, l'eccesso di bevande alcoliche, la cattiva alimentazione, l'ipertensione arteriosa». E un lavoro stressante come il suo? «Ah, io non mi arrabbio più. Se qualcosa non funziona, pazienza. Guardi: ho sette ferite che mi son fatte da partigiano, però l'infarto è un'esperienza che non si dimentica». Il ministro Aniasi l'ha chiamata «malattia sociale» contro la quale opporre una -diversa qualità della vita, in cui siano capovolti valori negativi della nostra società come la competizione esasperata, lo sperpero e lo sviluppo disumano delle grandi città». In attesa di risolvere i grandi problemi il programma della Lega è quello di iniziare una campagna di educazione sanitaria nei confronti della malattia, a cominciare dalle scuole e durante il servizio militare, promuovere l'aggiornamento professionale dei medici, stimolare e finanziare studi e ricerche soprattutto in campo farmaceutico, dove non esiste ancora un medicinale che sia esente da critiche, e infine favorire il reinserimento degli Infartuati. Manuela Campali

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