Nella «corea» degli immigrati dove si paga un'infelice eredità di Clemente Granata

Nella «corea» degli immigrati dove si paga un'infelice eredità A Milano, 20 anni dopo, tra la gente venuta dal Sud Nella «corea» degli immigrati dove si paga un'infelice eredità A Quarto Oggiaro, punto d'arrivo di chi veniva a cercare lavoro al Nord, sorsero case nel deserto - Mancavano servizi, si viveva isolati - Oggi la situazione sta cambiando: scuole, piscine, ecc. - È rimasta però la brutta fama d'un tempo DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE MILANO — Dire Immigrazione a Milano significa dire quartieri Gallaratese. Sant'Ambrogio e Talliedo, Gratosoglio e Baggio e Comasina e poi i Comuni della cintura, da Sesto San Giovanni a Cinisello Balsamo, da Bollate a Cotogno Monzese a tanti altri: luoghi tutti gonfiatisi come bubboni (complessivamente; la popolazione della Lombardia in un ventennio è passata da due milioni e mezzo di abitanti a quattro milioni e centomila) in un processo che ha percorso tappe non dissimili eia quelle dell'-hinterland» torinese. Significa dire soprattutto Quarto Oggiaro. che di quella proliferazione frenetica fu il simbolo più sofferto, più carico d'ombre e inquietudini, più gravido di umori ostili. A Quarto Oggiaro all'inizio degli Anni Sessanta tirarono su case e basta. Magari anche appartamenti da non gettare via. Ma attorno c'era il deserto e non sono sufficienti quattro mura per condurre una vita appena confortevole, se i pochi spazi liberi per i giochi sono un paio di praticelli spelacchiati, se l'orizzonte è limi¬ tato dalla cava Cabassi piena di limo e di rifiuti, se attorno al cuneo dove per infelice sorte nacque Quarto Oggiaro sferragliano i treni della Nord e della Centrale, sfrecciano le vetture delle autostrade. A Quarto Oggiaro. in mezzo a tanti svincoli stradali, quasi per una legge del contrappas- Centro Calamandrei parte civile contro la Sipra ROMA — Il centro di iniziativa giuridica «Piero Calamandrei» si costituirà, parte civile nel procedimento giudiziario condotto dalla Procura della Repubblica di Torino contro la «Sipra». Dopo aver affermato che i recenti sviluppi dell'inchiesta della magistratura torinese avrebbero confermato l'esistenza di una «contabilità, nera» nella gestione della «Sipra», i responsabili del Centro, hanno annunciato l'intenzione di presentare un esposto alla Procura della Repubblica di Roma contro i presidenti delle Camere, on. Jotti e sen. Fanfani. ipotizzando il reato di omissioni di atti d'ufficio so lasciarono per troppo tempo una sola via di comunicazione con il resto della metropoli, una strettoia simile al fondo di un imbuto: il segno di un confine, il marchio di un isolamento. E ancora adesso quando passi con l'auto sul ponte Palizzi ti dicono: «Ecco, questo è il famigerato cavalcavia Palizzi». Subito dopo c'è il primo cemento del quartiere. A Quarto Oggiaro, isolato, senza servizi, senza infrastrutture, credettero opportuno dare una destinazione «monoclasse»: proletariato, sottoproletariato urbano formato da immigrati e da un'esigua rappresentanza meneghina di sfollati della seconda guerra, che trovarono sistemazione nelle «case minime», i monolocali d'epoca fascista, qualcosa di simile a un pollaio. Una delle idee sottese alla costruzione di un quartiere per immigrati era di attutire il loro brusco incontro con la grande città dagli usi, costumi, mentalità, linguaggio differenti, di salvaguardare in parte il presunto carattere omogeneo delle originarie comunità senza che si disper- dessero nella giungla metropolitana, magari di permettere ad alcune tradizioni di sopravvivere. Già, ma era per lo meno velleitario pretendere di raggiungere questi obiettivi soltanto con le colate di cemento. Nei fatti si diede ragione a quelli che, forse anche per scopi strumentali, parlarono di ghetto e di rigida separazione classista. Nel fatti si formò nel quartiere (50 mila abitanti) un coagulo di tensioni sempre pronto ad esplodere. A Quarto Oggiaro, infine, fu appiccicata l'etichetta di «Corea» oltre a quella di «Barbon city». «Corea» dicevano i milanesi ai primi immigrati che giungevano al Nord negli Anni Cinquanta all'epoca del conflitto coreano. E l'appellativo, tra l'ironico e il compassionevole, ebbe larga diffusione dopo che fu adottato come titolo dagli autori della prima inchiesta di rilevante interesse sul fenomeno migratorio in Lombardia, Franco Alasia e Danilo Montatoi. «Corea degli immigrati — essi spiegarono — perché agli occhi dei residenti gli immigrati si presentavano certamente come degli esuli, dei profughi». Corea inoltre «venne a significare disordine di accostamento, assurdità urbanistica, promiscuità di ogni tipo». Erano parecchie le «coree» della cintura milanese, ma «Corea» per antonomasia divenne Quarto Oggiaro. A distanza di vent'anni dalla grande ondata immigratoria il quartiere continua a far «titolo» sui quotidiani e non si tratta sempre di titoli lusinghieri, visto che parlano di, droga e di racket, di rapine e di prostituzione. Gli abitanti reagiscono con forza e con punte di rabbia a quella che considerano una vera e propria congiura. E' un atteggiamento, che si riscontra un po' in tutti i quartieri, che furono definiti «ghetto», come si può notare per esempio nella periferia torinese. A proposito della malavita di Quarto Oggiaro, Giorgio Impari, presidente del consiglio di quartiere, e Antonio Iosa, che dirige il «Circolo culturale Perini», entrambi immigrati da tempo, hanno idee precise e fanno pressappoco questo ragionamento: se a Porta Venezia prendono un rapinatore o trovano un drogato non succede nulla di particolare; se la stessa cosa accade a Quarto Oggiaro diranno che Quarto Oggiaro è un paese di rapinatori e di drogati; se qui, dopo il calar del sole c'è una sparatoria tra delinquenti, statene certi, quella diventerà la notte di San Valentino per eccellenza, ma di sparatorie ormai ce n'è dappertutto. Aggiunge Iosa: «Sia chiaro, non vogliamo minimizzare certi fatti, vogliamo soltanto dire che il quartiere non è molto diverso da tanti altri. E se c'è una maggior quantità di drogati, ciò deriva dal fatto che il numero degli abitanti è più numeroso che altrove. Nel male e nel bene la città sta diventando più omogenea». Domandiamo se alcuni giudizi su Quarto Oggiaro derivi-, no da forme d'insofferenza e d'intolleranza nei confronti degli immigrati. I nostri interlocutori tendono ad escluderlo. « Certo, forme di discriminazione — spiega Impari — si notavano soprattutto nel passato, adesso stanno scomparendo». «La questione — afferma Iosa — è che il quartiere sconta il peso di gravose eredità: le condizioni di partenza furono troppo infelici. Altre zone che si andavano affollando erano dotate almeno di qualche infrastruttura e servizio». Nel redigere il bilancio, oggi, bisogna aver sempre in mente la situazione di ieri. Impari ci parla del nuovo ospedale di Quarto Oggiaro (ottime attrezzature anche se il personale non è ancora sufficiente), della nuova piscina, delle nuove scuole, che hanno un'ampia disponibilità di posti » e dimostrano vivacità, grande capacità di valide iniziative; e ancora dell'attività del centro sociale, dell'impegno puntuale e attento del Circolo Perini (quanti dibattiti, quanti incontri stimolanti), del verde attrezzato, mentre la stessa composizione sociale del quartiere sta cambiando, le fasce del sottoproletariato si assottigliano, emerge un nuovo ceto medio. Clemente Granata