«Divento complice dei rapitori ma voglio salvare mio figlio!»

«Divento complice dei rapitori ma voglio salvare mio figlio!» Parla il padre del quindicenne sequestrato a Milano «Divento complice dei rapitori ma voglio salvare mio figlio!» MILANO — «Adesso non rimane che attendere un nuovo contatto, un aggancio», dice Dalmazio Rossi, padre di Leonardo. 15 anni, sequestrato cinque mesi fa. Sarebbe tornato a casa ieri, se i banditi avessero ricevuto i 600 milioni di riscatto. Invece l'auto del padre è stata intercettata ad un posto di blocco; sul sedile posteriore c'era la valigia con i soldi e gli agenti l'hanno presa. «Lineo dura» si è pensato; la magistratura milanese intende dimostrare che il sequestro non paga. Ventiquattr'ore dopo, inaspettata, la decisione del Sostituto Procuratore dottoressa Carmen Manfredda: restituzione della cifra a Dalmazio Rossi. Che cosa le hanno detto? «Mah, niente. Può darsi sia stato un caso, una coincidenza: ci sono tanti posti di blocco nella zona: trovando tutti quei soldi in una valigia si sono insospettiti». La voce di Dalmazio Rossi è sfnza tono, senza incrinature, senza disperazione, cosi le sue parole: non ci sono urti né frasi di particolare asprezza. Questo è un dolore che si esprime in un modo assolutamente non personale; è il dolore del padre di un ragazzino rapito. A Milano come in un qualsiasi altro posto; oggi come in un qualsiasi altro tempo. Nell'ultima telefonata, i banditi hanno detto che Leonardo non stava bene; può essere vero visto che è molto fragile, emotivo, ma può essere stato anche un espediente per estorcere una cifra maggiore. Lei come pensa che stia suo figlio? «Non lo so. In cinque mési anche uno choc diventa un'abitudine. Certo, il sogtto è di tornare a casa». Che prove avete che sia vivo? «La calligrafia, su un quotidiano del 3 maggio». Che cosa c'era scritto? «Che aveva voglia di venire a casa e sperava di abbracciarci presto». Cosa si può fare per aiutarvi? «Niente. A questo punto non credo ci sia nulla che può farci bene o male. E' una trattativa duramente, commerciale che deve andare in porto». Ci sono state molte telefonate dei rapitori? «Una dozzina. Hanno insistito a lungo su cinque miliardi di riscatto, una cifra che non avrei mai potuto raccogliere. Poi si sono convinti delle tuie reali possibilità». Che impressione le hanno fatto? «Abili professionisti. Mai una mitiaccia, una parola in più, niente: una normale trattativa d'affari. E' una garanzia per Leonardo. Di sicuro lo tratteranno bene, percfté si rendono conto che è il loro capitale». ' Vuole dire qualcosa ai rapitori attraverso questa intervista? A questo punto diventiamo tutti complici, purché Leonardo viva. «Scriva che attendiamo un contatto. Per evitare altre possibili interferenze, potremmo delegare un religioso. Indiclieremo loro chi, appena telefoneranno. Io sono il primo complice dei rapitori. Mi vergogno ma la vita di questo ragazzo è superiore». Ornella Rota quella di tentato omicidio nel confronti di più persone. Con lui sono stati assolti anche Alfeo Zanetti e Mario Pompeo: lo Zanetti, evaso anche lui da San Vittore è tuttora latitante; Mario Pompeo invece si rifiutò di fuggire. L'accusa fa riferimento ad una vicenda accaduta il 2 ottobre 1977 nei pressi di un bar di piazza Novelli, a Milano, in cui persero la vita Vittorio Bosislo ed Adele Lazzaroni. Rimasero invece feriti Emilio Giovine, Giovanna Torromacco, Ferdinando Molili, Sandra Colombo e Franceschino Fumei. Di tutto si addossò la responsabilità Attimonelli, durante un interrogatorio in aula in cui scagionò completamente i due coimputati.

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