Condannati a 15 anni i giovani accusati per il somalo bruciato

Condannati a 15 anni i giovani accusati per il somalo bruciato Roma: accolte tutte le richieste del pubblico ministero Condannati a 15 anni i giovani accusati per il somalo bruciato Ritenuti responsabili di omicidio preterintenzionale - Il delitto avvenne nel maggio del 1979 - La difesa aveva sostenuto che, si era trattato, in realtà, di un tragico incidente DALLA REDAZIONE ROMANA ROMA — «Sono sempre stata convinta dell'innocenza di mia figlia. Ora che è stata condannata, lotterò con tutte, le mie forse per poterlo dimostrare». Questo il commento della madre di Fabiana Campos, dopo la sentenza con cui la Corte d'Assise di Roma ha condannato l'altra notte a quindici anni la ragazza, Roberto Golia e Marzo Zuccheri e inflitto sedici anni a Marco Rosei, per omicidio preterintenzionale con l'aggravante dei motivi abietti: sono stati dunque loro — secondo i giudici — a bruciare vivo il somalo Ali Ahmed Giama la notte tra il 21 e il 22 maggio dell'anno scorso. Una sentenza che, certamente, tara discutere. Anche perché i contrasti fra i giudici, sulle valutazioni degli elementi affrontati nel corso del processo, si sono rivelati fino all'ultimo molto forti. Tali, cioè, da non consentire il raggiungimento di un accordo in un tempo relativamente breve. Un processo indiziario, quello che si è appena concluso: è quanto ha sostenuto la difesa. Principalmente perché è mancata nell'istruttoria la prova della partecipazione diretta dei quattro giovani all'omicidio del somalo. Addirittura — è stato detto — perché è mancata anche la certezza matematica che la fine di Giama sia da attribuire a un delitto. Su questo punto il collegio di difesa ha battuto a lungo, mantenendo vivo il dubbio che AU Giama possa essere morto per un incidente o. anche che si sia ucciso perché travolto, psicologicamente, dalla disperata situazione di esule politico che egli viveva. Quanto agli imputati nessuna prova ha dato per certa la loro presenza in via della Pace nei momenti immediatamente precedenti il tragico rogo, tranne le deposizioni di alcuni arbitri di calcio che fu¬ rono testimoni, proprio mentre si svolgeva il dramma, della fuga da via della Pace di un quartetto di giovani (tre ragazzi e una ragazza) in sella a due moto di grossa cilindrata, una «Honda., nera e una «Berselli» verde. Testimonianze che i difensori hanno attaccato a fondo, E' proprio sulle dichiarazioni rese dagli arbitri che il pubblico ministero Giorgio Santacroce ha fondato gran parte della costruzióne accusatoria. Le indicazioni fornite dai testimoni subito dopo il fatto permisero di fermare quasi subito, nei pressi del Colosseo, un gruppetto di sei giovani, quattro dei quali corrispondevano ai dati forniti dagli arbitri. Due moto: una «Honda» nera e una «Benelli» verde, tre ragazzi e una ragazza bionda, con i capelli legati a coda di cavallo e con indosso un giubbetto rosso. Descrizioni molto precise, quasi fotografiche, le ha definite il Pubblico Ministero nella requisitoria. La presenza in quella zona della città, a quell'ora della notte, di un quartetto identico nell'abbigliamento e nei mezzi di locomozione, sarebbe — ha detto Santacroce — una «diabolica coincidenza». Anche gli orari degli spostamenti compiuti dagli imputati la sera del 21 maggio '79 sono stati oggetto di un attento esame da parte del p.m. Verificato ogni elemento con le testimonianze raccolte al processo, il rappresentante dell'accusa ha concluso che Rosei, Zuccheri, Golia e la Campos avevano volutamente fornito orari ritardati di una mezz'ora cosi da escludere la loro presenza in via della Pace. Tirando le somme, Santacroce aveva modificato l'originaria imputazione di omicidio volontario in quella di omicidio preterintenzionale, formulando per gli imputati le richieste che l'altra notte sono state accolte dalla Corte d'Assise. Roma. Fabiana Campos inveisce contro i giudici che l'hanno condannata ■ a 15 amu

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